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Opinioni
Elezione del Presidente della Repubblica 2022

Così il no dei partiti a Draghi ci può portare verso il Mattarella bis al Quirinale

Il no a Draghi impone ai partiti una scelta: o accettare di ricostruire daccapo anche il governo, o trovare una soluzione per il Quirinale che lo convinca a restare a Chigi. E di nomi in giro ce ne sono pochi, forse soltanto uno.
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C’è un solo punto fermo nella selva di incontri, vertici, blitz e retroscena che sta caratterizzando l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica: tutto ruota intorno a Mario Draghi. Ci sarà il tempo per discutere di quanto sia mortificante per l’intera classe politica italiana una situazione di totale subalternità a una singola figura e di come possa essere inopportuno anche solo pensare di passare con disinvoltura da Chigi al Quirinale a un anno dalla fine della legislatura, ora però bisogna soltanto prendere atto del quadro. Capire, cioè, che finché non si risolve la faccenda Draghi ogni ipotesi è destinata a svanire in una nuvola di fumo, ogni potenziale soluzione a sbattere contro un muro.

Cosa vuole fare Mario Draghi

E allora parliamo con schiettezza della questione Draghi. Lui vuole la Presidenza della Repubblica, non tanto e non solo per ambizione personale, quanto piuttosto perché la considera il naturale epilogo di un percorso cominciato poco più di un anno fa. Quando ha risposto alla chiamata di Mattarella, aveva compiti ben definiti (campagna vaccinale, gestione del Pnrr), ma soprattutto l’incarico di pacificare il quadro politico in una fase molto delicata per il Paese. Un ruolo di garanzia e responsabilità che non immaginava dovesse esaurirsi nel breve volgere di qualche mese, ma che avrebbe potuto e dovuto continuare a recitare dal Quirinale. Un assetto che, peraltro, risponderebbe anche alle esigenze europeiste e atlantiste (che sarebbero pienamente rappresentate ai vertici dello Stato in un periodo che si annuncia molto complesso), oltre che alla necessità di garantire un contrappeso forte e autorevole nel caso di una vittoria elettorale della destra sovranista.

Insomma, a prescindere dalla sua legittimità formale, “Draghi al Quirinale” non è un capriccio o una fantasia dell’ultima ora, ma uno schema disegnato da tempo e perfettamente coerente con il passaggio a Palazzo Chigi. Uno schema che il Presidente del Consiglio considera tuttora imprescindibile per la prosecuzione della sua carriera politica e su cui in tanti avevano investito parte della loro credibilità. A cominciare dal segretario del Partito democratico Enrico Letta, che col suo “bisogna fare di tutto per non perdere Draghi" ha certificato il totale schiacciamento del partito in questa fase delle trattative (cosa che ha determinato più di un malumore interno).

Le tre soluzioni al rebus sulla Presidenza della Repubblica

Quella di questi ultimi giorni è la storia di una serie di tentativi per risolvere il rebus Draghi. Il no di contiani e salviniani (e non solo), le difficoltà nel trovare una quadra per Palazzo Chigi, le tante perplessità sull’opportunità del cambio di poltrona specie in un momento del genere, hanno portato su un binario morto quella che alla vigilia sembrava un’elezione certa o quasi. Allo stesso tempo, l’ostinazione del Presidente del Consiglio, il suo attivismo, la (velatissima) minaccia di lasciare l’incarico e mandare in frantumi la maggioranza, il sostegno incondizionato del PD e dei centristi, oltre che l’appoggio incredibilmente esteso di analisti ed editorialisti sui media nazionali, hanno contribuito ad affossare ogni tentativo di convergenza verso altri nomi. Si è configurata una situazione anomala: non c’è accordo per votare Draghi, ma non c’è accordo per abbandonare Draghi; non c’è un nome alternativo per il Quirinale, ma non c’è neanche un nome alternativo per Chigi.

Tre sono gli scenari in campo, tutti ancora in piedi: o i partiti cedono su Draghi e si concentrano su un patto di legislatura che comprenda un nuovo Presidente del Consiglio e un nuovo assetto di governo; o si chiude un accordo di maggioranza su un nome condiviso (Casini più che Belloni o Amato/Cassese), mettendo in conto l’addio di Draghi e le ripercussioni sul piano internazionale; oppure si prova a tenere insieme il tutto, congelando l’attuale stato delle cose. La prima soluzione avrebbe enormi ripercussioni interne a Lega e Movimento 5 Stelle, spaccherebbe il centrodestra e imporrebbe la gestione di una crisi politica (la formazione di un nuovo governo), in un momento delicato sul piano economico, geopolitico e di gestione della pandemia.

Le candidature di Frattini e Casini

La seconda, su cui stanno lavorando ancora Salvini, Conte e parte del Pd, implicherebbe l’individuazione di una figura dallo standing elevato, che possa in qualche modo reggere il contraccolpo dell’affossamento dell’ex titolare della Bce: per tante ragioni, i nomi fatti finora non convincono appieno. Peraltro, segnaliamo sommessamente, in realtà non c'è ancora un accordo fra centrosinistra e centrodestra neanche su un nome debole. E, non in subordine, non c'è un leader politico che controlli completamente i propri grandi elettori.

La terza sarebbe l'operazione più complessa. È chiaro, si ragiona da tempo, che nel caso di rielezione di Sergio Mattarella le cose resterebbero essenzialmente così come sono: Draghi continuerebbe a guidare un esecutivo di responsabilità nazionale, la legislatura arriverebbe alla sua naturale conclusione e sarebbe anche meno traumatica la transizione verso un eventuale governo spostato a destra dopo il 2023. Mattarella ha giustamente rifiutato più e più volte una soluzione di questo tipo, ma in molti sono convinti che non possa ignorare i segnali che stanno arrivando in queste ore da Montecitorio (la crescita delle schede col suo nome, le aperture che arrivano addirittura dal M5s e la crisi interna al Pd). Certo, il Presidente continua a ritenere che il Parlamento possa serenamente trovare un accordo (e i retroscena lasciano intendere che sia fra i principali sponsor di Draghi), ma le cose potrebbero cambiare se continuassero le difficoltà dei partiti nell'uscire dall'impasse. Insomma, il Mattarella bis è meno lontano di quel che si pensava fino a poche settimane fa.

[Post scriptum; una carta interessante resta ancora coperta. La soluzione "simil – Mattarella", ovvero un politico di lungo corso, un europeista e atlantista di ferro, di fronte alla cui elezione Draghi non potrebbe che abbozzare. Da Bruxelles a Roma, in fondo, è un attimo]

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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