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Consiglio Ue, perché l’accordo sui migranti è in stallo e per Giorgia Meloni è un problema

Giorgia Meloni non è riuscita a mediare tra Ungheria e Polonia, da una parte, e il resto dell’Ue dall’altra. Il Patto sulle migrazioni resta in piedi, ma il percorso verso l’approvazione ora sembra più complesso. E lo strappo con la Polonia non è una buona notizia per il progetto di unire Conservatori e Popolari alle prossime elezioni europee.
A cura di Luca Pons
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Il Consiglio europeo del 29 e 30 giugno ha portato una risoluzione con posizioni comuni su vari temi, ma ha fatto notizia soprattutto l'argomento che è stato escluso: l'accordo comune sulla gestione dei migranti. Il Patto sulle migrazioni approvato dai ministri dell'Interno a inizio giugno, infatti, non ha trovato l'appoggio di Polonia e Ungheria.

Entrambi i Paesi si erano già opposti quando si era votato per l'approvazione, e al Consiglio hanno rifiutato che il tema venisse inserito nelle conclusioni finali, nonostante le mediazioni tentate da Giorgia Meloni. Non cambia nulla a livello di procedura, ma l'idea di trovare un'unità politica sul tema è saltata. E questo pesa anche sulle prossime elezioni europee, a giugno 2024, soprattutto per i piani della presidente del Consiglio italiana.

Il Patto sulle migrazioni non è saltato, ma la strada è in salita

I due leader di governo, Viktor Orban per l'Ungheria e Mateusz Morawiecki per la Polonia, sono contrari all'idea che ci sia una redistribuzione dei migranti (con una ‘sanzione' da 20mila euro a persona per i Paesi che la rifiutano), oltre ad altri dettagli della misura. Soprattutto, sono convinti che tutte le decisioni sulle migrazioni andrebbero prese all'unanimità, come avvenuto in passato, anche se i regolamenti dell'Ue prevedono che basti la maggioranza.

Nella giornata di venerdì, Giorgia Meloni si è presa l'impegno di tentare una mediazione. D'altra parte, Meloni è stata da poco riconfermata come presidente del gruppo dei Conservatori europei, di cui fa parte Morawiecki, e storicamente è stata vicina all'area politica anche di Orban. Dopo il Consiglio ha dichiarato che "la questione che pongono polacchi e ungheresi non è peregrina", e di aver tentato "una mediazione fino all'ultimo", su cui si "continua a lavorare". Mercoledì prossimo, la leader italiana sarà a Varsavia, per una visita di Stato già programmata.

Resta il fatto che oggi, leggendo le conclusioni del Consiglio, la parte relativa al Patto sui migranti non è inserita come una posizione dei 27 Stati membri, ma come una dichiarazione del presidente del Consiglio, Charles Michel. Per l'iter legislativo formalmente non cambia nulla: i ministri dell'Interno hanno approvato il Patto, e ora proseguiranno le trattative con il Parlamento europeo e la Commissione europea – nel cosiddetto Trilogo, che è già partito nelle scorse settimane – per arrivare a un testo definitivo.

Il tempo però stringe e, senza un'unità politica forte, sembra molto più complicato riuscire a raggiungere un accordo conclusivo che metta d'accordo tutti. A giugno 2024 si terranno le prossime elezioni europee, e sostanzialmente da dopo febbraio il Parlamento fermerà le sue attività – soprattutto su temi così "caldi" – per fare spazio alla campagna elettorale.

Cosa significa per le elezioni europee del 2024

La distanza tra la Polonia e il resto dell'Ue (Ungheria esclusa) non è una buona notizia per Giorgia Meloni. Essendo, come detto, la leader dei Conservatori europei (Ecr), Meloni non ha fatto mistero di quale sia il suo piano per le prossime elezioni europee: varare un'alleanza tra Ecr e Ppe (i Popolari, di cui fa parte anche Forza Italia, che esprimono ad esempio la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen) per costruire una nuova maggioranza nel Parlamento europeo. Una maggioranza di centro-destra, come in Italia, che sostituisca lo storico accordo centrista tra il Ppe e i socialisti e democratici (S&D).

È chiaro, però, che in una situazione simile l'accordo diventa più complicato. Se la mediazione ieri fosse riuscita, Meloni avrebbe potuto rivendicare il suo ruolo come ‘garante' dei Conservatori. Una leader in grado di tenere a bada le istanze più radicali del suo gruppo e portarlo verso il centro, dove in Europa si prendono le decisioni più importanti.

Oggi i sondaggi suggeriscono che i numeri comunque non basterebbero, per escludere il S&D, e diversi popolari hanno guardato con scetticismo all'idea. Ora, con la Polonia che ha tenuto la linea dura sui migranti, il divario tra i due gruppi aumenta ancora. C'è poco meno di un anno di tempo per ricucire le distanze, se Meloni vuole provare a guadagnarsi un posto influente in Europa.

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