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Cosa ha deciso il Consiglio Ue sull’immigrazione: accordo saltato per il veto di Polonia e Ungheria

Nessun accordo sulle migrazioni al Consiglio europeo di Bruxelles: Ungheria e Polonia hanno posto il veto sulla questione dei ricollocamenti obbligatori, nonostante il tentativo di mediazione di Meloni.
A cura di Annalisa Cangemi
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"La soluzione per la gestione del fenomeno migratorio non è quella di scaricare il problema sul proprio vicino, per questo la discussione del Patto di migrazione e asilo è secondaria e la proposta raggiunta non è neanche perfetta, sebbene sia migliore: io chiedo di fermare migrazione illegale a monte, e di farlo con un partenariato strategico che è utile anche per l'Africa e che restituisce all'Europa la capacità di giocare ruolo da protagonista". Meloni ostenta sicurezza e davanti ai giornalisti tenta di minimizzare le divisioni in Ue sulla questione migratoria, e in particolare l'accordo saltato per colpa di Polonia e Ungheria.

Le divergenze del resto erano già emerse durante il negoziato per il nuovo Patto su migrazione e asilo, su cui i 27 sembravano aver raggiunto un'intesa lo scorso 8 giugno. Ungheria e Polonia non hanno approvato la bozza di intesa, e i leader a Bruxelles sono stati costretti a escludere il capitolo relativo all'immigrazione dal testo finale delle conclusioni adottate, in cui i due Paesi avevano proposto di introdurre un riferimento alla necessità di approvare decisioni all'unanimità tra i 27 ministri in questo campo, ponendo il veto sulla questione dei ricollocamenti obbligatori e sul meccanismo di compensazione economica a carico dei Paesi che non accettano i migranti.

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha diffuso un comunicato sulla migrazione, nel quale la definisce tra l'altro "una sfida europea che richiede una risposta europea". Durante il Consiglio "la situazione migratoria alle frontiere esterne dell'UE e all'interno dell'UE è stata riesaminata in modo globale ed è stato preso atto del lavoro svolto finora nel quadro di una risposta europea", ha spiegato Michel.

"Nel corso del Consiglio Europeo due paesi su 27, la Polonia e l'Ungheria, si sono dette contrarie sia alla sostanza che al metodo con cui si è arrivati ad approvare il Patto sulla migrazione, ovvero a maggioranza qualificata, e hanno una interpretazione differente delle precedenti conclusioni ma altri 25 sono invece d'accordo. Dobbiamo restare calmi, il patto è stato approvato e lavoreremo nella sede del trilogo per la sua definitiva messa in pratica", ha dichiarato Michel.

Meloni tenta la mediazione con Polonia e Ungheria, ma senza successo

"Nonostante capissi perfettamente le posizioni di Polonia e Ungheria, ho tentato, con il consenso di tutti gli altri paesi, una mediazione fino all'ultimo. Continuiamo a lavorarci. Sarò a Varsavia mercoledì, per esempio. È un lavoro che bisogna continuare a fare", ha dichiarato la premier al termine dei lavori del Consiglio europeo.

"La questione che pongono polacchi e ungheresi", ha aggiunto, "non è peregrina, perché Polonia e Ungheria sono le due nazioni che in Europa si stanno occupando di più dei profughi ucraini. Lo fanno con risorse da parte della Commissione che sono insufficienti".

"C'è un modo solo per risolvere il problema per tutti, ed è affrontare i movimenti primari perché altrimenti diventa impossibile affrontare quelli secondari", ha sottolineato ancora la leader di Fdi. Il Patto stipulato a Lussemburgo sulla migrazione, secondo Meloni "non esce ammaccato perché non era in discussione al Consiglio. È stato già discusso e non è un tema che si riapre", ha assicurato.

Oltre a proporre di introdurre il principio dell'unanimità nel regolamento, così da potersi sempre opporre alle decisioni sul tema, Polonia e Ungheria hanno chiesto quindi di rimuovere dalle conclusioni dei Consiglio europeo la norma che prevede di redistribuire una parte dei migranti tra i Paesi europei, e di far pagare una sorta di ‘penale' agli Stati che rifiutano di partecipare ai ricollocamenti, pari a 20mila euro a migrante.

In pratica Orban e Morawiecki, secondo quanto risulta dalla nota finale del Consiglio, a Bruxelles hanno sottolineato come, nel contesto dei lavori in corso sul Patto sulla migrazione e l'asilo, "sia necessario trovare consenso su un'efficace politica in materia di migrazione e asilo, che, nel contesto delle misure di solidarietà, la ricollocazione e il reinsediamento dovrebbero essere su base volontaria e che tutte le forme di solidarietà dovrebbero essere considerate ugualmente valide e non fungere da potenziale fattore di attrazione per la migrazione irregolare".

Una posizione che rende impossibile l'unanimità su quella proposta che rendeva sì volontaria la ricollocazione, ma con la previsione di un pagamento in denaro da parte dei Paesi che non accettano di accogliere i migranti. Una posizione, che almeno in apparenza, non sembra impensierire Meloni, che invece insiste sulla necessità di concentrarsi "sulla dimensione esterna": su questo, ha assicurato ancora la premier, ci sarebbe il consenso dei 27.  "La scelta di Polonia e Ungheria non riguarda la mia priorità in tema d'immigrazione, cioè la questione esterna. Riguarda la dimensione interna e cioè il Patto sulle migrazioni e l'asilo", ha ribadito.

"Quando la Commissione nella revisione del bilancio pluriennale propone l'utilizzo fino a 15 miliardi di euro per la dimensione esterna, vuole dire che siamo riusciti a convincere su un approccio che era tutto italiano – ha detto ancora Meloni – "Ricordo quando ai primi Consigli Ue ai quali mi sono presentata dicevano che era meglio non affrontare questo tema, perché non ci sarebbe stato consenso in nessun caso. Invece evidentemente, un consenso si è riusciti a costruirlo”.

Io non chiedo i ricollocamenti, chiedo di fermare insieme l'immigrazione illegale a monte. Rimango della posizione che la questione vada affrontata da un altro punto di vista".

Meloni ha comunque tentato fino alla fine di trovare una quadra, incontrando privatamente i due leader, senza però centrare l'obiettivo. Il Consiglio e la Commissione, dal canto loro, assicurano che continueranno a monitorare attentamente e a garantire l'attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo e riferiranno di conseguenza.

L'esito del Consiglio europeo però ha scatenato le critiche dell'opposizione. Per Giuseppe Conte, infatti, "abbiamo una Meloni aggressiva e arrogante in casa, in preda al panico su tutti i dossier europei e su tutti i dossier che contano all'estero. Se tu sei indecisa su tutto, e non sai che pesci prendere, a quel punto non esprimi una strategia e gli amici ti tradiscono, i paesi fondatori non ti seguono e ti ritrovi condannata all'irrilevanza e all'ininfluenza". 

"Nelle ultime ore – ha attaccato Angelo Bonelliabbiamo visto il flop su tutta la linea sulla questione migranti, fallita anche la missione di mediazione con quelli che dovrebbero essere i suoi alleati Orban e Morawiecki. La dea Apate fallisce su tutto: urla a Roma, ma fa disastri a Bruxelles".

Cosa ha deciso il Consiglio Ue sulla Cina

Al Consiglio di Bruxelles è stato affrontato anche il tema dei rapporti con Pechino: "Sulla Cina abbiamo avuto una discussione strategica. L'Ue e la Cina hanno un interesse comune in una relazione stabile e costruttiva basata sulla reciprocità economica, riducendo al contempo le vulnerabilità. L'Ue promuoverà sempre i propri valori e interessi e continuerà a impegnarsi con la Cina per affrontare le sfide globali", ha scritto in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dopo l'adozione delle conclusioni sulla Cina al vertice Ue.

Nel testo si legge che L'Unione Europea e la Cina, "continuano a essere importanti partner commerciali ed economici". L'Ue cercherà di garantire "condizioni di parità" in modo che le relazioni commerciali ed economiche siano equilibrate, reciproche e reciprocamente vantaggiose. Inoltre l'Ue continuerà a "ridurre le dipendenze e le vulnerabilità critiche, anche nelle sue catene di approvvigionamento, e a ridurre i rischi e a diversificare dove necessario e appropriato". Si ribadisce però che non c'è nessun intento da parte dell'Europa di attuare un "disaccoppiamento" dalla Cina.

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