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Opinioni

Caro Salvini, il partito delle banche è la Lega

Hanno fondato Credieuronord, l’hanno fatta quasi fallire, l’hanno fatta salvare a un discusso banchiere-amico, restituendo il favore. E hanno sempre cercato sponde tra i banchieri amici del Profondo Nord. Se c’è un partito che del rapporto stretto tra banche e politica non deve parlare è proprio la Lega di Matteo Salvini.
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Non si sono mai chiesti se avevano una banca come fece improvvidamente il segretario degli allora Ds Piero Fassino nel 2005, durante le fasi cruciali della scalata di Unipol a Bnl. E non si sono mai trovati sotto il fuoco incrociato di un affaire giudiziario-mediatico come quello toccato in sorte a Maria Elena Boschi, finita nell'occhio del ciclone per il salvataggio di Banca Etruria quando il padre Pierluigi ne era vicepresidente. Tuttavia, se c'è un partito che di banche, per pudore, non dovrebbe proprio parlare, è la Lega di Matteo Salvini.  

Il problema è che ne parla eccome, Matteo Salvini, ergendosi a baluardo dei risparmiatori italiani – buon ultimo nel dibattito sul Meccanismo Europeo di Stabilità al Senato della Repubblica -, e ponendosi in alterità rispetto al capitalismo di relazione e ai corto circuiti malsani tra politica e finanza, sia essa italiana o franco-tedesca.

Forse a Salvini andrebbe ricordata la storia del suo partito, sebbene l'abbia vissuta tutta, e tutta in posizioni di vertice.

È la Lega che nel 1998 fonda una banca. Si chiama CrediEuroNord ed è pomposamente definita la prima banca del popolo padano. Con una campagna a tappeto tra i militanti riesce a ottenere 3000 sottoscrizioni. Apre pure due sportelli, uno a Milano e uno a Treviso e prende la tesoreria del Comune di Erbusco, in provincia di Brescia, ovviamente a guida leghista. Peccato che dopo soli tre anni, la situazione sia disastrosa: 8 milioni di perdite e 12 di sofferenze, la metà delle quali fanno a capo a soli cinque soggetti, una delle quali è la Bingo.Net che ha tra gli amministratori il sottosegretario Balocchi e un altro paio di parlamentari leghisti. Un bel guaio, perché la banca rischia il fallimento, e 3000 soci, fieri militanti leghisti, di finire gambe all’aria.

Ed è sempre la Lega che chiede aiuto ai banchieri amici e lo trova, grazie all'allora amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2003 rileva CrediEuroNord per 2,8 milioni. I maligni raccontano che il salvataggio della banca del popolo padano avviene su sollecitazione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, molto amico di Fiorani e fino ad allora sotto attacco della Lega, che l’aveva accusato di scarsa vigilanza nel caso dei Tangobond e dei crac di Parmalat e Cirio. Vero o falso che sia, è singolare che nel giro di pochi giorni l'atteggiamento di Bossi nei confronti di Fazio cambia radicalmente: “Anche se non abbiamo mai avuto una particolare simpatia per Via Nazionale, riteniamo che la difesa del Governatore sia la miglior garanzia per uno stop agli stranieri”, dichiara Umberto Bossi qualche giorno dopo il salvataggio di Credieuronord. A volte, il caso.

Non finisce qui: le cronache di allora – su cui si è posata un po' troppa polvere – raccontano anche che per ringraziarli del nuovo, morbido atteggiamento verso Antonio Fazio e per la scalata che la Popolare di Lodi a Banca Antonveneta, Fiorani decide di consegnare a Giancarlo Giorgetti, allora presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, oggi numero 2 della Lega di Salvini, 100mila euro incartati in una pagina di giornale. Giorgetti rifiuterà quei soldi, racconta in seguito Fiorani, ma non denuncerà mai la tentata corruzione di chi ha salvato la Lega e la sua banca dal crac.

La storia continua. Nel 2005 il sogno di Fiorani si infrange contro le inchieste della magistratura, e alla Lega serve un nuovo banchiere amico: quel banchiere è Massimo Ponzellini, cugino proprio di Giancarlo Giorgetti, nominato presidente di Banca Popolare di Milano dopo un epica battaglia con l’ex Dc Roberto Mazzotta. «L’abbiamo nominato noi», dice Umberto Bossi. E i giornali non si fanno problemi a chiamare Ponzellini, per il quale si ipotizzeranno in seguito candidature sotto i vessilli di Alberto da Giussano, il “banchiere della Lega”.

È il 2009, l’anno dei Tremonti Bond, obbligazioni bancarie perpetue sottoscritte dal Tesoro per migliorare la capitalizzazione delle banche durante la crisi finanziaria. Caso vuole che quelle obbligazioni siano sottoscritte in massa proprio dal Banco Popolare – il nuovo gruppo di cui fa parte l’ex Lodi di Fiorani – e dalla Banca Popolare di Milano.  E sempre il caso vuole che il Banco Popolare abbia staccato a favore del curatore fallimentare dell’ex CrediEuroNord un assegno di un milione e seicentomila euro per rilevare un immobile a Bergamo, alcuni crediti fiscali e i futuri proventi di alcune cause contro ex dirigenti. Ed è sempre un caso, ma questo avviene proprio all’indomani dall’aver ricevuto dal Ministero per l’Economia 1,4 milioni di Euro in Tremonti Bond. Soldi di noi contribuenti, usati per sistemare i conti di chi aveva comprato la banca della Lega.

Insomma, caro Salvini, qualcosa con le banche avete combinato anche voi. Le avete fondate. Ne avete nominato i vertici. Avete in qualche modo messo nei guai gli azionisti-correntisti. E vi siete salvati grazie al provvidenziale intervento di banchieri amici, ai quali avete reso il favore. Abbastanza per evitare di puntare il dito altrove, non trovi?

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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