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Covid 19

Cappato a Fanpage: “Governo continua a non pubblicare dati Covid, accordo Iss-Lincei non è servito”

Il tesoriere dell’Associazione Coscioni Marco Cappato, in un’intervista a Fanpage.it, continua a denunciare l’assenza di dati completi sulla pandemia in Italia: “Il governo si era impegnato a pubblicare i dati, non a fare un accordo con i Lincei. Se c’è effettivamente un problema di privacy si può affrontare, valutando cosa diffondere e cosa no. Ma noi stiamo aspettando da oltre quattro mesi”.
A cura di Annalisa Cangemi
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È passato più di un anno dall'inizio dell'emergenza Covid e più di quattro mesi dall'accordo che l'Istituto superiore di Sanità ha siglato con l'Accademia dei Lincei per condividere i dati sulla pandemia con cittadini. Da mesi la comunità scientifica chiede al governo di pubblicare i dati in formato grezzo e scaricabile, per poter effettuare analisi indipendenti. Lo chiede anche l'Associazione Luca Coscioni, che ha lanciato la piattaforma Covideleaks.it, per favorire la segnalazione anonima di qualsiasi tipo di dato disaggregato legato all'andamento pandemico.

In un'intervista a Fanpage.it Giorgio Parisi ha annunciato che l’Istituto superiore di sanità un mese fa ha inviato all'Accademia dei Lincei un database di oltre 3 milioni di righe, che viene aggiornato ogni settimana, e che contiene tutte le informazioni sulle persone risultate positive al Covid dall’inizio della pandemia. A ogni soggetto è associato un codice, che non è decriptabile, e che di per sé non basterebbe quindi a risalire all’identità del cittadino contagiato.

Ma in questo specifico database per ogni caso vengono riportati: la data in cui il paziente è entrato nella statistica, l'età, il sesso, viene specificato è un lavoratore del sistema sanitario, la data d'inizio dei sintomi, se si tratta di un soggetto ospedalizzato o meno, la data eventuale di ospedalizzazione, l'eventuale ingresso in terapia intensiva, l'outcome (cioè se il paziente è guarito, è ancora positivo o è deceduto) l'eventuale data di morte, l'indicazione della provincia in cui si è infettato, il luogo di residenza, le comorbidità, se ha avuto bisogno di un supporto respiratorio, viene indicato se si tratta di un caso importato dall'estero o è un caso autoctono. Informazioni tutte che sarebbero preziosissime per effettuare indagini epidemiologiche, ma che, come ha spiegato il presidente dell'accademia, non possono essere diffuse così per come sono, per via delle leggi sulla privacy.

Parisi ha assicurato che terminata la fase di analisi avrà un incontro con l'Iss e con il Garante della privacy "per capire cosa possiamo effettivamente divulgare, perché le leggi in Italia sono molto stringenti in questo senso". A quel punto questo materiale potrebbe essere caricato su un sito, in fase di programmazione, in cui su richiesta la comunità scientifica potrebbe avere accesso a dati aggregati estratti da quel database. "Anche perché – ha detto il presidente dei Lincei – i dati disaggregati sono difficili da utilizzare per un'analisi. Il database in sé è utile solo come sorgente di dati aggregati".

Ma per Marco Cappato il governo non sta investendo abbastanza su questo dossier: "Quello che dice il presidente Parisi è formalmente esatto ma è inaccettabile, perché la quantità di dati di cui parla è assolutamente gestibile, basterebbe investire un po' di soldi per avere informatici che si occupino della piattaforma. Abbiamo 500-600 morti al giorno, spendiamo soldi per i ristori, e non investiamo un euro per un programma che consenta di analizzare queste informazioni?".

"Il governo – ha aggiunto il tesoriere dell'Associazione Coscioni – si era impegnato a pubblicare i dati, non a fare un accordo con i Lincei. Se c'è effettivamente un problema di privacy si può affrontare, valutando cosa diffondere e cosa no. Ma noi stiamo aspettando da oltre quattro mesi e mi sembra che chi deve decidere stia soltanto rinviando. Si dovrebbe discutere subito con il Garante della privacy e d'urgenza stabilire le forme di anonimizzazione che consentano la pubblicazione. Ma non si può evocare questo ostacolo senza fornire una soluzione, a giustificazione di una paralisi di oltre quattro mesi. Per esempio si potrebbero mettere online tutti i dati, escludendo quelli che riguardano i piccoli Comuni, in modo da anonimizzare ulteriormente dati già anonimi. Oppure ci dicano una volta per tutte che questo problema è irrisolvibile, dandoci delle motivazioni. Gli scienziati stanno chiedendo questi dati da oltre un anno. Dire che i dati disaggregati non potrebbero essere utili a un singolo ricercatore suona come un pretesto per non rilasciare queste informazioni".

"Quello che sta accadendo non è di certo colpa di Parisi e dell'accademia, ma penso che a questo punto la misura sia colma, perché quell'accordo non ha portato risultati".

Cappato: "Eliminare la gestione politica dei dati"

"Quello che è accaduto in Lombardia o in Sicilia non sarebbe accaduto se ogni ospedale o centro vaccinazione potesse immettere direttamente i dati in formato aperto in un sistema di dati, nessuno potrebbe più truccare le carte. Nessun assessore con questo sistema potrebbe permettersi di ‘spalmare i morti'. La gestione politica verrebbe eliminata. Il fatto che la sanità sia in capo alle Regioni non è un impedimento, perché allo stesso modo per il testamento biologico esiste una banca dati nazionale", ha spiegato ancora Cappato.

"Si governa l'emergenza con dati incompleti"

Secondo Cappato l'esecutivo continua a prendere decisioni su aperture, chiusure e misure restrittive basandosi su dati parziali: "Il governo continua a non diffondere i dati, come succedeva all'inizio della pandemia, 15 mesi fa – ha denunciato Cappato – In altri Paesi per sapere quante sono le persone contagiate in questo momento fanno dei test su un campione rappresentativo della popolazione. Altrimenti parametri come l'Rt e i 250 nuovi contagiati per 100mila abitanti non sono di per sé esaustivi, perché dipendono dal numero di tamponi effettuati. È chiaro che facendo test casuali risulterà un numero inferiore di contagiati e se si fanno test su categorie più esposte si conteranno più positivi. Si continuano a prendere decisioni su dati incompleti e sbagliati, che non sono adatti, da soli, a guidare il governo. Lo ha detto pochi giorni fa anche il fisico Battiston sul Corriere della sera. All'inizio non c'erano i tamponi rapidi, ma ora è da ottusi non fare test a campione per capire quanti sono i contagiati nelle diverse aree d'Italia".

Mancano le informazioni sui vaccini

"A questo si è aggiunta anche la mancanza di informazione sui vaccini – ha detto Cappato – noi oggi non sappiamo quante persone, tra coloro che hanno ricevuto la vaccinazione, abbiano contratto l'infezione". La questione posta da Cappato non è di poco conto, visto che ormai è accertato che esiste una quota di persone che può ammalarsi, una volta entrata in contatto con il virus, anche dopo aver completato il ciclo vaccinale. "Noi oggi dovremmo avere quest'informazione, per tipologia di vaccino. Dovremmo avere una statistica per esempio in grado di dirci quante persone si contagiano dopo aver ricevuto la prima dose di Pfizer, e quanti contraggono l'infezione dopo la seconda dose, per conoscere l'efficacia di ciascun vaccino, suddivisa per fasce d'età".

"In Israele si sono accorti che Pfizer non protegge da una specifica variante. Se ne sono accorti perché sanno a chi è stato somministrato questo vaccino e incrociano i dati con quelli dei nuovi contagiati. In Italia quest'analisi non viene fatta. I dati quotidiani non ci dicono se i nuovi contagiati hanno già fatto il vaccino o no. Gli unici dati che abbiamo riguardano macrocategorie, come il personale sanitario".

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