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Perché il sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato arrestato

Secondo quanto si apprende dal comunicato stampa ufficiale della procura della Repubblica di Locri, Lucano avrebbe organizzato dei matrimoni di convenienza tra cittadini riacesi e donne straniere senza permesso di soggiorno al fine di aiutarle a permanere in territorio italiano e avrebbe inoltre assegnato in maniera fraudolenta il servizio di raccolta rifiuti a due cooperative prive dei requisiti di legge.
A cura di Charlotte Matteini
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Questa mattina, il sindaco di Riace, Domenico Lucano, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell'ambito dell'operazione Xenia con le accuse di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti. Secondo quanto si apprende dal comunicato stampa ufficiale della procura della Repubblica di Locri, Lucano avrebbe organizzato dei matrimoni di convenienza tra cittadini riacesi e donne straniere senza permesso di soggiorno al fine di aiutarle a permanere in territorio italiano e avrebbe inoltre assegnato in maniera fraudolenta il servizio di raccolta rifiuti a due cooperative prive dei requisiti di legge: "La particolare spregiudicatezza del sindaco, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell'organizzare veri e propri ‘matrimoni di convenienza' tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Il sindaco Lucano, unitamente alla sua compagna Tesfahun Lemlem ha architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l'ingresso in Italia".

Al momento Lucano è agli arresti domiciliari mentre per la compagna, Tesfahun Lemlem è scattato il divieto di dimora. A quanto si è apprende, il provvedimento cautelare è legato alle indagini in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell'Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. L’inchiesta era partita su segnalazione della prefettura di Reggio Calabria.

Per quanto riguarda l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, nella nota stampa della procura della Repubblica sono presenti le trascrizioni di alcune intercettazioni:

"Analizziamo la sua situazione sul piano giuridico. Oggi lei è una diniegata per tre volte, lei non può fare più una commissione, non è più una ricorrente, se è come dice lei che è stata diniegata per tre volte non c'è una quarta possibilità, lei ha solo la possibilità di ritornare in Nigeria però… fammi andare avanti… sai qual è secondo me l'unica strada percorribile, volendo spremere le meningi, che lei si sposa! Io sono responsabile dell'ufficio anagrafe, il matrimonio te lo faccio immediatamente… con un cittadino italiano".

"Mi fa un atto notorio dove dice che è libera di poter contrarre matrimonio – prosegue nella conversazione – e siccome è una richiedente asilo non vado ad esaminare i suoi documenti perché ovviamente uno che è in fuga dalle guerre non ha documenti con lei e mi basta una sua dichiarazione, un atto notorio… dovremmo chiedere all'ambasciata ma mi basta un'autocertificazione dove mi dice che lei è libera".

"… io la carta d’identità gliela faccio immediatamente, perché sono responsabile dell’Ufficio anagrafe e stato civile, come sindaco. Ho assunto io questa delega dopo che l’impiegato che c’era è andato in pensione. Proprio per disattendere a queste leggi balorde vado contro legge però non è che le serve molto che la carta d’identità… Io non sto là a guardare se i suoi documenti sono a posto, mi fa un atto notorio dove dice che è libera di poter contrarre matrimonio e siccome è una richiedente asilo non vado ad esaminare i suoi documenti…"

Secondo la procura di Locri, dalle indagini, sarebbero emerse inoltre "diffuse e gravi irregolarità anche in merito: ad altre e diverse procedure di affidamento diretto alle associazioni operanti nel settore dell'accoglienza; alla irregolare rendicontazione dei criteri riguardanti la lungo permanenza dei rifugiati; all'utilizzo di fatture false tramite le quali venivano attestati fraudolentemente costi gonfiati e/o fittizi, al prelevamento, dai conti accesi ed esclusivamente dedicati alla gestione dell'accoglienza dei migranti, di ingentissime somme di denaro cui è stata impressa una difforme destinazione, atteso che di tali somme non vi è riscontro in termini di corrispondenti finalità".

Secondo la Guardia di finanza, il primo cittadino di Riace avrebbe inoltre "in maniera fraudolenta, assegnato il servizio di raccolta dei rifiuti urbani a due cooperative, istituendo un albo comunale ad hoc, superando le norme legislative, proprio per “favorire” la Ecoriace e l’Aquilone che si erano aggiudicate la raccolta dal 2012 al 2016, così impedendo l'effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici e favorendo invece due cooperative sociali, la ‘Ecoriace' e ‘L'Aquilone', cooperative sociali che difettavano infatti dei requisiti di legge richiesti per l'ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell'apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore.  Affidando in via diretta alla ‘Ecoriace' ed a ‘L'Aquilone' i servizi di raccolta e trasporto rifiuti, inoltre, il sindaco "ha impedito l'effettuazione delle necessarie e previste procedure di gara, così inevitabilmente: condizionando le modalità di scelta dei contraenti da parte dell'ente amministrativo da lui gestito e violando il principio di libera e sana concorrenza; producendo in capo alle due cooperative sociali un ingiusto vantaggio patrimoniale, quantificato in circa un milione di euro".

Infine, secondo la procura di Locri sarebbero emerse "diffuse e gravi irregolarità" nel corso delle indagini, ma secondo il Gip del Tribunale di Locri "ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt'altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, delle risorse erogate per l'esecuzione dei progetti Sprar e Cas, ed acclarato quindi che tutti i protagonisti dell'attività investigativa conformavano i propri comportamenti ad estrema superficialità, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate".

L'ordinanza integrale di custodia cautelare

Leggendo l'ordinanza integrale di custodia cautelare del sindaco Lucano si evince che molti reati contestati dalla procura di Locri sono stati fatti decadere dal Gip. Dei ventuno capi d'accusa contestati, ne sono rimasti in piedi solamente due, ovvero quelli relativi ai matrimoni di convenienza combinati al fine di far ottenere il permesso di soggiorno ad alcune migranti diniegate e l'affidamento diretto fraudolento senza gara da parte del comune di servizi di pulizia della spiaggia e di raccolta e trasporto di rifiuti a due cooperative. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, sottolinea come Lucano viva "oltre le regole" ma evidenzia altresì che il primo cittadino non ha mai arricchito né se stesso né le associazioni che ricevevano i fondi destinati alla gestione dell'integrazione dei migranti, contestando l'accusa relativa alla malversazione di fondi pubblici.

Il Gip, infatti, contesta un esistente "malcostume", una "gestione tutt’altro che trasparente”, “comportamenti di estrema superficialità”, ma non riconosce la sussistenza di un flusso di denaro sottratto indebitamente, come invece contestato dalla Procura. Non è stata riconosciuta l’associazione a delinquere, nonostante gli indagati in totale siano 31, né "un ingiusto vantaggio patrimoniale”: "Sebbene non integrante alcuno degli illeciti penali contestati nei restanti capi di imputazione provvisori, la gestione quantomeno opaca e discutibile dei fondi destinati all’accoglienza dei cittadini extracomunitari tratteggia il Lucano come soggetto avvezzo a muoversi sul confine (invero sottile in tale materie) tra lecito e illecito, pacificamente superato nelle vicende relative all’affidamento diretto dei servizi di pulizia della spiaggia di Riace e al matrimonio fittizio tra la Tesfahum e il fratello”.

Alla procura il Gip contesta la "vaghezza e genericità del campo di imputazione” che lo “rendono inidoneo a rappresentare contestazione provvisoria alla quale validamente ‘agganciare’ un qualsivoglia provvedimento custodiale. Ad aggravare gli effetti di tale marchiana inesattezza è poi la circostanza che gran parte delle conclusioni cui giungono gli inquirenti appaiono o indimostrabili o presuntive e congetturali o, infine, sfornite di precisi riscontri estrinseci”. Ad esempio, a Lucano è stato contestata anche la concussione, ma il Gip ha ritenuto il presunto concusso non attendibile, il quale inoltre non sarebbe stato sentito con le garanzie previste dalla legge e dunque le sue dichiarazioni sarebbero inutilizzabili.

“Certo è che che Lucano creava una fitta rete di contatti personali che ne agevolavano, chi più chi meno consapevolmente, le perpretazioni sopra indicate, e sulla quale tuttora potrebbe fare affidamento per tornare a delinquere. Se dunque è ancora fertile il retroterra culturale e politico sfruttato dall’indagato per porre in essere comportamenti penalmente stigmatizzabili, appare altrettanto evidente che l’incarico attualmente ricoperto e la copiosa presenza di stranieri sul territorio riacese potrebbe costituire occasione propizie per l’adozione di atti amministrativi volutamente viziati o per la proposizione a soggetti extracomunitari di facili e illegali scappatoie per ottenere l’ingresso in Italia”, scrive il Gip riguardo al capo d'accusa concernente l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina attraverso matrimoni di convenienza,

"Generano poi stupore la dimistichezza e la spregiudicatezza dimostrate dall’uomo nella commissione di tale ultima categoria di illeciti: il Lucano, che già sapeva di essere indagato, non faceva mistero neanche di fronte a persone estranee al suo entourage di trasgredire intenziolmente quelle norme civili e amministrative delle quali proprio lui era in realtà tenuto per primo a garantire il rispetto”, evidenzia il Gip. "Per il proseguimento dei suoi scopi, poi, l’uomo non risparmiava il ricorso a condotte non solo penalmente, ma anche moralmente riprovevoli (per quanto, dal suo punto di vista finalizzate a garantire soggetti svantaggiati la possibilità di permanere in Italia o di raggiungere il paese, per qui godere di un migliore regime di vita…). L’indagato vive oltre le regole, che ritiene d’altronde di poter impunemente violare nell’ottica del ‘fine giustifica i mezzi’; dimentica, però, che quando i ‘mezzi’ sono persone il ‘fine’ raggiunto tradisce, tanto paradossalmente quanto inevitabilmente, questi stessi scopi umanitari, che hanno sorretto le proprie azioni”. 

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