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Sequenziato il Dna di un abitante di Pompei morto nell’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo

Per la prima volta sequenziato il Dna di una vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: era un uomo di 35-40 anni alto 1,64 metri e affetto da morbo di Pott.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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I due scheletri ritrovati nella Casa del Fabbro. (Fonte foto: Notizie degli Scavi di Antichità, 1934, p. 286, fig. 10)
I due scheletri ritrovati nella Casa del Fabbro. (Fonte foto: Notizie degli Scavi di Antichità, 1934, p. 286, fig. 10)

Per la prima volta è stato estratto e soprattutto sequenziato il genoma di un abitante di Pompei rimasto ucciso dall'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo. Una scoperta scientifica ed archeologica sensazionale, che apre la mente a scenari finora soltanto teorizzati, ma che aiuta soprattutto a meglio definire le origini lontane dei popoli che duemila anni fa vivevano nell'Impero Romano. La scoperta è stata pubblicata su Nature, ed ha visto la partecipazione di ricercatori ed università internazionali: dal coordinatore della ricerca Gabriele Scorrano (Università danese di Copenaghen e Università di Roma Tor Vergata), passando per Serena Viva (Università del Salento a Lecce) e le partecipazioni dell'università della California a Irvine (Usa), e dell'Università federale di Minas Gerais a Belo Horizonte (Brasile).

Chi era l'uomo di cui è stato sequenziato il Dna

La vittima dell'eruzione è risultata essere un uomo tra i 35 ed i 40 anni, alto circa 1,64 metri e proveniente dall'Italia Centrale e affetto dal morbo di Pott, malattia oggi quasi scomparsa nei paesi sviluppati ma all'epoca particolarmente diffusa tanto da essere considerata endemica. Se oggi c'è cura, infatti, all'epoca poteva avere anche un decorso fatale: nella mappa del Dna dell'uomo sono state trovate sequenze genetiche simili a quello del batterio responsabile della tubercolosi, oltre a lesioni in una delle vertebre. Nell'antichità, questo tipo di malattia oltre a essere molto diffusa era spesso non diagnosticata, tanto da essere ritrovata già nelle mummie egizie. Casi "celebri" in tempi più recenti sono quelli di Alexander Pope, Antonio Gramsci, Alberto Moravia e, si suppone, anche Giacomo Leopardi e Søren Kierkegaard. Con lui c'era anche una donna, di circa 50 anni, e alta 1,53 metri: dati anatomici che sono nella media della Roma dell'epoca. Della donna, tuttavia, i resti non sono stati sufficienti per mapparne il genoma.

Tracce di geni sardi nel Dna

L'importanza della mappatura di questo Dna nello specifico è anche legata al fatto che i dati genetici mostrano alcune caratteristiche presenti solo nelle popolazioni sarde e che, a loro volta, possiedono specifiche tipiche di popolazioni della penisola anatolica (oggi corrispondente alla Turchia). Con la mappatura, dunque, è possibile ipotizzare anche scenari migratori del passato, che possano aiutare a comprendere meglio lo sviluppo e l'evoluzione dei popoli indoeuropei in un periodo storico di cui, per ovvi motivi, sono rimaste pochissime tracce.

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