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Messico: 59 cadaveri trovati in una fossa comune. Il Paese in protesta, il video

Il macabro ritrovamento è avvenuto nella stessa zona dove ad agosto furono massacrati 72 migranti che si rifiutarono di lavorare per alcuni trafficanti di droga. Il Paese ha così deciso di dire ‘basta’ alla violenza.
A cura di Biagio Chiariello
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59 corpi sono stati trovati in otto diverse fosse comuni in un ranch di San Fernando, nello stato messicano di Tamaulipas, alla frontiera con gli Usa. Una delle tombe conteneva 43 cadaveri, come riferiscono le autorità. L'ufficio del procuratore dello stato di Tamaulipas comunica che 11 persone sono state arrestate e altre cinque vittime di sequestro di persona sono state liberate nella stessa operazione avvenuta, ieri 6 aprile. Gli inquirenti stanno cercando di identificare le salme per capire se le vittime facevano parte del gruppo di persone sequestrate lo scorso 25 marzo, mentre si trovavano a bordo di un bus diretto negli Stati Uniti.

Il macabro ritrovamento è avvenuto nella stessa città di San Fernando, dove ad agosto furono massacrati 72 migranti provenienti da El Salvador, Honduras, Guatemala, Ecuador e Brasile per essersi rifiutati di lavorare per alcuni trafficanti di droga. Nello specifico, secondo le autorità messicane, da membri della gang Zeta, una delle più aggressive del Paese, che ha sede a Tamaulipas e si è ramificata nel traffico di migranti, estorsioni e sequestri di persona. Un dramma che in qualche modo, con toni ovviamente più leggeri, all'emergenza immigrazione di Lampedusa.

Nel frattempo migliaia di cittadini indignati sono scesi nelle strade di 38 diverse città messicane per sfogare la loro rabbia e dire basta alla violenza sempre più diffusa, legata al commercio illegale di droga del Paese. Le marce di protesta sono state organizzate anche in seguito all'assassinio del figlio di una nota firma messicana, Javier Sicilia (nella foto). Juan Francisco, 24 anni, è stato ucciso, insieme a quattro amici, vicino a Cuernavaca, 90 km a sud di Città del Messico.

In Messico operano diverse bande di narcotrafficanti, i cui sanguinosi scontri hanno fatto più di 34.600 morti dal dicembre 2006, quando il governo del presidente Felipe Calderon decise di lanciare un'offensiva militare che finora non è riuscita ad arginare le violenze. Le autorità hanno riferito che sabato 20 persone sono state uccise in meno di 24 ore nella città più violenta del Messico, Ciudad Juarez, che confina con lo stato americano del Texas, e conta oltre 3.100 omicidi nel 2010. La maggior parte dei soprusi sono da imputare ai cartelli della droga che si battono per il controllo dei lucrativi tragitti della droga verso gli Stati Uniti, i cui membri per redimersi, spesso, invocano la "Santissima Muerte".

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