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Le promesse di Renzi: perché il bonus affitto da 150 euro al mese per i giovani è solo propaganda

Nel programma del Partito Democratico è stata inserita una misura per favorire l’indipendenza dei giovani under 30: il bonus affitto. La misura prevede una detrazione fiscale da 150 euro mensili per i giovani sotto i 30 anni e con un reddito inferiore ai 30mila euro lordi all’anno. Il bonus, però, è una misura iniqua e inutile e vi spieghiamo il perché.
A cura di Charlotte Matteini
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Pochi giorni fa, il quotidiano La Stampa ha anticipato una delle proposte economiche avanzate dal Partito Democratico per i giovani under 30: il bonus affitto. La misura, effettivamente contenuta all'interno del programma elettorale ufficiale presentato pochi giorni fa da Matteo Renzi a Bologna, consiste nella concessione di una detrazione fiscale da 150 euro mensili a tutti i giovani con età inferiore ai 30 anni e un reddito annuo lordo non superiore a 30.000 euro. Il bonus affitti, hanno spiegato successivamente gli esponenti del Partito Democratico, è stato pensato con incentivo per favorire l'indipendenza dei giovani residenti in Italia, i quali spesso rimangono a vivere in famiglia molto più a lungo rispetto ai loro coetanei europei.

A pagina 6 del programma esteso del Partito Democratico si legge:

"I giovani italiani lasciano casa dei genitori a 30 anni: una media di 4 anni superiore a quella europea. Tra i responsabili di questo triste primato i salari d’ingresso, tra i più bassi d’Europa, che spesso non permettono neppure di pagarsi un affitto. Andare a vivere da soli non è un lusso ma il primo passo verso l’indipendenza. Troppe volte, invece, la volontà di emanciparsi impone ai nostri giovani una scelta obbligata: fare sacrifici per uscire di casa o rimandare di anno in anno l’inizio di un percorso di vita autonomo.

Ecco perché ci impegniamo a sostenere questo desiderio di autonomia, restituendo ai giovani lavoratori parte delle spese sostenute per l’affitto sul modello di quanto messo in atto dal governo spagnolo di Zapatero. Introdurremo una detrazione fiscale del valore di 150 euro al mese (in grado di raggiungere anche gli incapienti sotto forma di assegno) a beneficio di tutti gli under-30 con un reddito fino a 30 mila euro e un contratto d’affitto sulle spalle. Un aiuto concreto per venire incontro sia ai giovani, che potranno contare su un incremento del reddito disponibile, sia alle loro famiglie, su cui troppo spesso sono costretti a fare affidamento". 

La misura, come specificato dal programma, non è una novità assoluta: venne pensata e introdotta in Spagna dal governo Zapatero. Quella spagnola, però, a differenza di quella in salsa italiana, offriva 210 euro mensili più 600 euro una tantum a copertura delle spese per la caparra. Ma perché il bonus affitto sarebbe una misura inutile per i giovani italiani? Soprattutto, quanto costerebbe nel complesso questa nuova promessa elettorale?

Per spiegare l'inutilità di questo nuovo bonus elettorale è necessario partire dal contesto italiano, ovvero da qualche dato: secondo i dati Eurostat, il 66% degli under 34 italiani vive in casa contro una media Ue del 48,1%. La discrepanza è notevole, tanto più se si analizzano  i dati relativi a paesi come la Danimarca, la Svezia e la Finlandia, in cui in media l'uscita dalla casa dei genitori è molto più vicina ai 18 anni che non ai 34. Ma perché i giovani italiani escono così tardi da casa? Sono una massa di bamboccioni oppure è la contingenza economica che li spinge a rimanere in famiglia fino a tardi?

La disoccupazione giovanile in Italia

La disoccupazione giovanile in Italia è altissima e si attesta al 32,7%, ben oltre la media Ue. Il segmento di popolazione tra i 15 e i 24 anni è stato quello più penalizzato dalla crisi economica, ma i dati Istat rilevano che non va meglio per gli under 35: nella fascia 25-34 anni, infatti, nel 2016 il tasso di disoccupazione era del 17,7%, ben 6 punti percentuali in più rispetto al segmento generale 15-64, pari all'11,7%.

Per risolvere il problema della disoccupazione giovanile e della sotto-occupazione del segmento under 35, l'Italia ha predisposto una serie di politiche economiche volte a facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani italiani e tra queste figurano le decontribuzioni di durata triennale per le assunzioni con il Jobs Act e il programma Garanzia Giovani. Nonostante l'approvazione del Jobs Act e delle relative decontribuzioni, che hanno fatto aumentare le assunzioni nel corso del triennio 2014-2017, queste modifiche legislative hanno prodotto risultati più incisivi per i lavoratori over 50.

I dati diffusi dall'Osservatorio Inps sul precariato hanno inoltre evidenziato che la crescita di occupazione di questi ultimi anni è stata trainata per la maggior parte dai contratti a tempo determinato e a chiamata. Per quanto riguarda le decontribuzioni garantite nel primo triennio per le assunzioni degli under 35 con il Jobs Act, la tendenza ha evidenziato un crollo del numero di contratti di lavoro siglati al termine del periodo di agevolazione contributiva. In sostanza, dunque, la misura ha funzionato nel periodo in cui le decontribuzioni erano attive, ma ha smesso di produrre risultati efficienti allo scadere del triennio.

Garanzia Giovani, il programma finanziato con fondi europei e dedicato all'inserimento nel mondo del lavoro degli under 29, è stato un fallimento su tutta la linea in Italia. Stando ai dati Anpal, il 70,2% delle misure di politica attiva offerte ai ragazzi aderenti a Garanzia Giovani sono stati stage. "Un trend unico in Europa", rilevava Francesco Seghezzi, direttore del centro studi Adapt. Questi stage si sono concretizzati in un'occupazione più stabile al termine del percorso? Solo nel 26,7% dei casi – uno su quattro. In sostanza, i fondi europei, come evidenziato in numerose inchieste condotte da Fanpage.it, in Italia sono stati utilizzati non per dare reali opportunità professionali ai giovani, ma per finanziare tirocini inutili e spesso umilianti, scaricando parte del costo relativo al rimborso spese sulle spalle dell'Ue anziché sulle imprese.

I redditi medi dei giovani italiani

Capitolo redditi e ricchezza media: secondo un recente report diffuso dall'Ocse"dalla metà degli anni Ottanta il reddito degli anziani tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% più rispetto a quelli dei 30-34enni. Inoltre, il tasso di povertà è cresciuto nel segmento giovanile (13,9%, più alto della media Ocse che si attesta all'11,4%) mentre è calato costantemente tra gli anziani (10,6%)" e inoltre "le ineguaglianze tra i nati dopo il 1980 sono già maggiori di quelle sperimentate dai loro parenti alla stessa età e tendono ad aumentare durante la vita lavorativa, una maggiore disparità tra i giovani di oggi comporterà probabilmente una maggiore diseguaglianza fra i futuri pensionati, tenendo conto del forte legame che esiste tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici".

Insomma, i giovani sono di fatto il segmento che più ha risentito della crisi economica, ma nonostante questo è anche il più penalizzato dalla mancanza di reali misure e politiche economiche dedicate, per nulla efficaci, e rispetto ai propri genitori, i giovani under 35 guadagnano in media il 36% in meno. A quanto ammonta lo stipendio medio di un under 30 in Italia? Gli stipendi degli italiani al di sotto dei trent’anni sono fra i più bassi d’Europa. Stando al rapporto condotto da Willis Towers Watson a margine della sua indagine retributiva Global 50 Remuneration Planning, "a parità di condizione, un giovane italiano fa il suo debutto sul mercato del lavoro con uno stipendio netto di 8.200 euro inferiore rispetto a un parigrado assunto in Francia (29.500 euro netti), 10.100 euro in meno rispetto alla media dei Paesi Bassi (retribuzione netta di 31.400 euro) e 16mila euro in meno rispetto agli standard della Germania (37.300 euro netti)". Se si considerano gli standard di retribuzione dei neolaureati, i dati AlmaLaurea evidenziano che tra il 2007 e il 2015, la retribuzione media mensile dei laureati a un anno dal titolo è calata da 1.299 euro netti a 1.104 euro per chi ha conseguito un titolo triennale e da 1.290 euro netti a 1.153 euro per i dottori magistrali. I laureati italiani che si trasferiscono all'estero guadagnano in media il 64% in più rispetto ai loro coetanei rimasti in Italia.

Il mercato degli affitti in Italia

Quanto costa in media un affitto in Italia e quali condizioni vengono imposte agli affittuari? Stando ai dati di Immobiliare.it citati da un articolo de Il Post, "a Milano una delle zone più economiche vicine al centro è quella intorno a Piazzale Lodi, affittare una casa in questa zona costa in media 14,04 euro al metro quadrato al mese. Significa che per un bilocale da 60 metri quadrati si spendono in media 840 euro mensili, mentre per un trilocale (o quadrilocale) da 100 metri quadrati, ce ne vogliono più di 1.400″. In Città Studi, "in media un appartamento costa 14,33 euro al metro quadrato. Per un bilocale da 60 metri si spenderanno circa 860 euro, per una casa da 100 metri quadrati invece circa 1.430 euro", mentre sui Navigli "in media 15,05 euro al metro quadrato (e quindi 900 euro per un bilocale da 60 e 1.500 per una casa da 100 metri quadrati)".

A Torino i prezzi sono più bassi, in media "poco più di 600 per un bilocale da 60 metri quadrati e di 1.000 per una casa familiare da 100". A Firenze si va dai 480 euro per un bilocale fuori dal centro ai 650/750 in piena città. Idem per un trilocale da 100 metri quadri, a Firenze i prezzi sono compresi tra gli 800 e i 1300 euro mensili, a seconda della posizione. I prezzi per gli affitti a Roma sono molto simili a quelli di Milano e variano a seconda della zone. Gli affitti più bassi, ovviamente, sono in periferia, ma risultano comunque alti per un giovane che disponga di un solo stipendio.

Se 150 euro mensili per un residente in un piccolo centro possono essere una grande mano, dato che gli affitti risultano in media essere molto più bassi, per un giovane che abita a Milano, Roma, Firenze, Torino o Napoli sarebbero insufficienti, dato che gli affitti in quelle zone sono molto più alti, e non è raro che i giovani che escono di casa presto vivano in condivisione anche fino a tarda età (una stanza singola in affitto a Milano costa in media tra i 450 e i 600 euro mensili a seconda della zona, prezzi simili in molte città universitarie).

Inoltre, a rendere difficoltosa l'uscita da casa dei giovani under 30 non è solo il basso stipendio, ma anche le condizioni richieste per la stipula di un regolare contratto d'affitto: non sono infatti pochi i proprietari di casa che si rifiutano di affittare i propri appartamenti a lavoratori precari, perché potrebbero perdere il lavoro e non pagare più la pigione, e questo è un ostacolo che il bonus non rimuoverebbe.

Molti proprietari, infatti, richiedono numerose garanzie – contratti a tempo indeterminato, fidejussioni, garanti – oltre a una caparra iniziale che può andare dalle 3 alle 6 mensilità (per un appartamento da 800 euro al mese, il giovane dovrebbe dunque mettere in conto una cifra compresa tra 2.400 e i 4.800 euro da anticipare). L'accesso al credito per un giovane precario è pressoché impossibile, dunque in mancanza di genitori o parenti che anticipino la somma, come potrebbe riuscire un 25enne ad affittare una casa propria?

Quanto costerebbe e perché il bonus affitto è una misura inutile e iniqua

Ma in sostanza, quanto costerebbe questo bonus affitto? Al momento è difficile fare i conti perché la misura altro non è che un mero annuncio e il Partito Democratico non ha spiegato quali sarebbero i criteri di applicazione, tantomeno ha comunicato l'effettiva platea che potrebbe accedere all'agevolazione. Qualche calcolo ha provato a effettuarlo Simone Cosimi di Wired: "Partendo dai dati dell’Istat, risulta che gli italiani sotto i 34 anni sono poco meno di 21 milioni. Eliminando da questa platea i bambini e gli adolescenti fino ai 19 anni si scende a 11 milioni di ragazze e ragazzi. Per dare 150 euro a ciascuno ci vorrebbero 1,7 miliardi di euro al mese, quasi 20 miliardi di euro l’anno. Si tratta ovviamente di una provocazione: è evidente che la platea dovrebbe essere clamorosamente ridotta per giungere a cifre sostenibili, al massimo una manciata di miliardi l’anno, forse meno. E dunque si torna ai parametri per l’assegnazione (la tipologia contrattuale non dovrebbe per esempio incidere?) che tuttavia in casi come questi sono più complessi da scalare secondo la progressività generale perché riguardano una condizione di vita e non (solo) una situazione economica". 

In sostanza, partendo dai calcoli effettuati, è assolutamente improbabile che la misura pensata dal Pd sia di carattere universale. Inoltre, stante le condizioni economiche in cui versano i giovani occupati italiani e gli stipendi medi percepiti, un bonus da 150 euro mensili sarebbe inutile, perché a costringere gli under 34 a stare a casa con i genitori non è solo la mancanza di denaro, ma tutta una serie di condizioni e costrizioni sociali difficilmente removibili attraverso l'erogazione di un mero bonus. La misura, inoltre, risulterebbe alquanto iniqua in quanto questa detrazione fiscale per l'affitto sembrerebbe di fatto essere "flat", uguale per tutti, e non terrebbe dunque conto delle differenze di costo che i giovani si troverebbero ad affrontare in base alla zona di residenza.

In sostanza, il bonus affitto altro non è che una misura demagogica che non tiene conto delle reali cause che determinano la lunga permanenza dei giovani nella casa di famiglia e che non tiene nemmeno conto dei reali costi che un giovane si trova ad affrontare nel tentativo di affittare un appartamento.

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