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Opinioni

Le carte della vicenda Consip e l’esito dell’inchiesta

Gli inquirenti hanno ricostruito una rete di relazioni e rapporti, volta a orientare parte dei lotti di un appalto per complessivi 2,7 miliardi. Cerchiamo di capire a che punto è l’inchiesta e cosa ha deciso il Tribunale.
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AGGIORNAMENTO: Il Tribunale di Roma, in data 11 marzo 2024 si è pronunciato sul caso CONSIP: due le condanne, l’ex maggiore del Noe, Gian Paolo Scafarto a 1 anno e 6 mesi e a 3 mesi il colonello dei carabinieri Alessandro Sessa, e 8 le assoluzioni, tra cui Tiziano Renzi e Luca Lotti.

Il caso CONSIP è da giorni al centro della discussione pubblica nel Paese, anche in relazione al coinvolgimento diretto o indiretto di esponenti di primo piano del Governo e della politica. L’inchiesta che ha dato origine alla questione è complessa e articolata, ed è divisa in due filoni, tra le procure di Roma e di Napoli. Gli sviluppi più eclatanti dell’indagine sono stati l’arresto dell’imprenditore campano Alfredo Romeo, ora nel carcere di Regina Coeli, l’iscrizione nel registro degli indagati del ministro allo Sport Luca Lotti e quella del padre di Matteo Renzi, Tiziano.

Di cosa stiamo parlando? I magistrati indagano sulla presunta corruzione in CONSIP, una società pubblica che si occupa di acquisti e appalti nella Pubblica Amministrazione. Per l’accusa l’imprenditore Romeo avrebbe messo in piedi un vero e proprio sistema corruttivo, allo scopo di ottenere informazioni fondamentali per aggiudicarsi gli appalti della centrale di acquisti della pubblica amministrazione. L’inchiesta si concentra in particolare sull’appalto FM4, ovvero Facility Management 4, definito dalla stampa “l’appalto più grande d’Europa”, diviso in 18 lotti, per un totale di 2,3 miliardi di euro. Va precisato che le imprese di Romeo non hanno partecipato a tutte le gare d’appalto e che, dalle graduatorie provvisorie, risultavano in testa in 3 lotti su 18: il lotto numero 3, di 208 milioni di euro, avente per oggetto forniture e pulizie per le province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Modena; il lotto numero 13, di 221 milioni di euro per forniture al Comune di Roma (a esclusione del I Municipio); il lotto numero 18, di 180 milioni di euro, avente per oggetto forniture in diverse regioni meridionali (Puglia, Campania, Calabria e Basilicata). Dalle carte dell’indagine emerge anzi il nervosismo di Romeo per non essersi riuscito a piazzare in testa alla graduatoria in altri lotti, o per difetti nella documentazione presentata o perché altre aziende si fossero presentate con ribassi inferiori.

Consip: il sistema Romeo, i pizzini e il teste chiave

La figura centrale dell’inchiesta è Marco Gasparri, dirigente di alto profilo della CONSIP, che secondo l’accusa sarebbe stato corrotto da Alfredo Romeo. Gasparri è un architetto che per gli inquirenti rappresenta figura apicale in CONSIP, avendo peraltro mostrato una "elevata competenza professionale e capacità di agire" in settori strategici come quelli che si occupavano dei bandi di gara.

Gasparri viene definito come “prototipatore”, ovvero come colui che si sarebbe occupato di creare bandi e capitolati per le gare di appalto per l’acquisto di beni e servizi. In tal senso, Gasparri avrebbe “comunicato informazioni riservate”, “suggerito il contenuto delle offerte e dei successivi chiarimenti che le società di Romeo avrebbero inoltrato alla CONSIP”, “evitato che le società riconducibili a Romeo incorressero in penali per inadempienze”.

Il funzionario è un teste chiave, dal momento che, nei due interrogatori cui viene sottoposto (a Napoli il 16 dicembre e a Roma il 28 gennaio), conferma l’impianto accusatorio delle procure: ovvero ammette “che la lotta imprenditoriale” per gli appalti in CONSIP sia “gestita a suon di tangenti o mediante gli appoggi all’interno dell’alta politica”. Gasparri ammette di aver ricevuto denaro da Romeo, dapprima “una tantum”, poi con sempre maggiore frequenza, sempre, in tranche da 5mila euro in contanti, “dietro la sua piena collaborazione, in funzione dell’incapacità del Romeo e della sua struttura tecnica, di partecipare e formulare valide offerte tecniche per aggiudicarsi le gare bandite da CONSIP”.

Nell’ordinanza con cui il GIP autorizza la custodia cautelare per Romeo, si legge che l’imprenditore campano voleva conoscere “prima notizie riservate sui bandi di gara, nonché indicazioni utili su come organizzarsi e preparare le offerte tecniche in modo da avere un vantaggio competitivo”; i rapporti con Gasparri e con altri soggetti si sarebbero poi intensificati con l’appalto FM4, con alcune offerte per le quali il ruolo del funzionario CONSIP sarebbe stato determinante.

Gasparri è ritenuto dagli inquirenti persona credibile e ci sono una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche che confermerebbero la sue versione (in alcuni casi il funzionario pubblico è intercettato mentre critica il lavoro della struttura tecnica di Romeo, anticipa i risultati di alcune gare e indica i miglioramenti potenziali per le aziende dell’imprenditore), oltre che una serie di riscontri “intrinseci ed estrinseci”, come gli ormai famosi “pizzini”, bigliettini con i quali Romeo “era solito annotare nomi di persone, affari connessi e cifre che  mostrava all’interlocutore senza dire nulla ed eliminava poi tra la carta straccia”. Tali pizzini sono però stati recuperati dalle forze dell’ordine direttamente in discarica e ricostruiti dopo un lavoro durato giorni.

La gara FM4 e "l'appalto più grande d'Europa"

Come detto il Facility Management 4 è l’appalto monstre al centro dell’intera questione. I pm non solo si soffermano sul ruolo avuto da Gasparri quale “prototipatore e facilitatore”, ma concentrano la loro attenzione su alcune conversazioni di Romeo con Italo Bocchino, suo stretto collaboratore, nonché ex deputato e imprenditore. Inoltre, nell’ipotesi investigativa, suffragata da alcune intercettazioni, Romeo mostra di avere legami con altri “facilitatori” all’interno di CONSIP, tanto che, come spiega Gasparri ai pm, “conosceva nel dettaglio la graduatoria provvisoria della gara FM4 prima che questa venisse resa pubblica, informazione che io non gli avevo mai dato”.

La complessità dell’operazione e il fatto che i lotti riguardassero praticamente l’intero territorio nazionale sono fra i motivi che fanno pensare a un allargamento dell’inchiesta e al coinvolgimento di alcuni politici locali, anche semplicemente come persone informate dei fatti. Le intercettazioni telefoniche e ambientali, del resto, mostrano il ruolo attivo di Gasparri, che corregge più e più volte l’operato della struttura tecnica della Romeo (gli uffici che avevano predisposto l’offerta alla gara pubblica dell’azienda dell’imprenditore campano). Il 27 settembre 2016, ad esempio, Gasparri è intercettato mentre correggi alcuni calcoli parlando direttamente con Romeo:

“No avvocato, è pieno di errori, pieno! Errori di calcolo e poi la cosa grave è che c’è una tabella delle rese che fa andare tutto… fa saltare tutto il progetto […] I calcoli non tornano, quello non è un progetto riletto come mi ha detto lei da cinque esperti, lo fa capire il fatto che è pieno di errori. Quindi anche quella tabella sta buttata lì perché l’hanno presa e buttata senza verificare se tornavano i conti […] Lei può fare anche un rialzo del 25% ma poi non giustificai numeri e va fuori dalla normativa”

Insomma, Gasparri interviene personalmente per "aiutare" la Romeo a migliorare l'offerta, ma la prima graduatoria provvisoria vede la ditta aggiudicarsi il "primo posto" solo in tre lotti. Un risultato che delude Romeo, che chiede spiegazioni soprattutto in merito alle aggiudicazioni di altre ditte, in particolare la Manutencoop (prima in 4 lotti) e la Cofely (azienda francese prima in altri 4 lotti), con le quali è in concorrenza in numerosi appalti.

A questo punto i magistrati si soffermano sul ruolo di un altro personaggio chiave della vicenda, Italo Bocchino, definito “ex parlamentare e ora uomo di punta di Romeo nel rapporto con enti pubblici, sistema politico e alta burocrazia”. Bocchino e Romeo avrebbero costruito una vera e propria rete di relazioni e di rapporti, tale da permettere loro di conoscere il risultato delle gare prima dell’approvazione formale, in particolare nei lotti di Lombardia e Campania.

C’è un passaggio dell’ordinanza che merita particolare considerazione, perché è quasi didascalico, nel senso che dipinge un vero e proprio sistema nell’assegnazione degli appalti. Parlando con Romeo di alcuni appalti assegnati non assegnati alla società Manital, Bocchino spiega come “funziona” in quest’ambito, raccontando di una strategia politica che “viene da lontano”. I giudici scrivono che il fine di certe operazioni passate era quello di escludere la Romeo a vantaggio di società più vicine al decisore politico del momento e Bocchino stesso si lamenta di un sistema, adottato dall’ex ad di CONSIP Casalino, che con la pratica dei subappalti, penalizzerebbe le piccole aziende.

Secondo Bocchino gli appalti gestiti da CONSIP sono gestiti per favorire le cooperative perché “rappresentano un bacino di voti dal quale poter attingere”, a differenza dei gruppi come la Romeo. In tal senso, ricorda di quando un non meglio precisato ministro confermava l’esistenza di tale sistema, e aggiunge alcune considerazioni sulle quali si sta concentrando l’attenzione degli inquirenti. Bocchino, parlando con Romeo, gli dice qual è secondo lui il motivo per il quale in passato gli appalti CONSIP finivano alle Coop, mentre ora la Romeo può muoversi con tranquillità:

"È chiaro che la politica ha il problema del territorio, perché un politico può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto [OMISSIS] ma i mille pulitori sul territorio sono mille persone che ti danno 5mila euro ciascuno, sono mille persone che fanno un’assunzione ciascuno, sono mille persone che quando voti chiamano i loro dipendenti […] Tu i tuoi dipendenti non sai manco chi sono, non te li puoi chiamare per dire votate a tizio o a caio […] Quindi secondo me c’è una scelta politica, noi c’abbiamo la doppia spiga, la scelta politica e il prezzo che devi pagare per la patinata che teme [OMISSIS] perché sei stato generoso con lui quando non contava un cazzo…questa cosa qui fa sì che sostanzialmente, secondo me, la logica loro è… Romeo”

Sugli omissis si sta speculando molto in questi giorni, ma vale la pena di sottolineare che i PM per ora non sono riusciti a individuare le movimentazioni in denaro tra i soggetti, gli intermediari e gli utilizzatori finali.

La centralizzazione degli acquisti CONSIP

La CONSIP ha acquistato un ruolo centrale negli ultimi anni, anche grazie ad alcuni provvedimenti del Governo Renzi. Due leggi, in particolare, hanno aumentato il raggio d’azione della CONSIP:

  • La prima è la legge n. 208/2015, cd. legge di stabilità 2016, che ha notevolmente ampliato, nell'ottica della razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi, il novero delle amministrazioni tenute ad approvvigionarsi esclusivamente tramite Consip S.p.A. o altri soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali (fonte);
  • […] Il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ossia il nuovo Codice appalti […] l’obbligo – per tutti i Comuni – di ricorrere ai soggetti aggregatori di riferimento (Consip S.p.A., Città Metropolitana, Regione), se il fabbisogno annuo, per le categorie merceologiche d’interesse, è superiore alla soglia indicata nel suddetto DPCM (fonte).

La centralizzazione degli acquisti, che lo stesso ex Presidente del Consiglio ha spesso citato come direttiva fondamentale per il contenimento dei costi e per la trasparenza nella gestione pubblica, comporta però anche un mutamento nei rapporti fra politica e imprenditore. Mutamento che, scrivono i pm, è interpretato bene da Romeo e Bocchino. Si legge ancora nell’ordinanza di custodia cautelare per Romeo: “La centralizzazione degli acquisti consente a grosse aziende di acquisire appalti rilevantissimi mediante poche gare, in un contesto comunque affetto da corruzione, ma queste società privilegiate poi sul territorio cedono il lavoro ad altre più piccole, imponendo dei loro prezzi che potremmo dire ‘a strozzo’.

La logica d’azione di alcune aziende escluse dai canali “precedenti”, dunque, prevede anche il finanziamento della politica, in maniera trasversale, e la sovvenzione di una serie di fondazioni che fanno riferimento a noti esponenti politici.

Cosa c'entra Tiziano Renzi in questa storia

Tiziano Renzi, padre del segretario del Partito Democratico, è indagato dalla procura di Roma per il reato di traffico di influenze. Si tratta di un reato inserito nel codice penale nel 2012, che punisce sostanzialmente chi fa da mediatore in incontri o accordi in cui si consumi il reato di corruzione, ovvero chi “sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”; la pena prevista è da 1 a 3 anni di carcere.

Renzi avrebbe agito in concorso con un imprenditore a lui molto vicino, per fare pressioni sull’amministratore delegato di CONSIP Luigi Marroni e dunque procurare un vantaggio all gruppo Romeo. L’Espresso ha riportato il contenuto della deposizione di Marroni, ad di CONSIP e politicamente molto vicino a Matteo Renzi, che sembrerebbe confermare la tesi degli inquirenti. Le pressioni chiamano in causa direttamente anche Denis Verdini, mentre dalle carte emerge anche un incontro fra Tiziano Renzi e lo stesso Marroni, sempre avente al centro gli interessi della Romeo.

Marroni conferma poi di aver ricevuto nei mesi precedenti pressioni anche da altri esponenti della politica e delle istituzioni, ma ribadisce di non essersi mai adoperato per favorire alcun gruppo rispetto a un altro. L’ad di CONSIP si definisce “un muro di gomma”, spiegando di non essersi mai piegato alle sollecitazioni e alle richieste ricevute.

Tiziano Renzi sarebbe poi chiamato in causa anche da un "pizzino", dello stesso tipo di quelli di cui vi abbiamo parlato in precedenza (recuperati e ricomposti dai carabinieri del NOE).

Come per le pressioni su Marroni, anche in questo caso bisogna aggiungere che di tali pagamenti non c'è traccia, non risultando ai giudici neanche che si siano mai realizzati. Lo stesso Tiziano Renzi, commentando la sua iscrizione nel registro degli indagati, aveva del resto ribadito: "Non ho mai chiesto soldi. Non li ho mai presi. Mai. E credo che i magistrati abbiano tutti gli strumenti per verificarlo".

Negli ultimi giorni si era parlato anche di un incontro "in una bettola" tra Tiziano Renzi e Romeo, per pianificare strategie: anche questa circostanza è stata smentita dal padre del segretario del Partito Democratico.

Cosa c'entra e perché è indagato Luca Lotti, ministro allo Sport del Governo Gentiloni

Come anticipato con mesi di anticipo dal Fatto, in un filone dell'inchiesta CONSIP è indagato anche Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi.

Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento dalla Procura di Napoli, in una indagine stralciata dal filone principale sulla corruzione e ora a Roma per competenza territoriale. Il ministro avrebbe avvertito Marroni e altri dirigenti CONSIP di una inchiesta nei loro confronti, “danneggiando” dunque il lavoro degli inquirenti, dal momento che, in seguito alla segnalazione di Lotti, l’amministratore delegato avrebbe fatto bonificare il proprio ufficio dalle microspie e avrebbe preso delle precauzioni per non essere intercettato. Lotti ha negato di aver mai parlato con Marroni delle inchieste e si è sempre dichiarato tranquillo. Nei suoi confronti è stata presentata una mozione di sfiducia da parte del MoVimento 5 Stelle e anche gli scissionisti del PD ritengono che debba fare un passo indietro.

Nell’ambito del filone che riguarda Lotti è indagato anche il comandante dei Carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia, conoscente della famiglia Renzi.

Cosa c'entra Matteo Renzi

Matteo Renzi non è indagato e non è persona informata dei fatti. Nella vicenda viene tirato in ballo per i suoi rapporti familiari o politici con persone coinvolte (in questi ultimi giorni si stanno rilanciando alcune  e per una donazione che Romeo ha fatto alla fondazione che lo sostiene da anni, Big Bang, ora Open, e che è attiva anche nell'organizzazione della Leopolda. Al centro delle polemiche è finita una donazione da 60mila euro che sarebbe servita a pagare un servizio di catering per un evento. La fondazione si è difesa ricordando che il finanziamento risale a più di 4 anni fa e che comunque la provenienza dei donatori è sempre stata pubblica; il MoVimento 5 Stelle chiede da giorni che Renzi renda pubbliche le rendicontazioni delle spese sostenute con i 60mila euro ricevuti dalla Isfavim, la società del gruppo Romeo.

Vale la pena di sottolineare come le aziende di Romeo, nel tempo, abbiano finanziato diverse fondazioni, afferenti a diversi schieramenti politici.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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