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Perché il cloud nazionale di cui parla Meloni può trasformare la burocrazia in Italia (se funziona)

L’obiettivo è quello di creare un archivio in cloud accessibile con diversi livelli di autorizzazione. Il ministero guidato da Vittorio Colao durante il governo Draghi puntava a chiudere buona parte del progetto entro il 2026.
A cura di Valerio Berra
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Non sarà un ministero, ma sarà un sottosegretariato. Giorgia Meloni ha tracciato il futuro dell’innovazione in Italia durante le repliche alla Camera dei Deputati, dove il 25 ottobre scorso ha chiesto la fiducia per il suo governo. Poche parole, che però definiscono una serie di obiettivi a lungo termine: “La transizione digitale, fortemente sostenuta dal Pnrr, deve accompagnarsi alla sovranità tecnologica, al cloud nazionale e alla cybersecurity”.

Tre punti che avranno bisogno di una guida ancora da definire, visto che il ministro dell’Innovazione non compare nella squadra che ha giurato davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nei prossimi giorni però questa casella vuota verrà riempita da un sottosegretario. Spiega sempre Meloni: “Il dipartimento sarà affidato a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio e non si perderà un minuto del lavoro fatto che anzi sarà rilanciato”.

Sul nome di questo sottosegretario ci sono ancora incertezze. C’è chi punta su Federico Mollicone, coordinatore delle aree di Innovazione e Cultura per Fratelli d’Italia. E c’è chi nelle ultime ricostruzioni azzarda il nome di Alessio Butti, uomo sempre di Fratelli d’Italia che si è occupatosi tecnologia e telecomunicazione. La polvere dovrebbe posarsi all’inizio della prossima settimana.

La strategia per spostare gli archivi della pubblica amministrazione

Il cloud nazionale non è una velleità da campagna elettorale. Si tratta di un progetto che è già stato presentato quasi un anno fa, il 7 settembre del 2021. A questo evento erano presenti il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao, il Sottosegretario di Stato delegato alla Sicurezza Franco Gabrielli, il Direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale Roberto Baldoni e il Chief Technology Officer del Dipartimento per la Trasformazione digitale Paolo de Rosa. Il progetto è stato definito da Colao “una casa moderna per i dati degli italiani”.

Insieme hanno presentato la Strategia Cloud per l’Italia, un piano in tre punti che include: classificazione di dati e servizi, qualificazione fornitori servizi cloud e la creazione di un Polo strategico nazionale (PSN). L'obiettivo finale è trasferire tutti i dati della pubblica amministrazione in una struttura comune in cloud accessibile con diversi livelli di autorizzazione. La prima parte è un’analisi di tutti i tipi di dati presenti nella pubblica amministrazione e una loro classificazione in base al valore che possono avere e la seconda è invece una ricerca dei fornitori in grado di garantire tutta la struttura necessaria per la pubblica amministrazione.

Cos’è e dove verrà costruito il Polo Strategico Nazionale

L’ultima parte di questa strategia riguarda tutto il tema della struttura. Una vecchia battuta che gira tra i programmatori recita: “Un dato salvato in cloud è solo un dato salvato nel computer di un’altra persona”. Per la strategia cloud nazionale quindi è importante che ci sia una struttura di supporto in grado di conservare questi dati. Come possiamo leggere sul portale del defunto ministero dell’Innovazione le idee per il Polo Strategico Nazionale le sedi di questo polo verranno distribuite in tutta Italia, in siti che devono ancora essere identificati.

Gli archivi coinvolti sono parecchi: “Il Polo ospiterà i dati ed i servizi critici e strategici di tutte le amministrazioni centrali (circa 200), delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e delle principali amministrazioni locali (Regioni, città metropolitane, comuni con più di 250 mila abitanti)”. L’obiettivo è quello di rendere tutto operativo entro il 2026: “La realizzazione del Polo Strategico completa la missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accelerare la trasformazione digitale della PA e ha l’obiettivo di portare il 75% delle amministrazioni italiane ad utilizzare servizi in cloud entro il 2026”.

Gli esempi di cloud nazionale all’estero

L’Italia non è il primo Paese a percorrere questa strada. Cambiano i nomi, cambiano le quote di partecipazioni ma sono parecchi i Paesi europei e non che stanno lavorando a strategie cloud di largo respiro. Una di quelle più simili al progetto italiano è Andromede, la joint-venture tra pubblico e privato in cui la Francia ha investito 135 milioni di euro. Nonostante diverse interruzioni, ora il progetto è a buon punto e permette di conservare i dati in cloud e fornire allo stesso tempo servizi ai cittadini, a partire da una piattaforma di e-government.

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