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Opinioni

In Grecia ha vinto il coraggio di un popolo e ora l’Europa deve ascoltare

Il voto del popolo greco, contro tutti, vuol dire che qualcosa nell’Unione Europea deve cambiare. L’Europa deve ascoltare. E punire ora la Grecia sarebbe la cosa più pericolosa di tutte.
A cura di Michele Azzu
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La Grecia ha inventato la democrazia, si dice spesso, la Grecia è la culla della civiltà occidentale. Ma è oggi che la Grecia è riuscita nella sua impresa più difficile, coraggiosa, drammatica di sempre: rifondare l’Europa. L’Europa della cultura, dei popoli e della giustizia – e non importa se si dovrà stare fuori dall’Unione Europea o dall’Euro per stabilire questa verità.

Il 61% degli elettori greci – al momento in cui scrivo sono state scrutinate circa il 70% di sezioni elettorali – ha detto ‘No’ al piano del debito che l’Unione Europea voleva imporre al governo di Alexis Tsipras. Nessuno si aspettava una maggioranza così assoluta: il 61% ha rifiutato gli aiuti dell’Europa alla Grecia, che domani per questo motivo potrebbe fallire, perdere la valuta Euro, ritrovarsi fuori dall’Unione Europea.

È – comunque la si pensi sulla Grecia – una impresa storica. Perché i greci avevano contro tutti. Una nazione piccolissima, con 11 milioni di abitanti e solo 2 milioni di giovani, Questa nazione si è trovata contro tutti i leader degli altri stati europei, che sono poi i suoi principali creditori, quelli che hanno voluto il piano. Anche i presunti amici del governo di Syriza, come Matteo Renzi, che si è schierato con il ‘Si’.

La Grecia aveva contro la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea (la cosiddetta Troika). Tutti i socialisti europei, anche loro a favore del ‘Si’ e in aperta opposizione a Alexis Tsipras. Non basta: la maggioranza dei quotidiani, tv, radio e mass media europei, compresi quelli greci, in massa si sono schierati per il ‘Si’. E così tutti gli altri partiti greci.

Non basta. Quando il governo greco ha chiuso le trattative con l’Europa – e di fatto trattative non c’erano dato che l’FMI si è mostrato inflessibile – per indire un referendum, che permettesse ai cittadini greci stessi di decidere se accettare o rifiutare il piano di salvataggio lacrime e sangue, i politici europei hanno gridato all’allarme, ripresi dai mass media, lamentando il rischio di assalto alle banche greche.

Il panico si è diffuso, successivamente, costringendo il governo di Syriza a chiudere le banche per una settimana. Per questi fatti il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha accusato l’Europa di “terrorismo”, per aver diffuso la paura. Insomma, quello che è accaduto questi giorni doveva far gridare politici, governi, e stampa libera allo scandalo. Perchè davvero di terrorismo si è trattato.

E tutto questo per cosa? Perché il 30 giugno la Grecia non è stata in grado di pagare 1,6 miliardi di euro di debiti al FMI, ed è quindi dovuta intervenire l’Unione Europea per proporre un “piano di salvataggio”. Un piano di austerity, tagli ai salari, alle pensioni, ai servizi. La stessa ricetta, insomma, che la Grecia ha dovuto subire negli ultimi 5 anni e che ha ridotto il paese sul lastrico. Scaricando il peso del debito sul ceto medio, sui più poveri, sulle donne e sui giovani.

Su questo piano il governo di sinistra Syriza, guidato da Alexis Tsipras, ha cercato di trattare. Di spostare i tagli su altre voci che non fossero salari e pensioni. Questo, del resto, era scritto nel programma di governo con cui Syriza è salito al potere solo sei mesi fa. Ma da parte dell’Unione Europea e del Fondo Monetario non c’è stata alcuna disponibilità a trattare i termini dell’accordo.

Ora, a tutto questo la Grecia ha detto ‘No’, o meglio ‘Oxi’ come si dice no in lingua greca. Una piccola nazione sull’orlo del lastrico, dopo una settimana di banche chiuse, senza neanche il contante per poter fare la spesa, ha messo in gioco la struttura di potere su cui finora si è basata l’Unione Europea, e cioè la troika, i falchi dell’austerity, le politiche della Germania di Angela Merkel, le banche e i creditori.

Che ora potrebbero decidere di tutto. Espellere la Grecia dall’Euro, forse per un periodo transitorio che permetterebbe al paese di creare proprie politiche monetarie, anche se col veto della Grecia stessa questo sarebbe di fatto impossibile. Oppure la Grecia potrebbe ritrovarsi fuori dall’Unione Europea. L’Unione Europea potrebbe perfino decidere ora di non ascoltare il voto della Grecia, perché non è quello che hanno deciso loro, e lo scontro è ormai talmente aspro che sembra impossibile tornare a trattare.

Ma tutto questo non farebbe che portare ancora più allo scoperto ciò che emerge dal voto greco di oggi: la profonda ingiustizia, follia, debolezza politica dell’Unione Europea. Una unione che non si occupa minimamente dei suoi cittadini, che li aggredisce e spoglia di ogni avere. Un protagonista invisible e potente delle nostre vite, come il Fato degli antichi greci, spietato e incomprensibile.

Insomma, una Europa del più forte dove noi cittadini non contiamo nulla. È ora chiaro più che mai che così com’è l’Europa, ancor prima dell’Unione Europea o dell’Euro, non funziona. È servito un voto, un momento democratico, per stabilirlo. Contro tutte le previsioni, contro tutto il potere dei media, delle banche, della politica. Una grande vittoria di Syriza e di Alexis Tsipras, che ostacolati da tutti, hanno deciso da soli di intraprendere una strada coraggiosa e piena di rischi.

L’Unione Europea non può e non deve permettersi di buttare la Grecia fuori dall’Unione e dall’Euro. E comunque andrà ora la Grecia ci ha insegnato ancora una volta cosa è la democrazia, e come commenta il giornalista inglese di Channel 4 Paul Mason: “Per la prima volta nella storia dell’Eurozona si è manifestato il potere del popolo”.

Resta solo da capire se l’Europa dell’austerity, delle banche e della Merkel sarà capace di ascoltare. Perché il voto di oggi dice una parola sola: cambiamento. Qualcosa deve cambiare, l’Europa deve trattare, e punire la Grecia per questo voto, ora, sarebbe una grossa responsabilità, che ci porterebbe verso tempi bui e spaventosi, verso le destre nazionaliste, verso il crollo dell’Unione e della moneta, verso "si salvi chi può". Verso una direzione in cui, la Storia ci insegna, nasce la miseria, la paura, la guerra. Verso una direzione in cui non vogliamo proprio andare.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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