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Opinioni

Il successo di Salvini non è un caso, è il segno dei tempi

Tutti i sondaggi testimoniano il gradimento degli italiani nei confronti di Salvini. Le sue ultime uscite pubbliche evidenziano un legame coi cittadini che è difficile da interpretare secondo vecchie logiche. È il trionfo del salvinismo in tutte le sue forme: una ideologia aggressiva, dal respiro nazionalista-sovranista e conservatore, modellata sul “capitano” di una comunità in grado di mobilitarsi contro il nemico del momento (i burocrati, le elite, il PD, i radical chic, gli immigrati).
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“La Lega che va al raduno quest'anno è un partito che non è mai stato così forte, così organizzato. Non ha mai governato così tanti Comuni e Regioni. Se poi ci aggiungiamo anche il livello nazionale…”. Così Matteo Salvini, in una intervista all'AGI, aveva fatto capire perché quest'anno il raduno di Pontida avrebbe avuto tutto un altro sapore. Del resto, i sondaggi confermano che al momento la vera luna di miele è quella fra lui e gli italiani (più che fra il governo e gli italiani); da ministro dell'Interno sta dettando i tempi dell'agenda politica nazionale, da leader di partito è ogni giorno in televisione, sui giornali e sui social media, da vicepresidente del Consiglio si sta ritagliando un raggio d'azione amplissimo, che spazia dalla TAV al TAP, dalla legittima difesa alla politica internazionale. Nei giorni del disastro di Genova è riuscito dapprima a coprire il campo antieuropeista e sovranista, poi a passare per "il più ragionevole dei due", frenando (ma non troppo) sulla revoca della concessione ad Autostrade. Gli applausi ricevuti (assieme a Di Maio e Toninelli) durante i funerali di Stato per le vittime del crollo del Morandi sono sintomatici di un legame che si è rafforzato in questi primi mesi, in modo peraltro abbastanza prevedibile. Il sostegno e la capacità di uscire sostanzialmente indenne dal caso Diciotti, malgrado le palesi violazioni del diritto e della prassi, evidenziano come Salvini si stia spingendo "oltre" giorno dopo giorno, senza alcuna intenzione di fermarsi o assumere un atteggiamento "istituzionale".

C'è un altro elemento di soddisfazione per Salvini, centrale proprio in questi giorni di polemiche e mobilitazioni sul caso Diciotti: la crescita e il rafforzamento della sua community, che ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico ed è in grado di mobilitarsi con rapidità ed efficacia. Non c'è una discussione pubblica, su un caso di cronaca o di politica, che non sia in qualche modo elaborato e metabolizzato dal "popolo di Salvini", che sempre più spesso reagisce in modo compatto, dando vita a mobilitazioni volte a orientare il dibattito, a condizionarlo. Si è tanto parlato della comunicazione del Movimento 5 Stelle nella scorsa legislatura e in molti hanno sottolineato l'importanza della mobilitazione della community, in grado di diffondere messaggi con rapidità ma soprattutto di offrire una griglia di interpretazione all'interno della quale calare non solo il fatto, ma anche le risposte e le repliche degli avversari politici. Un esempio recentissimo di mobilitazione dei 5 Stelle è quella intorno all'aereo di Stato preso in leasing dal governo Renzi: la campagna è andata oltre il confine della community, l'uso dell'hashtag #AirForceRenzi ha indirizzato la discussione in modo determinante (legando indissolubilmente l'acquisto dell'aereo a un capriccio di Renzi), il riscontro è stato enorme e ha permesso di oscurare, almeno dal punto di vista comunicativo, le settimane di grande difficoltà vissute dal ministro Toninelli. Negli ultimi anni anche il PD ha provato ad attivare la propria comunità su temi specifici, cambiando molto dal punto di vista del linguaggio e della comunicazione (anche utilizzando meccanismi piuttosto discutibili), ma i risultati non sempre sono stati positivi, forse a causa della difficoltà nel far coesistere registri narrativi diversi in un partito ancora di tipo tradizionale.

L'approccio di Salvini è molto diverso, invece. Il leghista è colui che meglio interpreta il tempo dello spontaneismo, quello in cui autenticità e schiettezza hanno preso il posto tradizionalmente occupato da verità e competenza, quello in cui il buonsenso del politico conta più del parere dell'esperto, quello in cui la complessità è solo uno strumento di controllo da parte delle elite, il fare è più importante del riflettere e l'annuncio del cambiamento viene prima del cambiamento (un termine completamente svuotato di significato, del resto). La capacità di Salvini è stata quella di far evolvere questa proto-ideologia in ideologia vera e propria, attingendo alle riflessioni della destra sovranista e (in parte) di quella populista, ma anche a quelle di pensatori che sono fonte d'ispirazione per i movimenti neofascisti europei (i teorici della "grande sostituzione", ad esempio). Lo ha fatto recuperando e riutilizzando idee e tesi che per anni sono rimaste ai margini della discussione pubblica, per intrinseca debolezza o per ragioni più strettamente politiche, come il "prima gli italiani"e l'aiutiamoli a casa loro, o semplicemente piegando alle contingenze del momento storico le parole d'ordine della destra nazionalista e post-fascista, fino a integrarle nel tessuto "populista" della Lega delle origini. Il salvinismo è diventato così una versione riveduta e corretta dello spontaneismo: una ideologia aggressiva ed escludente, dal respiro nazionalista-sovranista e conservatore, modellata sul leader, in quanto capo (capitano) di una comunità in grado di mobilitarsi contro il nemico del momento (i burocrati, le elite, il PD, i radical chic, gli immigrati e via discorrendo). Ma anche un calderone in cui trova spazio di tutto: appropriazioni indebite di pensatori di sinistra (qui e qui qualche esempio), citazioni fasciste, suggestioni dell'alt-right statunitense, approccio "bomberista" e rifiuto del politically correct.

Per comprendere il perché questa ideologia abbia successo, però, è necessario considerare il contesto, ovvero qual è il mondo in cui Salvini si muove, quali sono le persone cui si rivolge, ma soprattutto qual è il tempo in cui predica. Siamo nell'epoca in cui sembra essersi compiuto un enorme processo di destrutturazione culturale, politica e sociale. Senza addentrarci troppo in una riflessione che richiederebbe altro spazio, diremmo che i processi storici, la fine delle grandi ideologie, la crisi economica, il pieno disvelarsi delle contraddizioni del capitalismo, la "finanziarizzazione delle esistenze", il cul de sac in cui è finito il mondo accademico, la progressiva perdita di incidenza della politica a vantaggio della mera amministrazione (con il conseguente deterioramento della "qualità" delle classi dirigenti), la crescita senza freni della disuguaglianza, ma anche fenomeni nuovi e ancora non compresi fino in fondo (l'incidenza della tecnologia, la contrazione del tempo, le forme di alienazione contemporanea), hanno determinato una perdita di riferimenti e un vuoto culturale, politico, ideologico che ognuno cerca di riempire come meglio può / sa. Siamo contemporaneamente nel tempo del trionfo dei mediocri, a tutti i livelli, per dirla con Deneault, ma anche in quello del trionfo del nichilismo tra gli esclusi, tra coloro che non riescono a trovare un posto nella società, che non hanno gli strumenti per collocare la propria esistenza e per determinarla, che non riescono più a pensare in termini di appartenenza (e qui c'è la tremenda responsabilità delle elite culturali, che non riescono più a leggere la realtà e dunque a incidere nei processi). Nel rifiuto, nella rabbia, nell'indignazione a comando è nata una nuova "radicalità", cui Salvini offre una via d'uscita, un porto sicuro.

La comunicazione e la linea politica di Salvini intercettano cioè una radicalizzazione pre-esistente, blandiscono cittadini che hanno attraversato un rapido processo di radicalizzazione e sono diventati insofferenti e ostili ai tecnicismi della politica e alla complessità della burocrazia. Il grosso inganno dell'intera operazione salviniana è proprio questo: la creazione di una comunità su misura per i "nuovi radicalizzati", la costruzione di un senso di appartenenza grazie a ondate di "odio targetizzato" e indignazione un tanto al chilo, il lavoro costante e continuo per mantenere alta la tensione, alto il livello di scontro. Un inganno che impedisce agli esclusi di riconoscere se stessi come "classe", impedisce agli ultimi di solidarizzare tra di loro, crea o approfondisce solchi laddove dovrebbe esserci comunanza. Il dualismo "italiani poveri, disoccupati o sottopagati" / migranti è l'esempio più perfetto di questa operazione: dove dovrebbe esserci naturale vicinanza e sostegno reciproco c'è contrapposizione, alterità, vero e proprio odio sociale.

Un'operazione che poggia su una consolidata strategia comunicativa. Bianchi su Vice ripercorre il cambiamento della linea comunicativa della Lega negli anni, fino ad arrivare al passaggio cruciale: "Per sfondare a livello nazionale, pertanto, Salvini e la Lega si mettono a martellare in maniera forsennata—giorno per giorno, post su post, rissa televisiva su rissa televisiva—su immigrazione, euroscetticismo, protezionismo economico, identità, tradizione, religione e sicurezza. Se si riavvolge il nastro degli ultimi anni, ci si accorge subito che Salvini e i suoi hanno messo il cappello praticamente ovunque: dalle barricate a Gorino alla legittima difesa, passando per i casi di cronaca in cui sono coinvolti migranti e l’ossessione per l’“ideologia gender.”

Una delle leve usate con maggiore incisività è quella della polarizzazione, come nota qui Pregliasco:

Proprio perché viviamo tempi nei quali meno persone partecipano in prima linea alla vita dei partiti, polarizzare paga. Bisogna individuare nemici, tangibili o simbolici, con i quali stabilire una dinamica oppositiva. Per Salvini è stato Alfano quand’era al Viminale, Renzi, la Fornero, è ora Saviano, lo spread, Macron, la nave della Ong, il richiedente asilo che lancia sassi sulle auto ma anche il magistrato (di sinistra?) che dopo pochi mesi lo mette in libertà. Recepire la comunicazione salviniana vuol dire recepire una costante dinamica oppositiva che polarizza lo scontro e individua antagonisti. […] Salvini polarizza perché sa che polarizzare gli consentirà di scatenare nicchie, di eccitare tifosi e attivisti di una e dell’altra parte, e così di dominare l’agenda.

Al servizio di questo progetto è il linguaggio, che risulta scarnificato, ridotto all’essenziale, in grado di ruotare ossessivamente intorno a pochi semplici concetti e a “emozioni” contrastanti. C’è un obiettivo chiaro, ben evidenziato da Piccinelli Casagrande su Wired: “Si fa abbassare la guardia al lettore facendo leva sulla rabbia e sulla paura, ma si suggerisce che, dando fiducia alla Lega, le cose andranno meglio […] Le emozioni negative sono un modo per attirare l’attenzione, ma è il sentiment positivo che porta un elettore dalla nostra parte. In parole più rudi, sentimenti negativi (paura in testa) ci fanno abbassare la guardia e ci fanno accettare messaggi che prima non avremmo condiviso che ci vengono confezionati con un sentiment positivo”.

Mark Turnbull, braccio armato di Cambridge Analytica, così riassumeva la filosofia che guidava le mosse della sua società in politica: “I due fondamentali vettori quando è il momento di recepire informazioni sono speranza e paura, molte volte ciò avviene in modo inconsapevole. Non sai di cosa hai paura finché non vedi qualcosa che semplicemente provoca quella reazione in te. Il nostro lavoro è calare il secchio nel pozzo più in basso di chiunque altro, per capire quali sono quelle paure profonde”. Anche Salvini cala il secchio nel pozzo, continuamente. E tira fuori rabbia, indignazione, disillusione, scoramento e nichilismo. Che già sono presenti all'interno del pozzo, certo più o meno in profondità, ma ci sono. In questa operazione è dunque possibile rintracciare le dinamiche "immaginate" da Breitbart, che punta a cambiare la politica cambiando la cultura, ovvero agendo a monte, sul sentire comune, sulla percezione diffusa. Un processo lento e costante, che mira a rendere “cool”  ciò che era inaccettabile e improponibile solo qualche anno prima.

Linguaggio e strategia che fanno presa su individui radicalizzati e (poiché) destrutturati culturalmente, ma che soprattutto finiscono per rafforzare quella che è la “nuova” (?) piattaforma ideologica della destra. Perché il progetto termina con la perfetta adesione della comunità salviniana all’ideolologia salviniana, nazionalista in politica estera, sovranista in politica economica, reazionaria sul piano dei diritti civili. Una ideologia, tra l'altro, perfettamente compatibile (e permeabile) con quella dell'estrema destra post-fascista, che per ora è alla finestra, in attesa di raccogliere le macerie che il progetto è destinato in ogni caso a lasciare. E, in effetti, il tema vero è capire come e quanto la propaganda e la comunicazione di Salvini siano funzionali alla "normalizzazione del fascismo" (un processo peraltro già a buon punto…), soprattutto considerando lo sdoganamento ai massimi livelli della politica e delle istituzioni di nazionalismo, sessismo e razzismo. E, del resto, è già abbastanza difficile distinguere la piattaforma politica leghista da quella delle forze di estrema destra (vero ministro Fontana?).

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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