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Genova: poliziotto uccide la moglie e le due figlie poi si toglie la vita

Un agente del reparto mobile di Genova ha compiuto la strage familiare. I corpi dell’uomo, della moglie e delle due figlie sono stati trovati stamattina all’alba.
A cura di Davide Falcioni
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Un agente di polizia di Cornigliano – quartiere di Genova – ha ucciso la moglie e le due figlie poi si è tolto la vita. La strage familiare si è consumata nella notte: i cadaveri delle quattro persone sono stati trovati questa mattina all'alba, nell’appartamento in cui la famiglia viveva in piazza Mario Conti. Sul posto è intervenuta una volante della polizia: sembrano non esserci dubbi sull'ipotesi dell'omicidio – suicidio. L’agente, di circa 50 anni, era un membro del reparto mobile della polizia ed operava nella caserma di Bolzaneto. Al momento sono sconosciute le ragioni del suo gesto.

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Il poliziotto si chiamava Mauro Agrosì e, stando alle prime informazioni trapelate, alle 6 e 30 di stamattina ha chiamato il 113 e detto: "Ho ucciso tutti, venite. Vi lascio la porta aperta". La moglie dell'uomo, Rosanna, aveva 49 anni, le figlie Martina e Giada 14 e 10 anni. Accanto ai cadaveri è stata trovata una lettera con le motivazioni del folle gesto: "Troppi problemi, preferisco portarle con me", avrebbe scritto. L'uomo, sostengono gli inquirenti, avrebbe negli ultimi tempi accumulato debiti di gioco: il poliziotto, secondo quanto emerso dalle indagini, era un giocatore compulsivo di lotterie istantanee ma i debiti accumulati non sarebbero stati tali, secondo gli inquirenti, da giustificare quanto successo. Per questo si sta anche cercando di ricostruire la vita familiare della coppia, soprattutto il rapporto tra l'assassino e sua moglie.

Agrosì ha utilizzato la pistola d'ordinanza: a quanto pare, per non far udire i colpi, avrebbe coperto l'arma con un cuscino ed esploso i colpi mentre la moglie e le figlie dormivano. L'agente lavorava nel sesto reparto mobile di Bolzaneto come tecnico informatico dal momento che, da tempo,  aveva deciso di non rivestire più ruoli operativi. I colleghi poliziotti l'hanno descritto come una persona tranquilla che non aveva mai mostrato atteggiamenti che potessero lasciar presagire quanto accaduto.

Domani Agrosì sarebbe dovuto rientrare a lavoro dopo un periodo di riabilitazione a cui si era sottoposto in seguito a un intervento a un ginocchio. Secondo le ipotesi avanzate dagli inquirenti, il rientro in servizio dell'agente avrebbe potuto causare una caduta nella trappola del gioco visto che secondo le testimonianze di alcuni colleghi Agrosì usciva molto spesso dalla caserma per andare in una vicina tabaccheria per acquistare biglietti di lotterie istantanee. Il poliziotto alla fine degli anni  '80 era stato investito da un camion mentre era sull'auto di servizio e ricoverato in coma all'ospedale. L'uomo era riuscito a riprendersi dall'incidente, ma subì un nuovo trauma: il suicidio di un fratello che si tolse la vita buttandosi dalla finestra di casa.

La moglie e le figlie del poliziotto potrebbero esser state sedate prima di essere uccise. È una delle ipotesi al vaglio del pm Emilio Gatti che coordina le indagini e che ha disposto l'autopsia sui corpi. Secondo quanto appreso, Agrosì aveva chiesto un prestito in banca facendo la cessione del quinto dello stipendio. Non si sa se la cifra chiesta, che ancora non è stata quantificata, servisse per ripianare debiti di gioco o semplicemente per la ordinaria gestione dell'economia familiare. “Quello che emerge – ha detto il procuratore capo Cozzi – è la concezione di indispensabilità di se stesso. L'idea che non sia concepibile che moglie e figlie potessero vivere senza di lui”.

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