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Reddito, welfare, beni comuni: l’Europa riparte da qui?

Il vecchio continente visto da Sinistra: contrapporre una gestione comunitaria di lavoro, sanità e beni essenziali al decisionismo centralizzato di Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Ugo Mattei, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto e Maurizio Landini ci spiegano come passare da un modello basato sulla produttività a uno incentrato sulla democrazia sociale.
A cura di Enrico Nocera
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Beni comuni per l'Europa

Crescita economica ed equità sociale: due concetti spesso citati in coppia ma non sempre in accordo. L’Europa si trova in uno dei momenti più difficili della sua storia, dove all’unione monetaria determinata dall’introduzione dell’euro non è conseguita una politica economica comune dei governi, con istituzioni non elette, come la Banca Centrale Europea (cui la Banca d’Italia aderisce con il 12,50 percento del capitale versato), preposte a prendere decisioni fondamentali per la popolazione: manovre sui tassi d’interesse connessi ai prestiti bancari, acquisti e vendite di beni e prodotti finanziari, operazioni sui cambi, decisioni sulla politica monetaria internazionale, nonché il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno dell’area euro. Il tutto in totale indipendenza dalle istituzioni politiche. Il concetto, tradotto in poche parole, è questo: le decisioni fondamentali in materia economica vengono prese da un’istituzione non eletta dai cittadini. Una “crisi della rappresentanza”, come la definisce Ugo Mattei, che non ha precedenti nella storia dell’Unione. L’opposizione a tale sistema si gioca nella rete dei beni comuni, nelle comunità di cittadini che, in queste settimane, tentano di darsi una regola condivisa e una grammatica comune per comunicare fra di loro e all’esterno i cambiamenti in atto per uno Stato che, in definitiva, sia fondato sul welfare e sulla solidarietà sociale. Come farlo ce lo spiega Ugo Mattei, professore di diritto civile e diritto internazionale all’Università di Torino e all’Università della California, a San Francisco.

CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI – Mattei cita la distribuzione del reddito, più che la sua produzione, come tematica principale da affrontare. Aspetto che si collega direttamente al mondo del lavoro, stretto fra le tenaglie della crisi e dell’austerity imposta dai governi europei, primo fra tutti l’asse franco-tedesco di Sarkozy e Merkel, per non parlare della situazione greca, dove i 130 miliardi per ripagare i bond in scadenza hanno spinto il Paese nel baratro della catastrofe sociale. La crescita economica e la riduzione del debito avverrebbero, così, a scapito dei lavoratori, il cui “valore” sarebbe misurato solo sulla produttività. Privatizzazioni e deregulation sembrano diventare la regola di un neoliberismo ancora più avanzato, dove il mercato sarebbe libero di autoregolarsi fra domanda e offerta, dove i diversi interessi in gioco si bilancerebbero in modo naturale, senza interventi particolari da parte delle istituzioni. Al quadro dipinto dal premier Monti e dai principali leader continentali, si oppone la gestione “comunitaria” dei principali prodotti e servizi, anche finanziari. La proposta della Sinistra italiana è riassumibile in questi punti: riformare il sistema del credito, non più appannaggio dei privati ma delle comunità locali, regionali e nazionali; mettere un freno alle privatizzazioni mascherate da liberalizzazioni e che danno vita a soffocanti oligopoli (il settore Rc Auto è uno di tali esempi); mettere fine all’indipendenza politica della Bce; mettere al centro il lavoro dell’individuo e non la produttività astratta. In poche parole, ancora una volta: riformare lo stato sociale. Queste le opinioni espresse, ai nostri microfoni, da Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, e Oliviero Diliberto, segretario nazionale dei Comunisti Italiani.

LA LOTTA DEI SINDACATI – La critica di Ferrero, predecessore di Sacconi e Fornero al dicastero del Welfare e del Lavoro, è molto dura, arrivando a evocare persino i fantasmi del fascismo. Solo in quell’epoca storica, riflette il segretario di Rifondazione, i lavoratori non erano liberi di riunirsi e scegliere il sindacato che preferivano. Cosa che, a conti fatti, sta accadendo alla Fiat, in particolare nello stabilimento di Pomigliano: i dipendenti iscritti alla Fiom-Cgil, secondo le denunce degli stessi militanti, vengono continuamente vessati dal management, costretti a turni massacranti, senza pause e senza garanzie mediche contro gli infortuni. Siamo quindi andati a sentire l’opinione di Maurizio Landini in proposito. Il segretario nazionale della Fiom sottolinea come il modello Marchionne ci allontani dagli standard europei, volgendo lo sguardo ai modelli aziendalisti statunitensi.

UNA NUOVA DEMOCRAZIA SOCIALE? – Tirare le fila del discorso significa parlare di tre temi: solidarietà sociale, democrazia e lavoro. Tre esempi che ci dimostrano come il discorso sui beni comuni sia ben lontano dall’essere un concetto astratto. L’Unione Europea, nelle intenzioni di chi propone modelli alternativi di crescita, equità e sviluppo, può diventare laboratorio di sperimentazione per nuove forme di collettività, cittadinanza e pratica politica, che partano dalle associazioni riunite su scala comunale, regionale e nazionale. Il progetto è solo all’inizio: documenti ufficiali e statuti non sono ancora stati elaborati. Le intenzioni di fondo sono comunque chiare: ridare la sovranità al cittadino più che a uno stato-nazione soggetto alle politiche monetarie di soggetti non eletti (Bce e Fondo Monetario Internazionale). L’Italia, dopo decenni, vuole nuovamente proporsi come laboratorio di pratiche politiche che siano d’esempio per tutto il continente.

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