Re Carlo e l’imbarazzante scoperta del Guardian: i suoi antenati comprarono e sfruttarono schiavi
Mancano ormai pochi giorni all'incoronazione del re del Regno Unito, ma sulla monarchia inglese continuano ad addensarsi le ombre degli scandali. Dopo le rivelazioni del principe Harry, la scoperta di vecchi documenti da parte della drammaturga Desirée Baptiste riaccende la discussione sul rapporto tra la Corona inglese e lo sfruttamento degli schiavi.
Le carte dalla grafia ordinata e obliqua riportano la data 1686 e dettano a un capitano della Royal African Company (RAC) le istruzioni di consegna di 200 schiavi in una piantagione di tabacco in Virginia. Il destinatario di questo carico umano è Edward Porteus, diretto antenato della regina madre Elizabeth Bowes-Lyon, e di conseguenza anche del futuro re britannico, Carlo III. L'albero genealogico della casata Windsor, quindi, è strettamente intrecciato con il fenomeno della schiavitù.
La recente scoperta non è però un fulmine a ciel sereno: solo poche settimane fa, infatti, sempre il Guardian aveva pubblicato dei documenti trovati dalla studiosa Brooke Newman che provavano l'esistenza di accordi economici tra la casata dei Windsor ed Edward Colston, noto commerciante di schiavi originario di Bristol.
In particolare, nel 1689 l’allora re Guglielmo III investì £1,000 in azioni, diventando governatore della Royal African Company – compagnia che in 60 anni avrebbe trasportato oltre 185,000 schiavi, dei quali 24,000 erano bambini. Non è perciò azzardato ipotizzare che almeno parte della fortuna realizzata dal monarca – che dopo pochi anni avviò la costruzione di Kensington Palace, ancora oggi una delle principali dimore reali inglesi – possa provenire dal commercio di esseri umani, fatti schiavi e venduti oltreoceano.
Eppure, mentre a Bristol la statua dedicata a Colston è stata abbattuta dai manifestanti nel 2020, durante l’ondata di proteste guidata dallo slogan Black Lives Matter, quella di Guglielmo III ancora spicca nel giardino di Kensington Palace. Si tratta di un discorso più ampio: sebbene negli ultimi anni la Corona inglese abbia mostrato una maggiore apertura al dialogo e al riconoscimento, almeno parziale, delle responsabilità dei propri avi relativamente allo sfruttamento e alle violenze nelle ex colonie (nella sua visita ufficiale in Giamaica, nel 2022, il principe William aveva espresso “profound sorrow” per i crimini della schiavitù), questa non si è mai tradotta in pubbliche scuse, né tantomeno in un risarcimento finanziario.
“Il sovrano ha preso la questione profondamente sul serio”, riporta un comunicato di Buckingham Palace. Per il momento, la reazione del futuro re è stata quella di mettersi al servizio degli studiosi e di garantire il pieno accesso ai documenti custoditi negli Archivi e nella Collezione reale. Che sia un primo passo verso una reale resa dei conti o un ennesimo tentativo di mettere rapidamente a tacere le polemiche?