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Barcellona, furgone travolge la folla nella Rambla

Marta, un anno dopo Barcellona. Solidarietà per dare un senso alla tragedia

17 agosto 2017, attentato di Barcellona. Marta Scomazzon, vicentina, è una dei sopravvissuti. Un miracolo “a metà”, perché su quella Rambla la ventiduenne perde il fidanzato Luca Russo. Un anno dopo la ragazza cerca di dare un senso all’immane tragedia attraverso la solidarietà: “Vorrei che da questo dramma ne uscisse qualcosa di buono e migliore, per tutti”.
A cura di Paola Gazziola
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Camicetta a fiori, infradito, una cascata di ricci e due occhi grandi che guardano al futuro, che guardano verso le grandi capitali d’Europa, magari a servizio di una organizzazione umanitaria. Chissà. Ma "facendo un passo alla volta", perché il passato, invece, non è ancora davvero tale: c’è un furgone bianco che arriva all’improvviso alle sue spalle e butta a terra come birilli tanti corpi ignari e probabilmente felici, perchè stanno passeggiando su una delle famose Ramblas di Barcellona, perché è il 17 agosto, le vacanze e l’estate non sono ancora finite. Qualcuno però ha deciso di togliere loro anche il presente. L’attentato, rivendicato dall’Isis, farà 16 vittime, quasi un centinaio di feriti. Fra loro Marta Scomazzon, 22 anni, partita da Bassano del Grappa, nel vicentino, verso la città catalana soltanto 4 giorni prima. Con lei il fidanzato Luca Russo, 25 anni, ingegnere, una delle vittime italiane dell’attentato.

"Continuo a non ricordare molto dell’incidente – spiega Marta –, se non di un poliziotto, che mi ha presa in braccio e portata all’interno di un negozio". Un anno dopo l’attentato, Marta è riuscita a guarire le ferite riportate a un braccio, a una gamba e alla schiena, "non ancora quelle dell’anima, o psicologiche, come si suol dire. Ma il tempo, mi dicono, farà anche questo". Marta continua ad essere seguita da una psicologa, entrata in campo da subito, da quel triste ritorno a casa. Quasi un’ombra in quei giorni, scanditi dalle cure e dai preparativi all’ultimo addio al "Piccolo principe Luca", in una chiesa gremita e in una comunità intera che piangeva uno dei suoi ragazzi. Il lutto era entrato in ogni casa della città. "Mi sono sentita abbracciata anch’io dalla gente, ho apprezzato le dimostrazioni d’affetto verso Luca, del tutto inattesa la grande fiaccolata in suo ricordo. Sono stati dei momenti importanti". Anch’essi utili nella ricerca di una motivazione a quanto accaduto: "Sto cercando di dare un senso a quanto mi è successo. In verità non l’ho ancora trovato. L’attentato mi ha portato via tanto. Posso solo augurarmi, in fondo al cuore, che tutto questo ci conduca, un giorno, a qualcosa di migliore. Forse la raccolta fondi per l’Africa– nel nome di Luca – serve proprio a questo".

Da un anno Marta sta donando offerte all’associazione Dario Bonamigo, che sta costruendo scuole per infermieri in Kenia. "Vorrei tanto che da questa tragedia ne venisse qualcosa di buono, di migliore. Per tutti". Ce la sta mettendo tutta, Marta. In un anno trascorso "anche troppo velocemente", tra il canto nel coro Giovani voci di Bassano, l’impegno in parrocchia, ma soprattutto la laurea in Scienze politiche e l’inizio della magistrale in studi europei. Perché se Marta se n’è rimasta a casa durante quest’anno, tornerà sicuramente a viaggiare, cittadina d’Europa, fiera dei principi che l’hanno fondata. "Mi spiace molto che si stiano un po’ perdendo. Dobbiamo cercare invece di coltivarli ancor di più". Nessuna divisione, nessun muro, libertà di circolazione. L’attentato non ha per nulla intaccato i suoi ideali.  Però "no, a Barcellona non ci sono più tornata e ancora non me la sento. Io e la famiglia di Luca siamo state invitate a una celebrazione di ricordo, ma non è il momento. Un giorno, più in là, ci tornerò. Ora no". Ora ci sono la raccolta fondi e le iniziative che vogliono ricordare Luca. Una è proprio un’idea di Marta: a settembre verrà piantumato un albero, a Bassano, a ricordo del suo Piccolo principe. Un luogo dove simbolicamente "poterlo andare a trovare".

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