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Libia, al-Sarraj si ritira dai colloqui di Ginevra dopo raid su Tripoli. Onu: “Situazione fragile”

“Sospesi i colloqui militari di Ginevra fino a quando non saranno presi provvedimenti contro l’aggressione e contro le sue continue violazioni”: così il governo di Fayez al-Sarraj ha deciso di ritirarsi dal vertice dopo il raid a opera del generale Khalifa Haftar sul porto di Tripoli. E l’Onu avverte: “Situazione fragile, continue violazioni delle tregua rendono complicato il dialogo tra le due parti”.
A cura di Annalisa Girardi
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Il governo libico di unità nazionale (Gna), presieduto da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha deciso di "sospendere i colloqui militari di Ginevra fino a quando non saranno presi provvedimenti contro l'aggressione e contro le sue continue violazioni". Al-Sarraj ha lasciato la commissione militare riunita nella città svizzera sotto la guida dell'Onu dopo "i continui raid sulle capitale e sulle sue strutture vitali che vanno a paralizzare la vita della popolazione" compiuti dalle truppe del generale Khalifa Haftar.

I colloqui militari 5+5 dovevano monitorare la tregua, come deciso in seguito alla conferenza di Berlino: ieri però l'esercito nazionale libico (Lna) di Haftar ha lanciato un raid sul porto di Tripoli, causando la morte di tre civili e ferendone altri cinque. È la prima volta che il generale della Cirenaica colpisce il porto della capitale libica. L'inviato speciale dell'Onu, Ghassan Salamè, parla di una "situazione fragile" e di una tregua che viene costantemente violata anche se, "il principio del cessate il fuoco non è stato rinnegato da nessuna delle due parti e il processo politico sta cercando di farsi strada".

L'embargo alle armi in Libia e il controllo dell'Ue

Tuttavia, precisa Salamè, se la tregua continuerà ad essere trasgredita, diventa sempre più difficile "pensare a un dialogo e un negoziato tra le due parti". L'inviato dell'Onu ha quindi sottolineato la necessità di controllare l'efficienza dell'embargo sulle armi. A Bruxelles i 27 Paesi dell'Unione europea hanno effettivamente lanciato una nuova missione, in sostituzione di Sophia, per controllare che non entrino armi in Libia. Dal momento che la missione Sophia scadrà il prossimo 20 marzo e non sarà più ripristinata, verrà sostituita da una missione militare, navale e aereo-satellitare, che si occuperà di contrastare il traffico di armi in Libia: lo ha anticipato lo scorso 17 febbraio Josep Borrell, l'Alto rappresentante dell'Ue, prima del Consiglio affari esteri sulla Libia.

"Dal 19 gennaio ci sono state violazioni dell'embargo sulla vendita di armi alla Libia e sull'invio di mercenari", ha continuato Salamè. Da parte sua, il Gna si mostra scettico sulla possibilità di un effettivo funzionamento del quadro proposto da Bruxelles sull'embargo delle armi: "Il piano dell'Ue per  vietare il flusso di armi in Libia fallirà nella sua forma attuale, in particolare sulle frontiere terrestri e aeree nella regione orientale". Il governo di Tripoli, hanno proseguito funzionari fedeli ad al-Sarraj, "ha ripetutamente chiesto per anni la rigorosa attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza che hanno vietato il flusso illegale di armi nel nostro Paese".

Le implicazioni di Russia e Turchia

"La Turchia continua a restare dalla parte del governo legittimo della Libia a Tripoli. Se un accordo giusto non potrà essere raggiunto attraverso i negoziati internazionali, sosterremo la legittima amministrazione della Libia nel prendere il controllo dell'intero Paese": lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, intervenendo al parlamento di Ankara. Erdogan ha anche affermato che "l'Unione europea non ha alcuna autorità per prendere una decisione sulla Libia", in riferimento alla nuova missione per garantire l'embargo sulle armi. Ankara rimarca quindi la sua posizione contro il generale Haftar e il peso delle proprie politiche regionali nel Mediterraneo.

Cresce anche l'influenza della Russia, mostratasi decisiva sin dall'inizio del conflitto: "La riunione di Monaco ha confermato l'impegno della comunità internazionale per attuare le conclusioni della conferenza di Berlino, l'unica via possibile per la soluzione della crisi in Libia è quella politica. Il ruolo di Mosca sarà fondamentale per produrre un atteggiamento costruttivo e moderato tra le due parti", ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

A Roma, invece, si è svolto un incontro bilaterale tra i ministeri di Esteri e Difesa italiani e russi: "La Russia comprende pienamente la legittimità delle cause che spingono l'Italia a riportare ordine in Libia e a bloccare l'ingresso delle armi", ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, al termine dell'incontro. Il ministro di Mosca ha quindi aggiunto: "Voglio sperare che si arrivi a una soluzione pienamente soddisfacente per tutti con il rispetto delle prerogative del consiglio di sicurezza dell'Onu". Il titolare della Farnesina, da parte sua, ha aggiunto: "Se riusciamo a bloccare l'ingresso delle armi in Libia, le due parti cominceranno ancora di più a dialogare".

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