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Opinioni

Kaia, la bimba di 6 anni arrestata per un calcio. Negli Usa quasi 30mila minori in manette

Kaia Rolle, una bimba di 6 anni con problemi legati a disturbi del sonno, è stata arrestata per aver dato un calcio ad una compagna in una scuola elementare a Orlando, in Florida. E’ stata ammanettata e portata nel centro di detenzione giovanile. Il caso ha fatto scoppiare la polemica e l’agente di polizia è stato licenziato. Negli Usa, secondo le statistiche diffuse dall’Fbi, tra il 2013 e il 2017 sono stati arrestati quasi 30mila bambini al di sotto dei 10 anni.
A cura di Mirko Bellis
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Kaia Rolle, la bimba di 6 anni arrestata nella sua scuola elementare a Orlando, in Florida
Kaia Rolle, la bimba di 6 anni arrestata nella sua scuola elementare a Orlando, in Florida

Kaia Rolle, una bimba di 6 anni, è stata trattata come una criminale per essersi comportata male in classe. Il 19 settembre, la piccola, che soffre di disturbi del sonno ed è sotto medicamento, ha dato un calcio ad una sua compagna nella scuola elementare Lucious e Emma Nixon Academy a Orlando, in Florida. Tanto è bastato perché venisse arrestata da Dennis Turner, un’agente di polizia incaricato della sicurezza nell'istituto. La bimba è stata condotta in manette al centro di detenzione giovanile della città, dove è stata schedata con tanto di impronte digitali e foto segnaletica. E non è stato l’unico arresto di quel giorno: anche un altro alunno di 6 anni della stessa scuola è stato portato via ammanettato da Turner, un ufficiale in congedo con un passato di abusi sul proprio figlio.

Meralyn Kirkland, la nonna di Kaia, ha raccontato lo sconcerto provato quando è stata avvisata dalla scuola. “Cosa vuol dire che è stata arrestata?”, ha chiesto Kirkland al telefono. “C’è stato un incidente e la bimba ha dato un calcio a qualcuno – la risposta – è stata incriminata ed è già per strada [verso il carcere]”. “Nessun bambino o bambina di 6 anni – ha commentato la nonna – dovrebbe poter dire di essere stato ammanettato e seduto in una macchina della polizia per essere portato in un centro giovanile dove gli hanno preso le impronte digitali… e fatto foto segnaletiche”.

Dennis Turner, l'agente che ha arrestato Kaia, è stato licenziato dal dipartimento di polizia di Orlando
Dennis Turner, l'agente che ha arrestato Kaia, è stato licenziato dal dipartimento di polizia di Orlando

Il caso ha fatto scoppiare la polemica negli Usa. L’agente Turner, in concedo dopo 23 anni passati nella polizia di Orlando, è stato immediatamente sospeso. L’ufficiale, infatti, non ha rispettato il protocollo previsto per gli arresti di minori di 12 anni, per cui è sempre necessaria l’autorizzazione di un superiore. Una violazione che alla fine gli è costata il licenziamento in tronco. Orlando Rolon, il capo della polizia, si è detto dispiaciuto per quanto accaduto alla piccola Kaia. “Siamo rimasti tutti inorriditi – ha dichiarato – è inconcepibile l'idea che un bambino di 6 anni sia messo su un'auto della polizia”. “A nome mio e dell'intero dipartimento di Orlando chiedo scusa ai bambini coinvolti e alle loro famiglie”. “Come nonno di tre nipotini – ha aggiunto Rolon – posso solo immaginare quanto sia stato traumatico per tutti i soggetti coinvolti”. Sulla vicenda è intervenuta anche Aramis Ayala, procuratrice distrettuale della Florida. Ayala, nel corso di una conferenza stampa, ha assicurato che Kaia e l’altro minore non subiranno alcun processo e che del loro arresto non rimarrà registro.

Bryce, arrestato a 10 anni per una pallonata

Devin è stato arrestato nel 2017 per aver litigato con un compagno e colpito l'insegnante. Il bimbo di 9 anni soffre di autismo (Inside Edition)
Devin è stato arrestato nel 2017 per aver litigato con un compagno e colpito l'insegnante. Il bimbo di 9 anni soffre di autismo (Inside Edition)

Negli Usa, tuttavia, la detenzione di bambini per futili motivi non è così singolare. Nel luglio scorso, Bryce, di 10 anni, è stato arrestato per aggressione aggravata dopo aver tirato una palla in faccia a un altro bambino nel cortile di una scuola di Detroit. L’accusa è stata poi ritirata e non ci sono state conseguenze penali per il piccolo.  In agosto, a Kansas City, nel Missouri, un altro bimbo di 7 anni con problemi di udito è stato ammanettato per essersi rifiutato di recarsi nell'ufficio del preside. In quell'occasione, un giudice della Corte d’appello aveva stabilito che la misura era stata “ragionevole” e non erano stati violati i diritti del minore. Questi sono solo alcuni dei casi più recenti balzati alle cronache. Resta il fatto che negli Stati Uniti il numero di bambini arrestati è impressionante.

Negli Usa quasi 30mila bambini finiti in manette 

Bimbo di 7 anni portato via in manette a Miami nel gennaio 2018 (WPLG)
Bimbo di 7 anni portato via in manette a Miami nel gennaio 2018 (WPLG)

Secondo i dati sulla criminalità diffusi dall'Fbi (Federal Bureau of Investigation), tra il 2013 e il 2017, i minori di 10 anni finiti in manette sono stati circa 30mila. Il numero sale alle stelle per la fascia di età tra i 10 ed i 12 anni: quasi 230mila. Per capire come sia possibile che così tanti bambini vengano arrestati è necessario ricordare che negli Usa 34 Stati che non hanno un'età minima per la delinquenza minorile, mentre la maggior parte degli altri ha fissato l'età a 10 anni. In 24 Stati, inoltre, non esiste un'età minima per trasferire i casi di delinquenza minorile ad un tribunale penale per adulti.

Il numero di reati commessi da minori negli Usa è comunque in diminuzione, dopo un picco registrato negli anni ’90. Oggi rappresentano solo una piccola parte del totale dei crimini commessi. Arresti come quello di Kaia non stupiscono Lisa Thurau, a capo di Strategies for Youth, un ente senza fini di lucro impegnato proprio nella formazione delle forze dell’ordine su come gestire i casi che vedono coinvolti bambini e adolescenti. “La maggior parte dei dipartimenti di polizia – afferma Thurau – non ha alcun protocollo su come affrontare questi giovani e quindi la conseguenza è che li trattino come dei piccoli adulti”. “L’intervento della polizia deve considerare il trauma che può causare ed essere appropriato, senza pregiudizi razziali”. “Se vogliamo continuare a trattare i bambini in questo modo – conclude la direttrice della Ong – è meglio pensare a quali saranno le conseguenze, soprattutto se vogliamo veramente fermare la violenza”.

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