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Iran, dalla voce televisiva all’eco delle urne

A quattro giorni dal voto una campagna elettorale uniforme ha visto pochi colpi di scena dopo quello dell’esclusione dei candidati forti Rafsanjani e Mashaie.
A cura di Enrico Campofreda
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Anche i candidati alle presidenziali iraniane non possono fare a meno del Grande Fratello per mostrarsi e divulgare i programmi. Dai tre dibattiti televisivi degli ultimi giorni di campagna elettorale qualche spunto è venuto fuori, ma soprattutto si sono evidenziati i tratti psicologici degli otto pretendenti allo scranno che Ahmadinejad dovrà lasciare. Tranquilli, calibrati e in linea col gioco mass-mediologico due conservatori (Qalibaf e Velayati) e con loro Jalili, intellettuale fedele agli ayatollah. I tre hanno evidenziato à plomb di fronte a una domanda su quale fosse la migliore qualità di un politico che ricopre la carica presidenziale: onestà, esperienza, moderazione. Al contrario il quesito irritava il riformista Reza Aref che, esibendo poca dimestichezza coi meccanismi di comunicazione e audience, l’ha contestato perdendo probabilmente consensi. Meno polemico, ma sempre indisponibile ad argomenti “fuorvianti” il conservatore Mohsen Rezai. Risposte vere o furbizie davanti allo schermo? Il giudizio agli spettatori-elettori.

Altri contenuti del confronto vertevano su questioni economiche e politiche che, per la gioia della Guida Suprema, hanno trovato tutti concordi nel condannare l’avventurismo personalistico del presidente uscente. I più pragmatici sono apparsi i conservatori Qalibaf e Velayati sostenendo come il Paese dovrà far fronte a bisogni diffusi fra i giovani: lavoro e abitazione e riacquistare credito verso la comunità internazionale. Sui temi economici si sono spesi anche Aref che ha ricordato come, al di là degli ostacoli posti dall’embargo occidentale, il Paese abbia bisogno di emanciparsi dal ramo petrolifero quale asse centrale delle sue esportazioni, e Hassan Rowhani. Per quest’ultimo economia fa rima con occupazione, quella giovanile diventa fondamentale per la credibilità e stabilità della nuova amministrazione. Rowhani, l’unico fra gli otto pretendenti a vestire i paramenti sciiti, è un intellettuale utile alla diplomazia per formazione, cultura e ampia padronanza linguistica.

Nel 2009 ha toccato con mano l’impatto della protesta dell’Onda verde contro il sistema del velayat-e faqih (il governo clericale) sebbene si spinse a criticare la feroce repressione poliziesca e basij contro i manifestanti. Alcune agenzie lo danno favorito al pari di Aref, fra loro ci sarebbe un testa a testa. Invece per altri il riformista non dovrebbe avere avversari, non lo impensierirebbe neppure il rodato e astuto sindaco di Teheran Qalibaf. Ma gli exit-poll basati sulle intenzioni di voto nella situazione iraniana potrebbero essere falsati. E sulle vere falsificazioni e i brogli sono puntati gli sguardi degli osservatori internazionali; fra un’ampia fascia d’indecisi il primo dato sarà quello di verificare il numero di votanti e astenuti. Un dissenso simbolico viene diffuso dal sito anti ayatollah United4Iran, promosso da rifugiati iraniani negli Usa. Per protesta sostiene la candidata virtuale Zahra non è ammessa alla competizione in quanto donna. Zahra è la protagonista di un fumetto: madre del giovane Mehdi sparito dopo le manifestazioni del 2009. Un richiamo a una recente realtà che al momento non incide sull’elettorato del voto, forse su un’opposizione costretta a regredire alla virtualità.

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