In Siria Assad torna a parlare: “Non negoziamo con chi usa violenza”

Bashar al Assad, presidente di un Paese dove gli orrori si succedono da oltre 22 mesi e dove si registra la perdita di almeno 60mila persone, è tornato a parlare oggi alla Nazione. Lo ha fatto con un discorso trasmesso in diretta televisiva durante il quale ha sottolineato le sue intenzioni. Assad ha detto che non negozierà con chi usa la violenza e con quelli “che sono dietro questi fantocci”: così il presidente fa ben capire che il suo esercito continuerà a usare la forza contro quelli che da tempo definisce ormai come dei “terroristi”. Terroristi e criminali legati ad Al Qaeda, “nemici del popolo e di Dio”: “La chiamano rivoluzione, ma non ha nulla a che vedere con essa. Una rivoluzione ha bisogno di pensatori, ma questo è un branco di criminali”. E allo stesso tempo il presidente siriano si appella a una mobilitazione nazionale per combattere contro gli estremisti. Assad ha anche annunciato che in Siria, per risolvere la crisi, sarà creata una Conferenza nazionale per redigere una nuova Costituzione che sarà sottoposta a referendum e che poi ci saranno le elezioni politiche.
Il discorso sottolineato dagli applausi dei sostenitori – “Siamo disponibili – ha detto Assad – a dialogare con partiti, individui che non vendono il loro Paese agli stranieri”. E il presidente non intende aspettare che altri trovino una soluzione al conflitto che, lo ripete, non è tra governo e opposizione ma tra nazione e nemici del Paese. Per Assad, ai “terroristi”, alcuni dei Paesi confinanti forniscono armi. Il presidente, nel corso del suo discorso, ha anche voluto ringraziare “Russia, Cina e Iran per il sostegno” al suo governo e ha spiegato che non ha alcuna voglia di piegarsi, che resteranno sovrani. Il discorso del presidente da Damasco, sottolineato dagli applausi dei suoi sostenitori, era molto atteso e al termine Assad è stato avvicinato dai suoi che circondandolo hanno cantato slogan come “Solo Dio, Siria e Bashar”. Nel frattempo però non si sono arrestate le violenze: secondo quanto riporta l’Osservatorio per i diritti umani, i ribelli si sono scontrati con l’esercito nella provincia meridionale di Daraa.