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Emergenza umanitaria a Idomeni, la nuova giungla d’Europa

13mila persone vivono nella tendopoli di Idomeni in attesa che la rotta balcanica venga riaperta.
A cura di Davide Falcioni
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La foto ha fatto il giro del mondo e potrebbe forse essere descritta con uno straordinario verso di Fabrizio De André: "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori". Un uomo e una donna tengono in braccio un neonato completamente nudo fuori dal campo di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, dove migliaia di migranti attendono da settimane di poter varcare il confine e proseguire il loro viaggio in Europa. Il bambino – o la bambina – viene lavato con una bottiglia d'acqua su un terreno fangoso, mentre alle spalle altri due bambini in una tenda osservano curiosi e felici. Chissà se quel neonato avrà la possibilità di vivere in un luogo più dignitoso, oppure se anche in questi giorni di maltempo sarà costretto a rimanere nella tendopoli sorta spontaneamente nei pressi di un campo di registrazione: qui 13mila persone sono in attesa di poter varcare il confine e continuano a sperare, malgrado le lentezze e la macchinosità con cui le istituzioni europee stanno gestendo una situazione di evidente emergenza.

Ieri l'ennesimo allarme sulla condizione dei migranti di Idomeni è stato lanciato dal commissario europeo Dimitris Avramopoulos. "La crisi umanitaria raggiunge il suo culmine in Grecia. Gli Stati membri accettino con urgenza i ricollocamenti", ha detto il diplomatico. In effetti la situazione è al collasso nella penisola ellenica, mentre nel resto d'Europa si assiste a un inqualificabile attendismo: 500 richieste di ricollocamento dalla Grecia non hanno ancora ricevuto una risposta. E' quanto emerge dagli ultimi dati che le autorità di Atene hanno comunicato a quelle di Bruxelles. Da settembre solo 885 persone sono state ricollocate, mentre Avramopoulos vorrebbe un ritmo di almeno 6mila al mese. Da vari Stati membri, come Ungheria e Slovacchia, le offerte di accoglienza ad oggi sono pari a zero.

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