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Bielorussia, il racconto degli orrori della repressione: “Manifestanti stuprate e torturate”

Una giovane donna racconta a Fanpage.it gli orrori delle proteste in Bielorussia, suo paese natale. Da agosto, migliaia di persone manifestano tutti i giorni contro il regime del presidente Aleksandr Lukašenko, in carica dal 1994 grazie a un sistematico controllo dei media e a una continua repressione delle opposizioni. La polizia spara proiettili di gomma contro la folla e i manifestanti che finiscono in prigione vengono picchiati e stuprati.
A cura di Daniela Brucalossi
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“Le persone arrestate durante le manifestazioni in Bielorussia vengono stuprate, picchiate, torturate e private di qualsiasi diritto”. Per una giovane dottoressa di 27 anni non è facile raccontare gli orrori che avvengono quotidianamente nel suo amato paese natale. Quando sette anni fa è venuta a studiare in Italia non si era resa conto che il suo sarebbe stato un trasferimento definitivo. Perché, in Bielorussia, essere giovani e sognare una società libera e democratica dove costruirsi un futuro è diventato ormai impossibile. È così da quando nel 1994 il presidente Aleksandr Lukašenko ha dato il via a un governo illiberale che soffoca i più elementari diritti democratici. Da allora, il presidente ha vinto ogni elezione grazie a un sistematico controllo dei media e a una continua repressione delle opposizioni. Le proteste di piazza contro il regime sono definitivamente esplose dopo la tornata elettorale del 9 agosto scorso, nelle quali Lukašenko ha subito una sconfitta disastrosa che non ha voluto ammettere, annunciando invece di avere conseguito la vittoria con l’80% dei voti. La giovane racconta a Fanpage.it il cuore drammatico e resiliente delle proteste bielorusse.

Molti manifestanti vengono arrestati. Che violenze subiscono in prigione?
Alcuni raccontano di essere stati spogliati, picchiati e stuprati. O minacciati di stupro. Altri sono usciti di prigione con lividi e fratture. Succedono cose orribili: le guardie li fanno sdraiare per terra e camminano sopra i loro corpi.  Ma le persone arrestate non vengono sottoposte solamente a violenze fisiche: gli impediscono di parlare con il proprio avvocato, di uscire in cortile durante l’ora d’aria, tolgono loro il materasso e le fanno dormire sulla rete metallica del letto. Ad agosto, un mio amico è finito in prigione dopo la protesta: è diabetico e, dopo l’arresto, non ha avuto accesso all’insulina, che è un farmaco salvavita. Quando l’hanno rilasciato, è stato ricoverato d’urgenza in un reparto di rianimazione: è quasi finito in coma. Inoltre, nelle prigioni scoppiano molti focolai di Covid perché i detenuti sono in sovrannumero nelle celle e nessuno utilizza dispositivi di sicurezza.

Cosa succede quando la polizia interviene per sopprimere una manifestazione?
Oltre alle percosse, i poliziotti usano ripetutamente proiettili di gomma e granate contro i manifestanti. Il quotidiano online Mediazona è riuscito ad avere accesso ai dati sulle proteste raccolti dal nucleo investigativo della Bielorussia: solo tra agosto e settembre le persone che hanno subito violenze durante le proteste sono 1373 e, tra di loro, 92 hanno riportato ferite dovute a proiettili e granate. Almeno dieci manifestanti sono morti.

Tu hai partecipato alle proteste?
Sì, una volta che sono tornata a Minsk a trovare la mia famiglia. Anche i miei amici e parenti partecipano spesso e la maggior parte di loro ha passato dei giorni in prigione. La mia matrigna, che è dottoressa in un reparto di terapia intensiva a Minsk, va sempre dopo il lavoro insieme ai suoi colleghi. Mio padre è l’unico che resta a casa per poi andarli a prendere in auto quando la manifestazione si disperde, perché quello è il momento in cui è più facile essere arrestati: tutti si mettono a correre per sfuggire alle forze dell'ordine. Dalle elezioni di agosto, quando sono iniziate le proteste, la vita per i bielorussi è diventata una battaglia costante ed estenuante. Oltre alla solita grande manifestazione della domenica, si tengono altre forme di protesta più piccole ogni giorno della settimana.

Ad esempio?
In alcuni momenti della giornata, i bielorussi fanno quelle che vengano chiamate “catene di solidarietà”: improvvisamente chi cammina per strada si ferma e rimane immobile, anche per un’ora. Oppure ci sono le proteste di natura economica: come non pagare le tasse, scioperare e persino evitare di acquistare determinati prodotti al supermercato. Alcuni manifestanti hanno creato un’app che permette di scannerizzare il codice a barre degli articoli in vendita e, in pochi secondi, sapere se l’azienda che li ha prodotti è pubblica o privata, se supporta Lukashenko oppure no.

Com'è la vita quotidiana sotto un governo come quello di Lukashenko?
Significa che i tuoi diritti sono costantemente minacciati. I processi non sono equi e la Bielorussia è l’unico paese in Europa in cui è ancora in vigore la pena di morte. La libertà di parola non è neanche contemplata. I media che non appartengono allo Stato sono pochissimi e costantemente a rischio. Inoltre, esprimere in pubblico un cattivo giudizio su Lukashenko è pericoloso: non sai mai cosa ti potrebbe accadere. Sotto il suo governo, sono sparite tante persone. E si dice “sparite” e non “uccise”, perché anche solo pensarlo fa paura. Per questo vivere in Bielorussia negli ultimi 26 anni ha significato provare un terrore costante per la polizia. Anche prima dell’inizio di queste manifestazioni, si poteva venire arrestati per un qualunque motivo: per aver partecipato a un evento organizzato da una ong straniera, aver tenuto in mano la bandiera della Bielorussia indipendente pre Lukashenko o anche solo aver camminato per strada con un gruppo numeroso di amici, poiché queste riunioni possono sembrare delle manifestazioni. Nel 2011 il governo ha proibito gli applausi in pubblico perché, in quel periodo, erano il simbolo delle "proteste silenziose". Io spero solo, un giorno, di poter ritornare in una Bielorussia nuova e libera, che noi giovani potremo ricostruire.

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