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Pensioni, ipotesi uscita anticipata a 62 anni ma con taglio dell’assegno: come funzionerebbe

Con la fine della quota 100, prevista per il 31 dicembre 2021, il governo e il ministero del Lavoro stanno pensando a un nuovo anticipo pensionistico. L’ipotesi al momento considerata più credibile è quella di un’uscita dal mondo del lavoro a 62 anni, ma con una penalizzazione sull’assegno previdenziale.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il rinnovo della quota 100 sembra da escludere. Ma l’esigenza di evitare uno scalone dovrebbe portare il governo a pensare a una nuova misura di anticipo pensionistico. Da mettere in campo dall’inizio del 2022. La trattativa tra ministero del Lavoro e sindacati riprenderà a settembre, con l’obiettivo di pensare al mondo delle pensioni post-quota 100. Si riparte dall’età: 62 anni per chi vuole andare in pensione in anticipo. Un requisito minimo che nella quota 100 era abbinato al versamento di almeno 38 anni di contributi. Ma che potrebbe variare nella nuova riforma. I sindacati proponevano di prevedere la pensione di vecchiaia a 62 anni o quella anticipata con 41 anni di contributi.

Pensioni, la proposta del ministero

Al ministero le due ipotesi sembrano non piacere. E per ora si stanno studiando strade diverse. No alla quota 41 per tutti, ma possibile un’apertura alla pensione a 62 anni. Non senza una penalizzazione per chi decide di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro. L’idea di un assegno con taglio servirebbe per coprire i costi della riforma, facendoli ricadere su chi decide di anticipare il pensionamento. Una mossa che servirebbe, comunque, per evitare lo scalone di cinque anni per l’accesso alla pensione che si verrebbe a creare tra il 31 dicembre 2021, ultimo giorno per la quota 100, e il primo gennaio 2022.

Pensione anticipata a 62 anni ma con taglio assegno

È il Messaggero a riportare l’ipotesi che sta valutando ora il ministero, in attesa dell’incontro con i sindacati. L’idea è quella di una pensione anticipata a 62 anni (da stabilire, ancora, con quanti anni di contributi versati), ma rinunciando a parte dell’assegno. Il taglio potrebbe corrispondere a una cifra attorno al 3% del montante contributivo per ogni anno d’anticipo. Arrivando quindi a un taglio massimo del montante del 15%, se paragoniamo l’uscita a 62 anni a quella prevista tradizionalmente a 67 anni. Una cifra che andrebbe a incidere sul trattamento pensionistico portando a una riduzione circa del 5%. Secondo le prime stime, questa misura potrebbe interessare circa 150mila persone l’anno.

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