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La Saras di Moratti sotto inchiesta: così il petrolio dell’Isis sarebbe arrivato in Italia

Il petrolio dei terroristi del Daesh in Italia, precisamente a Cagliari, nelle raffinerie della Saras. Lo rivela La Repubblica, parlando di dodici milioni di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40% dalla famiglia Moratti di indirizzare il mercato, grazie a prezzi d’acquisto molto vantaggiosi, frodando il fisco italiano per 130 milioni.
A cura di Biagio Chiariello
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Sull’inchiesta aperta nei confronti della Saras di Massimo Moratti, raffineria petrolifera che cha sede in Sardegna, a Sarroch, è concentrata l’edizione odierna di Repubblica. Secondo il quotidiano il petrolio del sedicente Stato Islamico (ISIS) sarebbe arrivato nell'isola tra il 2015 e il 2016 con venticinque navi e 12 milioni di oli minerali, che avrebbero consentito alla società controllata per il 40% dalla famiglia dell’ex presidente dell’Inter di indirizzare il mercato grazie a prezzi d'acquisto favorevoli. Con annessa frode per il fisco italiano di qualcosa come 130 milioni di euro e finanziamento della jihad attraverso i terroristi di Daesh.

L'indagine è partita lo scorso 30 settembre quando la procura antiterrorismo sarda ha perquisito gli uffici della Saras a Cagliari e a Milano: indagati dai pm Guido Pani e Danilo Tronci i vertici dell'azienda dal Cfo Franco Balsamo al capo dell'ufficio commerciale Marco Schiavetti. Le ipotesi di reato vanno a vario titolo dal riciclaggio al falso, per finire ai reati tributari.

Dalle carte emerge che a muovere il carico di petrolio sarebbe stata la Petraco Oil company, società con sede legale a Londra e con la sua principale filiale operativa a Lugano. Questa avrebbe acquistato "gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini", che a sua volta aveva comprato il carico da un'azienda turca che avrebbe fatto carico in Iraq. Nel mirino della GdF ci sono diversi bonifici partiti dalla Saras: circa 14 miliardi girati verso la Petraco Oil company e altri soldi verso una serie di società gemelle, compresa la Edgewaters. In particolare, dalle Isole vergini partono tre tranche di pagamento finite sotto l'attenzione degli investigatori: la prima di 217 milioni di dollari verso una società turca, la Powertrans, che secondo i documenti avrebbe dovuto fornire il petrolio; nei documenti c'è però anche un pagamento di 4 miliardi verso il ministero dell'Economia e delle Risorse naturali del governo federale curdo, mentre nella filiale tedesca di Unicredit è emersa un'operazione da 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo.

Un giro d’affari che ha spinto i magistrati ad ipotizzare che la proprietà del petrolio non fosse più curda, ma dell'Isis: le indagini delle Fiamme Gialle hanno infatti chiarito che la Edgewater è "una società di comodo" off shore di proprietà della Petraco. L’ipotesi è quindi che il carico non sia passato probabilmente mai dalla Turchia (come risulta), ma che sia arrivato direttamente dall'Iraq (e non gestito dall'ente petrolifero di stato iracheno, "l'unico autorizzato dal diritto internazionale") per poi essere mosso prima i curdi e poi dopo i terroristi di Daesh.

Sempre su La Repubblica in edicola oggi c'è anche la replica della Saras: "Il nostro comportamento è stato inappuntabile. Nessun illecito: abbiamo fornito tutta la documentazione alla magistratura, a cui ribadiamo fiducia e collaborazione".

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