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Ecco cosa accadrà dopo il voto in Gran Bretagna del 23 giugno

Credit Suisse fa il punto di quelli che sono gli scenari più probabilli sia a livello finanziario sia politico a seconda dell’esito del referendum del 23 giugno in Gran Bretagna sulla permanenza o uscita dall’Unione europea…
A cura di Luca Spoldi
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Mancano meno di 24 ore al referendum britannico sulla permanenza o uscita del Regno Unito dall’Unione europea e mentre i mercati si mettono alla finestra in attesa del risultato, il Credit Suisse in una nota sintetizza le possibili conseguenze del voto. Se vincerà il “leave” (ossia la “Brexit”) l’economia del Regno Unito rischia di cadere in recessione, quella di Eurolandia di rallentare nuovamente e per limitare i danni sia la Bank of England (BoE) sia la Banca centrale europea (Bce) potrebbero allentare ulteriormente la politica monetaria, mentre lo stress politico sarebbe elevato in Gran Bretagna, ma i mercati si concentrerebbero soprattutto sulle crescenti tensioni nei paesi del Sud Europa.

All’opposto, in caso di vittoria del “remain”, vi sarebbe una residua tensione politica in Gran Bretagna, la cui economia dovrebbe però recuperare forza dopo un primo semestre dell’anno deludente, mentre la crescita di Eurolandia continuerebbe ad essere guidata dalla crescita della domanda interna. In questo caso la BoE e la Bce rimarrebbero alla finestra per il resto dell’anno, sempre che l’inflazione in qualche modo inizi a ripartire in Europa, visto che già ieri Mario Draghi si è detto nuovamente “pronto” a utilizzare qualsiasi strumento “nell’ambito del mandato” (uno di questi sta per essere utilizzato in ogni caso: da stamane le banche europee hanno iniziato a inviare le richieste per l’asta Tltro di venerdì che fornirà liquidità a 4 anni a tassi tra lo zero il -0,4%, nel caso di incrementi dei prestiti all’economia reale) per riavvicinarla al 2% annuo considerato il livello desiderabile di crescita dei prezzi al consumo.

In queste ultime settimane, notano gli esperti del Credit Suisse, la correlazione tra l’andamento delle scommesse sui diversi scenari di mercato e l’appetito globale di rischio è stata straordinariamente elevata, cosa che suggerisce “un movimento immediato, grande ed estremamente correlato sia verso i beni rifugio sia verso gli asset a rischio una volta che sarà noto l’esito del voto”. In particolare, la vittoria del “leave” potrebbe far crollare l’appetito per il rischio, provocando una rapida fuga dagli asset a rischio (azioni, obbligazioni societarie, sterlina) a vantaggio dei beni rifugio come oro, franchi svizzeri o titoli di stato americani. Non solo: in caso di “Brexit” vi sarebbe una elevata incertezza politica oltre che economica e finanziaria.

Due i punti che segnalano gli esperti di Credit Suisse: il margine di vittoria, specie nel caso della “Brexit” conterà molto per capire la dinamica delle mosse successive. Più ampio il margine, più rapide saranno le decisioni successive, mentre una vittoria risicata della “Brexit” rallenterebbe il successivo processo di distacco e offrirebbe ulteriori occasioni di ripensamento che potrebbero alla fine far rimanere comunque il Regno Unito all’interno dalle Ue (visto che in ogni caso si parla di un distacco che non avverrebbe prima di due anni dal voto, dovendosi rinegoziare tutti gli accordi sottoscritti con la Ue sia in ambito economico sia politico).

Gli analisti giudicano la cosa improbabile per ora, ma se la Gran Bretagna dovesse chiedere l’attivazione dell’articolo 50 dei Trattati Ue (che regola il recesso volontario e unilaterale di un paese dalla Ue) subito dopo l’esito del voto, in caso di vittoria della “Brexit”, sarebbe un passaggio molto significativo, che metterebbe subito in moto i negoziati necessari a definire l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue che comunque avverrebbe 24 mesi dopo l’invio di una comunicazione formale dell’esito del voto e dell’intenzione di avvalersi di tale articolo da parte del premier britannico Cameron al presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

Se in teoria le conseguenze sembrano delinearsi già ora in modo lineare e il processo successivo al voto poter essere rapido, qualunque sia l’esito della consultazione, nella pratica le cose potrebbero andare molto più per le lunghe a seconda, tra l’altro, che lo stesso Cameron resti in carica o si dimetta, che vengano o meno indette elezioni politiche, che il governo che dovesse formarsi successivamente sia favorevole all’uscita o alla permanenza nella Ue del Regno Unito, che gli eventuali termini degli accordi negoziati con la Ue in caso di vittoria della “Brexit” vengano sottoposti a un secondo referendum e ovviamente degli esiti di questa eventuale nuova consultazione popolare.

Ne deriverebbe probabilmente una confusione non inferiore a quella attuale, “conseguenza non desiderata” dell’aver voluto giocare ai piccoli disgregatori di unità anziché essersi impegnati a migliorare le regole di funzionamento di un’unione che resta molto criticabile ma appare tuttora la meno peggiore tra tutti gli scenari possibili per l’economia e la società del vecchio continente.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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