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Opinioni

Dove vanno a finire i nostri soldi (INFOGRAFICA)

Quanto e come spendiamo per missioni ed obiettivi strategici? Come è cambiata la spesa pubblica negli ultimi anni? E soprattutto, cosa pesa davvero sul bilancio dello Stato? L’immigrazione? Il Lavoro? La ricerca scientifica? (Niente di tutto ciò, ovviamente)
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È il Servizio del bilancio del Senato della Repubblica a presentare un interessante riassunto dell’andamento della spesa pubblica per missioni, pagamenti e stati di previsione del bilancio dello Stato dalla sua introduzione fino al 2014. Uno strumento fondamentale per capire in che modo impieghiamo le risorse, quali sono le scelte politiche (e le eventuali differenze) dei Governi che si sono avvicendati in questi anni e quali i settori in cui investiamo in maniera significativa. Cominciamo col dire che le missioni “rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica”, possono essere comuni a diversi ministeri, mentre la loro attuazione è demandata a programmi specifici che tecnicamente rappresentano “aggregati omogenei di attività svolte all'interno di un singolo ministero (in pratica c’è un unico centro di responsabilità amministrativa per i singoli programmi, ndr) per perseguire obiettivi definiti nell'ambito delle finalità istituzionali”. Da 5 anni il numero delle missioni è fermo a 34 ed ogni missione può avere anche più di 10 programmi di attuazione.

Da una prima analisi dei dati emerge come la spesa per le missioni sia passata dai 730 miliardi di euro del 2008 agli 825 miliardi di euro del 2014, impegnando somme che variano dal 44,7% del Pil del 2008 fino al 50,7% del 2014. La voce più rilevante di spesa è sempre rappresentata dal debito pubblico, che assorbe nel 2014 il 39,8% delle spese finali e divora il 20,2 se confrontato al Pil: nello specifico si tratta di 328 miliardi di euro, con un aumento rispetto al 2013 di circa 35 miliardi di euro. Tra le voci più incidenti sulla spesa vi sono “relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (trasferimenti a Regioni ed enti locali, in cui rientrano anche le spese per la Sanità), che assorbono il 14,75% del totale; a seguire la spesa per le politiche previdenziali (11,3% del totale), poi le politiche economico – finanziarie e di bilancio (8,3%). Esemplificando:

 

Si tratta ovviamente di dati noti, ma è comunque interessante notare come nel periodo considerato le voci di spesa che hanno subito tagli maggiori sono “la missione Istruzione universitaria (-19,9 per cento in media con un picco pari a -83,6 per cento nel 2010 e una riduzione cumulata pari al 119 per cento in sei anni), la missione Fondi da ripartire (-14,5 per cento in media con un picco pari a -51,8 per cento nel 2011 e una riduzione cumulata pari all'87 per cento in sei anni) e la missione Ricerca e innovazione (-12,17 per cento in media, -73,03 per cento in termini cumulati)”. Su quest’ultimo punto è interessante notare come, mentre tutti (ma proprio tutti) i Governi che si sono succeduti considerassero la ricerca e l’innovazione come “un punto centrale” del loro programma e come una leva di sviluppo imprescindibile, negli anni la situazione sia sostanzialmente peggiorata costantemente (discorso simile per quel che concerne l’istruzione universitaria). Ecco, per capirci:

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Cresce la spesa per le politiche del lavoro, ma stiamo parlando di una quota molto marginale del totale: paradossale se si considera che si tratta della prima emergenza in un Paese con il 13,2% di disoccupazione e con il 46% di disoccupazione giovanile (certo, considerando che sul comparto “lavoro” concorrono anche altre voci di spesa, pensiamo ad esempio a quelle per la competitività delle imprese).

Merita una considerazione anche la questione “immigrazione”, la “causa di tutti i mali” secondo certa propaganda politica. Ecco, al momento spendiamo lo 0,1 percento della spesa in percentuale al prodotto interno lordo per l’intero comparto di immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti: la cifra complessiva è di 1,6 miliardi di euro. Attenzione, spendiamo “complessivamente” tale cifra, per tutto ciò che concerne l’accoglienza, la gestione dei flussi, i rapporti con le altre confessioni religiose, la garanzia dei diritti, gli interventi per lo sviluppo della coesione sociale, interventi in favore dei minori stranieri non accompagnati. E pensare che secondo qualcuno “solo” Mare Nostrum ci costerebbe 1,2 miliardi di euro…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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