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Legittimazione a impugnare il matrimonio contratto dall’incapace

La Cassazione del 28.2.2018 n. 4653 ha affermato che il coniuge incapace di intendere o di volere, non interdetto, è il titolare esclusivo del potere di decidere se impugnare il proprio matrimonio (art. 120 cc), diversamente il matrimonio dell’interdetto può essere impugnato da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo. La trasmissibilità dell’azione di impugnazione del matrimonio agli eredi ex 127 cc è una eccezione e si deve escludere la possibilità di una interpretazione estensiva o analogica dell’art. 127 cc.
A cura di Paolo Giuliano
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La mancanza di capacità d'agire

La volontà delle parti contrattuali è un requisito essenziale del contratti e dei negozi giuridici in generale. Questo comporta che un vizio della volontà (dall'errore all'incapacità) determina l'invalidità dell'atto posto in essere.

Uno dei requisiti di validità degli atti negoziali è la presenza (al momento della stipula dell'atto) della capacità d'agire delle parti. L'incapacità d'agire – di solito – è sanzionata con l'annullabilità dell'atto posto in essere dall'incapace.

L'incapacità può essere distinta in due aree: l'incapacità di fatto o non dichiarata ufficialmente (incapacità di intendere o volere 428 cc) oppure l'incapacità dichiarata ed accertata ufficialmente (inabilitazione, interdizione, amministratore di sostegno).

L'incapacità e il matrimonio

Anche il matrimonio (in quanto atto giuridico) può essere contratto da un soggetto incapace, il legislatore è cosciente di questa eventualità e regola l'azione per il matrimonio contratto dall'incapace in una serie di articoli 119, 120 e 127 cc.

Gli articoli 119 e 120 cc regolano il matrimonio contratto da persona dichiarata incapace e da persona di fatto incapace (cioè in assenza di accertamento di incapacità).

Gli articoli 119 e 120 cc anche se regolano la sorte del matrimonio contratto da persona incapace (incapacità dichiarata o meno) hanno  un punto in comune, nel senso che in presenza di matrimonio contratto da incapace, il matrimonio non può più essere impugnato se dopo la cessazione dello stato di incapacità  c'è stata la coabitazione dei coniugi per un anno.

La sanzione che colpisce il matrimonio contratto da un incapace

Il codice non individua la sanzione (nullità o annullabilità) del matrimonio contratto da un incapace, però, qualificando come una convalida, il fatto che il matrimonio  non può essere più contestato se eliminata la causa dell'incapacità c'è stata coabitazione per un anno, si dovrebbe dedurre che la sanzione applicabile è l'annullabilità.

Soggetti legittimati a impugnare il matrimonio contratto da  un soggetto incapace

Come si è detto, il codice, anche regolando la sorte del matrimonio contratto da un soggetto incapace, non è chiarissimo nell'individuare il soggetto legittimato a chiedere l'annullamento del matrimonio per incapacità.

Infatti, l'art. 119 cc stabilisce che soggetti che possono impugnare il matrimonio: l'interdetto dopo la revoca dell'interdizione, il tutore dell'interdetto, il pubblico ministero e coloro che hanno un interesse ad avere l'annullabilità del matrimonio (si pensi ad un erede che per la propria quota di eredità in presenza di un matrimonio valido).

L'art. 120 cc, invece, individua lo stesso incapace come (unico) soggetto legittimato a chiedere l'annullamento del matrimonio, escludendo altri soggetti anche interessati, (basta pensare al figlio dell'incapace che si vede ridurre la quota dell'eredità per la presenza di un nuovo matrimonio del padre). E, come se non bastasse, l'art. 127 cc stabilisce che l'azione per impugnare il matrimonio contratto dall'incapace non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.

Interpretazione restrittiva dell'art. 120 cc e la trasmissibilità agli eredi dell'azione per impugnare il matrimonio ex art. 127 cc

Il matrimonio dell'incapace di intendere o volere non può essere impugnato dagli eredi in quanto, ai sensi dell'art. 127 cod. civ., gli eredi sono ammessi ad impugnare il matrimonio contratto da uno dei coniugi che sia affetto da vizi della volontà (artt. 122 e 123 cod. civ.) o da incapacità di intendere e volere (art. 120 cod. civ.) solo nel caso in cui l'azione sia stata già esercitata dal coniuge il cui consenso o la cui capacità di intendere e volere risulti viziata.

L'azione è dunque trasmissibile agli eredi qualora il giudizio sia "già pendente alla morte dell'attore".

La giurisprudenza afferma che la trasmissibilità dell'azione di impugnazione del matrimonio costituisce una eccezione al principio del carattere personale della stessa – a sua volta riflesso della natura di atto personalissimo del matrimonio – e che pertanto si deve escludere la possibilità di una interpretazione estensiva o analogica dell'art. 127 cod. civ.

Il coniuge incapace di intendere e di volere, non interdetto, è il titolare esclusivo del potere di decidere se impugnare il proprio matrimonio (art. 120 cod. civ.), diversamente il matrimonio dell'interdetto può essere impugnato "da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo", oltre che dal tutore e dal pubblico ministero (art. 119 cod. civ.).

Prevalenza delle norme speciali in materia di matrimonio (120 cc e 127 cc) sull'a norma generale prevista per l'incapacità di intendere o volere ex art. 428 cc

Nella medesima prospettiva di ricostruzione storico sistematica della disciplina dettata dagli artt. 117 e ss. cod. civ., si ritiene esclusa anche l'importazione in ambito matrimoniale dell'art. 428 cod. civ., che disciplina il regime di impugnazione degli atti negoziali compiuti da persona incapace di intendere e volere, trovando applicazione le norme speciali in tema di invalidità del matrimonio, le quali, tra l'altro, non danno rilevanza allo stato soggettivo dell'altro coniuge, a differenza di quanto previsto per i contratti il cui annullamento presuppone la malafede dell'altro contraente, a norma dell'art. 428 cod. civ. (Cass. 30/06/2014, n. 14794, con ampi richiami).

A ciò si deve aggiungere che, ai sensi dell'art. 125, cod. civ., l'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei coniugi.

Cass., civ. sez. II, del 28 febbraio 2018, n. 4653

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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