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Opinioni

Le conseguenze della controversa natura giuridica della comunione de residuo

La Cassazione del 3.7.2015 n. 13760 ha stabilito che la banca, ritenendo che con lo scioglimento della comunione legale si verificasse la sopravvenuta cointestazione di tutti i cespiti per la comunione de residuo 177 e 178 c.c. ha coerentemente applicato la clausola negoziale, (presente nel contratto di conto corrente), secondo la quale in presenza di contestazioni dei contestatari del conto o del deposito, il Banco deve pretendere, per la riscossione, il concorso di tutti cointestari; quindi, la banca, constatata l’opposizione di uno dei cointestatari, ha legittimamente trattenuto gli importi in contestazione, in attesa del definitivo accertamento giudiziale relativo alla loro appartenenza integrale e parziale alla comunione de residuo.
A cura di Paolo Giuliano
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L'art. 191 cod. civ. stabilisce che il regime patrimoniale della comunione legale tra i coniugi (non applicabile alle famiglie di fatto) si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.

L'art. 191 c.c. non indica espressamente la morte di uno dei coniugi tra le cause che determinano lo scioglimento della comunione legale ma è opinione consolidata che la mancanza sia dovuta esclusivamente alla superfluità della previsione dal momento che la morte determina lo scioglimento del matrimonio, ovvero il verificarsi di una causa di scioglimento della comunione.

Lo scioglimento della comunione legale determina due effetti: 1) al regime dei beni in comunione legale, si sostituisce la comunione ordinaria (1100 c.c.), 2) alcuni beni che prima della fine della comunione legale erano considerati beni personali (e, quindi, di esclusiva proprietà e disponibilità di uno dei due coniugi), cadono nella c.d. comunione de residuo, cioè sono considerati comuni tra i due coniugi, cioè si istaura una sorta di comunione (ma non durante il matrimonio o durante la vigenza del regime della comunione legale tra i coniugi, ma dopo che si è verificata la fine del matrimonio o dopo che si è verificata la fine del regime della comunione legale tra i coniugi).

La comunione de residuo riguarda soltanto alcuni beni elencati sub lettere b) e c) dell'art. 177 cod. civ., (si tratta dei frutti di beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione e dei proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati) e nell'art. 178 cod. civ. (i beni destinati all'esercizio dell'impresa, costituita dopo il matrimonio e gli incrementi di quella costituita anteriormente ad esso).

E' opportuno sottolineare che non tutti i beni "personali" ab origine cadono in comunione de residuo, ma cadono in comunione de residuo solo i beni indicati negli art. 177 lett. b – c  e 178 c.c.

Per comprendere meglio la situazione basta pensare al conto corrente sul quale nel corso della propria vita (e durante il matriminio)  uno dei coniugi ha sempre versato il proprio stipendio e che può essere definito bene personale (di propreità esclusiva di uno dei coniugi e sul quale uno dei coniugi ha la piena disponibilità), dopo la fine del matrimonio (per un motivo qualsiasi) o al momento della fine della comunione legale tra i coniugi, diventa ex lege comunione de residuo, questo significa che il 50% degli importi presenti sul conto diventano  proprietà dell'altro coniuge.

Le conseguenze della comunione de residuo sono notevoli, infatti,  in caso di morte di uno dei due coniugi (e scioglimento del matrimonio e del regime della comunione legale) in successione mortis causa non cade l'intero conto corrente, ma solo il 50% (poiché l'altro 50% è del coniuge ancora vivente); inoltre, l'esecuzione forzata sul conto corrente può essere eseguita solo sul 50% degli importi e non sull'intero conto. Infine gli eventuali rimborsi tra i coniugi per le spese fatte durante la comunione non devono considerare la comunione de residuo. Eventuali contestazioni dei creditori dei coniugi (anche in sede di accordi di separazione) non possono riguardare la comunione de residuo in quanto è un effetto ex lege dello scioglimento della comunione lege e non è basato sulla volontà dei coniugi.

Se il problema fosse limitato solo all'esistenza della comunione de residuo, sarebbe un bel vantaggio, in quanto occorrerebbe solo prendere atto della norma, in realtà occorre anche considerare se la comunione de residuo è una vera e propria comunione (sui beni) o fa sorgere a favore dell'altro coniuge solo un diritto di credito avente ad oggetto un valore pari al 50% dei beni caduti in comunione. In altre parole, una tesi ritiene che si formi ex lege una situazione di contitolarità dei diritti e dei beni che cadono nella comunione de residuo, l'altra che si determini una situazione di natura creditizia da azionare nei confronti del coniuge (o del suo erede come nella specie) in posizione di uguaglianza con gli altri eventuali creditori.

La prima tesi ha il pregio di corrispondere maggiormente al tenore letterale delle norme (art. 177 e 178 cod. civ.) che affermano rispettivamente "costituiscono oggetto della comunione" e "si considerano oggetto della comunione) e di essere condivisa dalla prevalente giurisprudenza di legittimità. In questo modo, viene esattamente identificato il limitato perimetro dei beni e crediti che entrano nella comunione de residuo senza porre in discussione che si tratti di una vera e propria comunione, assoggettata a solo a diverso regime temporale quanto al suo verificarsi.

L'altra opzione ermeneutica (sorta soprattutto in materia societaria, per le conseguenze derivanti dal diventare contitolare di una quanto sociale) ritiene che la comunione de residuo abbia natura di diritto di credito, in quanto, se così non fosse, si determinerebbero conflitti rispetto ai terzi e intralcio nello svolgimento di attività d'impresa. Questa tesi evidenzia le criticità della prima opzione in particolare rispetto alla comunione de residuo che si determina ex art. 178 cod. civ. in ordine ai beni destinati all'esercizio dell'impresa. Ecco, che si afferma che in tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, il credito (della comunione residuo ex art. 178 c.c.) verso il coniuge socio di una società di persone, a favore dell'altro coniuge in comunione "de residuo", è esigibile al momento della separazione personale, che è causa dello scioglimento della comunione, ed è quantificabile nella metà del plusvalore realizzato a tale momento, consentendosi altrimenti al coniuge-socio di procrastinare "sine die" la liquidazione della società o di annullarne il valore patrimoniale.

Le conseguenze pratiche delle due opzioni sono notevoli, basta pensare al conto corrente.

La tesi della comunione reale, permette all'altro coniuge di accedere al conto corrente per ottenere il 50% in comunione de residuo (anche se il conto non è cointestato)

La tesi del diritto di credito, non permette all'altro coniuge di accedere al conto corrente per ottenere il 50% in comunione de resudo, ma ha solo il diritto di chiedere all'altro coniuge (o ai suoi eredi) il pagamento del valore di quanto caduto nella comunione de residuo.

Cass., civ. sez. I, del 3 luglio 2015, n. 13760 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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