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Cacciare di casa il coniuge è reato: lo ha stabilito la Cassazione

La sentenza della Suprema Corte riguarda una coppia siciliana: lei era tornata a vivere con i genitori e lui non l’aveva più fatta rientrare. Non poteva farlo, per lui la condanna è confermata.
A cura di Susanna Picone
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La sentenza della Suprema Corte riguarda una coppia siciliana: lei era tornata a vivere con i genitori e lui non l’aveva più fatta rientrare. Non poteva farlo, per lui la condanna è confermata.

Un coniuge non può escludere l’altro dalla casa di famiglia. Se lo fa incorre in un reato. È quanto deciso dalla quinta sezione penale della Cassazione che ha confermato la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Palermo a un uomo di 51 anni ritenuto responsabile di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie. L’uomo aveva cacciato la moglie di casa, da qui il reato di violenza privata, si era però difeso dicendo che la coniuge era tornata a vivere insieme ai suoi genitori. Insomma, non era stato lui a cacciarla ma piuttosto lei a tornare dai suoi per cui la casa era “in uso” solo dell’uomo anche senza provvedimenti stabiliti da un giudice. Ma la sentenza della Suprema Corte depositata oggi non deve aver tenuto conto di quanto detto da lui: si legge, infatti, che “la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di tornare, né il marito poteva escluderla dalla casa coniugale”. Insomma, la casa di famiglia resta di entrambi, anche quando l’amore finisce.

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