Se il corsetto di Marco Mengoni vi distrae dalla sua musica abbiamo un problema

Marco Mengoni ha tenuto il primo concerto del tour negli stadi al Maradona di Napoli: uno show pensato come un’opera greca, pieno di musica, messaggi espliciti e impliciti, come l’abbigliamento. Ecco perché lo show di Marco Mengoni va oltre le critiche sul corpetto.
A cura di Francesco Raiola
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Mengoni allo stadio Maradona di Napoli col corsetto
Mengoni allo stadio Maradona di Napoli col corsetto

Durante il concerto di Marco Mengoni allo stadio Maradona di Napoli, il primo del suo tour negli stadi, ho postato su TikTok il video di un momento emozionante, quello in cui il cantante, dall'alto di una pedana, guardava lo stadio stracolmo, con gli occhi pieni di emozione e poi si rallegrava perché il pubblico partenopeo aveva fatto, fino a quel momento, "nu burdello ‘e pazze" (un casino di pazzi, insomma). Eppure i commenti, non tutti per fortuna – ma anche uno è di troppo – si fermavano alla propria opinione sul corsetto indossato dal cantante. Chi guardava quel video di pochi secondi, quindi, non si fermava sull'emozione evidente o anche sulla battuta in napoletano, ma su un indumento che nei giorni scorsi ha creato altri commenti stupidi e inopportuni al punto da portare il cantante ha urlarlo dal palco.

Durante "Voglio", infatti, Mengoni ha urlato "Voglio vestirmi come mi pare", scatenando l'entusiasmo del pubblico. Partire da questo serve perché ho sempre più l'impressione che si perda il focus di certi momenti. La moda è uno strumento comunicativo e Mengoni lo sa bene, lo è anche all'interno di uno spettacolo che il cantautore ha scelto di costruire con la struttura di una tragedia greca – quindi con le canzoni raggruppate in Prologo, Parodo, Episodi, Stasimi, Esodo e la Catarsi finale. Una struttura fissa per raccontare una storia fatta di canzoni, di versi, la voglia di spiegare soprattutto come non esistano barriere e confini. E tutto è pensato per puntare a quel fine, compresi i suoi look.

Eppure è solo uno dei mezzi, importante certo, ma comunque all'interno di uno spettacolo che ha la musica come fulcro. Quelle canzoni che in questi anni hanno permesso a Mengoni di diventare quella che possiamo definire una vera e propria popstar, che ha costruito tanto prima di poter pensare a singoli stadi prima e a veri e propri tour poi. Lo show è imponente, perché se le cose devi farle, devi farle per bene, e così il racconto della tragedia greca parte da tre suoni improvvisi a distanza di qualche minuto l'uno dall'altro, che attirano l'attenzione del pubblico, lo avvisa, e cadenzano l'ingresso in scena del cantante e dei suoi ballerini.

Marco Mengoni al Maradona di Napoli – ph Comunicarlo
Marco Mengoni al Maradona di Napoli – ph Comunicarlo

Mengoni parte da "un lungo viaggio" con Ti ho voluto bene veramente e nel prologo inserisce Guerriero e Sai che, poi piano piano la scaletta si costruisce in nei momenti che strutturano la tragedia e il pubblico ha potuto ascoltare La valle dei re, Voglio, Cambia un uomo, Luce, Due vite, L'essenziale, fino a Proibito, Non sono questo, la catarsi di Pazza Musica e Mandare tutto all'aria, tra le altre, fino ai due bis che sono l'ultimo singolo con Sayf e Rkomi Sto bene al mare e Esseri Umani. Ma è complesso spiegare quello che è riuscito a costruire Mengoni col suo team, sia per quanto riguarda la parte musicale, con tutti i pezzi riarrangiati completamente da Giovanni Pallotti e Francesco Fugazza che assieme al cantante hanno rivestito i pezzi che avevano scelto assieme.

Ma il mondo musicale non è solo quello mengoniano perché il pubblico ha potuto ascoltare anche le influenze che hanno accompagnato il cantante in questi anni, interpolazioni continue di brani, da Black Hole Sun dei Soundgarden a Mi fido di te di Jovanotti, passando per Try Again di Aaliyah e Ordinary World dei Duran Duran, Insomma, il viaggio di Mengoni Stadio è più ampio di quello che è il mondo costruito in questi anni dal cantante, è un viaggio che si arricchisce di diversità, di suoni del mondo, di lingue del mondo, che cerca nella globalità il proprio punto, che si apre e non si chiude, che include e non esclude.

Marco Mengoni al Maradona di Napoli coi fumogeni blu
Marco Mengoni al Maradona di Napoli coi fumogeni blu

È complesso anche spiegare l'enorme sforzo produttivo che c'è dietro a uno spettacolo del genere, a livello di scenografia, ballo, luci, suoni. L'idea di portare l'opera allo stadio, immetterlo in uno spettacolo teatrale, quella "volontà di bagnare il pop nella grande tradizione d'opera, di rappresentazione e di identificazione". Occhio, non pensate a Bocelli o al Volo, non c'entra nulla, è più un mood, appunto. Tutto questo sforzo collettivo ha in Mengoni il suo fulcro, colui che sublima tutto, che non scherza con la voce (anche quando è "in volo"), ma lo fa con il ballo – spesso si muove in maniera autoironica – e soprattutto riesce a essere mattatore totale.

Mengoni è quello che cerca di ironizzare sulla retorica dei cantanti che fanno i complimenti alle città in cui suonano e lo fa aizzando il pubblico a cantare "I Campioni dell'Italia siamo noi", vestendosi di blu e portando i fumogeni del colore (più o meno) del Napoli: "A mettere la maglietta del Napoli sò bravi tutti, io c'ho proprio il completo" dice scherzando sull'outfit blu. E ovviamente, in uno spettacolo che vuole "raccontare la vita", il cantante non manca di prendersi un momento per mandare un messaggio contro la guerra: "Ce n'è abbastanza nel mio spettacolo di stop a questa roba orribile che ancora l'uomo continua a fare e non sa perché, però noi continuiamo a ripeterlo e magari arriva anche a quelle teste di cazzo. Grazie, grazie a tutti". Quindi, alla fine potremmo dire "chissenefrega del corpetto" e invece no, del corpetto ci interessa, perché ha un significato, perché ognuno deve essere libero di vivere la propria vita come vuole, vestirsi come vuole, e ognuno dovrebbe comprendere che del proprio giudizio social – quello che crediamo standard e invece è solo ottuso -, talvolta, non frega niente.

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