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Franco Dragone: ecco perché ho lasciato il Napoli Teatro Festival

L’ex direttore del Napoli Teatro Festival ci spiega al telefono da Dubai i motivi che lo hanno spinto a lasciare la direzione artistica del Napoli Teatro Festival: “Le continue ostruzioni di Presidente e Cda mi hanno impedito di realizzare il progetto che avevo in mente, proseguire sarebbe stato uno spreco di tempo. Deluso dalla Regione da cui mi aspettavo maggiore sostegno”.
A cura di Andrea Esposito
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Abbiamo raggiunto via Skype Franco Dragone che da Dubai ci spiega le ragioni delle sue dimissioni come Direttore Artistico del Napoli Teatro Festival.

Andiamo subito al punto, Direttore perché si è dimesso?

Perché la situazione non era più sostenibile e andare avanti così era un inutile spreco di tempo.

A cosa si riferisce esattamente?

Al fatto che il mio progetto, le mie idee sono state bocciate su tutta la linea. Io volevo creare un grande festival internazionale, in dialogo con tutte le istituzioni del mondo. Su 47 spettacoli della scorsa edizione ne riconosco appena 19, per il resto ho dovuto operare come un assessorato alla cultura non come una grande istituzione culturale. È impensabile che con così tanti fondi il Festival sia una manifestazione così provinciale, casalinga…

Quindi la tregua con il Presidente della Fondazione Luigi Grispello non ha tenuto?

Il problema non è solo Grispello. È vero lui dovrebbe limitarsi a fare il Presidente e invece vuole gestire tutto, anche la proposta artistica. Ma il vero punto della questione è la palude burocratica che si innesta tra Presidenza, Consiglio di Amministrazione e Regione. Ogni progetto che ho presentato ha subito ostruzioni continue ed è stato adattato secondo logiche che non comprendo. Mi aspettavo un sostegno maggiore da parte del Presidente della Regione, ma purtroppo non c’è stato. Era inutile continuare a lavorare in queste condizioni.

Ci fa qualche esempio concreto?

Il progetto della coda autunnale del festival che però non si è potuto realizzare a causa dei tempi biblici richiesti per ogni decisione; le idee per Natale sulla “Cantata dei pastori”, prima accolta e poi osteggiata; la collaborazione con il Trianon di Nino D’Angelo. Ogni volta che portavo un’idea e veniva modificata. Addirittura in uno degli ultimi Cda si è stanziato un budget per il mio progetto artistico lasciando fuori un 30% per non precisate ‘altre attività’. Organizzate da chi?

Non crede che la sua non presenza in città abbia pesato su questi equilibri?

Nient’affatto. Quando sono stato nominato eravamo d’accordo su come avremmo lavorato e sul fatto che io avrei tracciato le linee guida a distanza. Avevo fin da subito previsto un team di lavoro e un mio collaboratore qui come interfaccia. Ma è stato rifiutato.

Cosa ne pensa della nomina di Ruggero Cappuccio?

A Ruggero voglio subito dire che se dovesse averne bisogno sono pronto a dargli tutto il mio sostegno e supporto. Lo aspetta una sfida molto dura e spero faccia tesoro di tutto il lavoro già fatto per la prossima edizione.

Crede di aver commesso qualche errore durante la sua breve direzione?

Sì quello di non essermene andato via prima. Contrariamente a quello che si è scritto sui giornali ho investito molto tempo e lavoro in questo progetto. Sono molto legato al destino della città e della regione. Purtroppo è stato tempo sprecato. Di una cosa però mi sento davvero in colpa: quello di essere stato troppo entusiasta, di aver fatto tante promesse ad artisti e operatori convinto di riuscire a realizzarle.

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