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24 ottobre Giornata nazionale dello spettacolo ma non c’è nulla da festeggiare

Il 24 ottobre ci sarà la prima giornata nazionale dello spettacolo ma nonostante i proclami del Ministro della cultura e dello spettacolo Franceschini, il nostro mondo è in piena crisi e giorno dopo giorno si sta sgretolando, perché sono tanti, troppi, gli effetti domino di quasi due anni di blocchi e chiusure e di decenni di totale disinteresse da parte delle istituzioni.
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Dario Franceschini
Dario Franceschini

Mi chiamo Massimiliano Loizzi, sono un lavoratore dello spettacolo e nonostante sia stato travolto, con tutta la mia famiglia, dalla pandemia, sono ancor qui e ancora faccio, purtroppo o per fortuna, il mio mestiere. Oggi è la mia festa, la giornata dedicata alla mia categoria, ma nonostante questo sono in molte, forse troppe, le persone che non sono riuscite a riprendere il proprio lavoro o che hanno dovuto cambiarlo. E nonostante i proclami del Ministro della cultura e dello spettacolo, il nostro mondo è in piena crisi e giorno dopo giorno si sta sgretolando, perché sono tanti, troppi, gli effetti domino di quasi due anni di blocchi e chiusure nonché di decenni di totale disinteresse da parte delle istituzioni nei confronti delle realtà medio-piccole della cultura e dello spettacolo.

Il 24 ottobre c'è la prima giornata nazionale dello spettacolo e sia chiaro, sono convinto che sia giusto che ci sia, visto che mai prima d'ora era stato celebrata una parte così importante, seppur superflua, della nostra vita, lo spettacolo appunto. È giusto che ci sia ed è giusto che nasca proprio quest'anno quasi a ricordare tutte quelle lavoratrici e lavoratori, che più di altre categorie, hanno patito ferocemente la pandemia. Purtroppo però come spesso accade nel gioco della politica, i proclami non corrispondono ai fatti e quello che non mi piace proprio per nulla di questa festa è vederla accostata ad alcune parole del ministro Franceschini che "canta" vittoria e "mette in scena" una realtà dei fatti per nulla o poco aderente alla vera realtà di quegli stessi fatti. "Questo appuntamento arriva simbolicamente nel momento in cui i luoghi dello spettacolo cominciano a ripopolarsi. Non sarà mai possibile compensare le artiste e gli artisti di questo settore per ciò che hanno perduto. La possibilità di esibirsi in pubblico è stata preclusa per oltre un anno […] Grazie all'attenta politica di ristori, realizzata in costante dialogo con i lavoratori, è stato possibile scongiurare la perdita di figure professionali così importanti. A questa è seguita un nuovo sistema di welfare che ha pienamente riconosciuto lavoratrici e lavoratori dello spettacolo". Sono parole che purtroppo risuonano quanto mai false e disconnesse dalla realtà.

Il nostro è da sempre un comparto strano per sua stessa natura, eterogeneo, trasversale: sono tantissime e assolutamente differenti tra di loro le anime che lo compongono e per questo forse la nostra condizione, assolutamente precaria e mai veramente tutelata, è sconosciuta ai più. Ragion per cui una narrazione poco oggettiva dei fatti, resa più che altro da efficaci slogan piuttosto che da verità, consegnerà al pubblico una visione ancora distante dalla nostra quotidianità. La ripresa e la favolosa ripartenza, tanto millantate, non sono assolutamente reali. Altresì vorrei che fosse chiaro che non è mia intenzione lamentarmi o demolire l’operato del governo che, come ha fatto per tutte le categorie prive di ammortizzatori sociali, ha previsto nell’ultimo anno e mezzo un’azione di sostegno economico per le lavoratrici ed i lavoratori dello spettacolo, però va detto altrettanto chiaramente che purtroppo tutto questo non è stato assolutamente sufficiente – date le caratteristiche di questo lavoro e la scarsità delle risorse messe in campo – ad evitare la perdita di figure professionali che, in numero che definirei disarmante e impressionante (70.000 secondo i dati INPS), hanno dovuto abbandonare definitivamente questo settore.

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Quando parliamo di numeri però ci dimentichiamo sempre che dietro quei numeri ci sono persone, nomi e storie che hanno impegnato le loro vite per costruire qualcosa che in pochi mesi è andato perduto, probabilmente, per sempre, soprattutto se si pensa che lo stato d’emergenza sanitaria, e le difficoltà ad esso collegate, non sono affatto ancora risolte e ciononostante da maggio questi sostegni hanno cessato di essere previsti.

Come dice Marco Cacciola – attore, regista e attivista – "seppur parzialmente ‘ripartiti', coloro che lavorano in questo settore vivono una condizione di sfruttamento e precarietà ulteriormente inasprita dalla pandemia. Precarietà e sfruttamento che non possono essere superate solo con la buona volontà degli stessi: serve una chiara direttiva della politica. Va nel contempo assolutamente ribadito che i contratti con clausole capestro e retribuzioni a ribasso, l’aumento vertiginoso del lavoro nero o grigio, i diritti minimi negati anche rispetto agli orari di lavoro e alla sicurezza, non possono essere minimamente giustificati e devono essere denunciati".

Certo, è vero che Il Decreto “Sostegni-bis” ha introdotto alcune importanti novità in materia di welfare, diritti basilari prima totalmente inesistenti per il nostro comparto, ma ci sono molti provvedimenti che rimangono insufficienti o parziali: quindi riconoscendo che questo è stato un primo importante segnale nella direzione di una regolamentazione più tutelante per chi lavora, è nostro dovere di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo urlare a gran voce ma allo stesso tempo con garbo – visto che ormai di questi tempi gli urlatori di professione sono troppi e troppo sopravvalutati – che il settore necessita di una riforma vera e propria e non di una bozza. “La discontinuità non è stata fino ad oggi riconosciuta dalla normativa, e con essa un meccanismo che protegga i lavoratori nella naturale fluttuazione delle loro prestazioni caratterizzate da una discontinuità strutturale. Mancano strumenti concreti e adeguati, per l’emersione del lavoro nero e grigio, che automaticamente significherebbe tra l’altro un enorme incremento delle entrate nelle casse previdenziali; così come uno sportello per l’assunzione diretta di questi lavoratori e lavoratrici.

L’assenza di tutele e diritti è un vuoto che va colmato, un vuoto pesante come pesante è stata l’assenza dello spettacolo in tutti i mesi di blocco, assenza che ci ha reso l’idea di quanto “l’essenziale sia invisibile agli occhi” e quello che troppo spesso viene reputato superfluo, in realtà non lo è affatto. Quando questo vuoto verrà colmato, solo allora potremo davvero festeggiare senza se e senza ma la giornata nazionale dello spettacolo.

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