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Consip, due ufficiali dei carabinieri sospesi per depistaggio: “Hanno distrutto prove indispensabili alle indagini”

Seconda l’accusa, il maggiore Gianpaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa avrebbero cercato di depistare le indagini nell’ambito dell’inchiesta Consip e avrebbero inoltre cancellato le prove di questo presunto depistaggio quando già figuravano iscritti nel registro degli indagati.
A cura di Charlotte Matteini
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Dopo mesi, si torna a parlare dell'inchiesta Consip. La procura di Roma ha richiesto una misura inderdittiva per due ex ufficiali del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri che nel corso dei mesi scorsi avevano indagato sul caso. Per il maggiore Gianpaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa è dunque arrivata la sospensione dal servizio per la durata di un anno. Scafarto, già indagato per falso e rivelazione del segreto d'ufficio, è scattata anche l'ipotesi di depistaggio, mentre la stessa ipotesi è stata avanzata per Sessa, già iscritto nel registro degli indagati sempre per depistaggio in relazione alle false dichiarazioni rese al pm.

La nuova accusa di depistaggio si riferisce all'eliminazione di alcune comunicazioni intercorse tra i due al fine di sviare le indagini della procura relative alla fuga di notizie riguardanti l'inchiesta Consip aperta a Napoli. Sempre secondo l'accusa, Sessa avrebbe chiesto aiuto a Scafarto per eliminare il backup automatico effettuato dall'applicazione di messaggistica Whatsapp, utilizzata dai due ufficiali per scambiarsi informazioni sull'inchiesta. Questa richiesta, stando a quanto ricostruito dall'accusa, venne avanzata quando Scafarto risultava essere già indagato dalla procura e il suo smartphone era già stato sequestrato dagli inquirenti. Scafarto, dunque, reinstallò l'applicazione sullo smartphone del suo superiore dopo aver distrutto "messaggi e documenti indispensabili all'indagine sulla fuga di notizie" che ha coinvolto alcuni esponenti dell'Arma.

Per il gip il comportamento dei due fu "deliberatamente volto alla distruzione di prove" e per questo motivo sono stati sospesi dal servizio per un anno, come chiesto dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi. La revoca al Noe della delega delle indagini, disposta dalla Procura di Roma lo scorso marzo, venne considerato "un fatto rarissimo" e avrebbe dovuto consigliare il maggiore Gianpaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa "di agire in modo retto, probo e osservante dei propri doveri verso la legge e le istituzioni di riferimento e quelle di appartenenza", mentre invece "sembra essere stata proprio questa appartenenza l'occasione prossima per consumare altri delitti per le finalità di depistaggio", recita uno dei passi dell'ordinanza di applicazione della misur interdittiva. "Scafarto e Sessa, risultando ancora in servizio, sono in grado di trarre occasione prossima dall'uso attuale dei poteri di polizia giudiziaria connessi al ruolo di ufficiali dei carabinieri", secondo l'accusa. Dunque, a parere del gip, oltre al pericolo di reiterazione del reato, ci sarebbe anche quello di inquinamento probatorio.

"L'attuale presenza in servizio di Scafarto e Sessa, in un contesto gravissimo di operazioni di falsi e depistaggio quanto alle numerose indagini connesse in corso, va a incidere concretamente in un contesto in evoluzione su cui tali soggetti sia in rapporto ai subordinati che all'interno della scala gerarchica dei Carabinieri, alcuni dei quali soggetti iscritti per rivelazione del segreto, al punto che le stesse indagini possono essere danneggiate o forzate per conclusioni non veritiere". Per il giudice, è sufficiente rileggere i messaggi Whatsapp tra Sessa e Scafarto del 7 e del 23 settembre 2016 per "comprendere come certe loro discusse opzioni investigative, poi non adottate, nei confronti dei superiori abbiano la necessità di un reale chiarimento oggettivo".

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