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Opinioni

Come il M5S si è incasinato da solo nel caso Quarto

Il PD parla di Quaterloo del Movimento 5 Stelle e ha ragione: nel caso Quarto i grillini hanno commesso un errore dopo l’altro. Facendosi dettare l’agenda dal PD senza riuscire mai a prendere il controllo della situazione.
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Uno dei tanti "meme" del PD sul caso Quarto
Uno dei tanti "meme" del PD sul caso Quarto

Della vicenda Quarto si è parlato tanto, probabilmente anche troppo considerando le dimensioni reali della questione. Da vicenda poco chiara, con una amministrazione solo scalfita da un’indagine giudiziaria (il Sindaco non è indagato, né lo sono ovviamente i dirigenti del Movimento 5 Stelle), è diventata caso politico del mese, i cui effetti potrebbero farsi sentire fino alla prossima tornata delle elezioni amministrative. Perché si è arrivati a questo punto? Come ha fatto un caso locale, certo con "l'ombra" della camorra (e sì, vale la questione di principio, ma, finora, parliamo di un appalto cimiteriale e dell'assegnazione di un campo di calcio…), a diventare nazionale? Come è possibile che l’indagine a carico di un ex consigliere del M5S possa coinvolgere l’intero ponte di comando grillino?

Ecco, su Fanpage abbiamo sottolineato il ruolo attivo della war room del PD, considerando che non c’è alcun dubbio sul fatto che la capacità di cavalcare la questione e di dare respiro nazionale al caso da parte degli attivisti piddini abbia contribuito non poco alla creazione della bolla Quarto. Del resto, tale attività si inserisce perfettamente nel solco di un mutato atteggiamento dei democratici, passati in pochi mesi dalla passività / tradizionalismo di lettiana memoria all’aggressività della comunicazione di marca renziana. Una linea che trova la sua base teorica nella “disintermediazione” e la sua applicazione pratica nelle mobilitazioni a colpi di hashtag, slide, meme e contenuti “virali” pensati per i social network e diffusi anche sui canali ufficiali. E che ha successo anche grazie alla visibilità garantita dai mezzi di informazione, fatto di cui il caso Quarto è manifestazione lampante e difficilmente contestabile.

Può bastare questo aspetto a spiegare il risalto e la rilevanza raggiunti dal fatto in sé? No, ovviamente, dunque converrà analizzare altri fattori per capire le ragioni dell’hype Quarto.

In queste settimane abbiamo ampiamente ricostruito i fatti (qui, qui, qui, qui e qui una serie di contributi che aiutano a farsi un’idea), che sostanzialmente chiamano in causa i rapporti fra criminalità organizzata e politica, in un Comune già oggetto di scioglimento causa infiltrazioni camorristiche. Quarto era poi diventata la Livorno campana, con la prima amministrazione grillina nella Regione, autoproclamatasi simbolo di onestà e trasparenza, oltre che esempio di come il progetto politico M5S potesse portare alla vittoria elettorale e dunque al governo di Comuni e Regioni (certo, a Quarto la vittoria era arrivata dopo l’esclusione di molte liste a causa di errori formali). Per questo motivo sul carro Quarto erano soliti tutti i maggiorenti, con una sovraesposizione evidente di deputati e senatori campani e con un investimento forte del M5S sul Sindaco Capuozzo e sui “ragazzi” della cittadina flegrea. È chiaro che la caduta dal piedistallo fa un rumore maggiore.

Sempre ammesso che caduta ci sia stata, ovviamente. E qui entra in gioco la vera variabile che ha moltiplicato in modo esponenziale gli effetti dell'inchiesta e dello scivolone dell'amministrazione di Quarto: la prassi grillina dell'utilizzo strumentale e distorto delle vicende giudiziarie ai fini di meri calcoli politici.

Ne avevamo scritto prima che Grillo e i suoi decidessero di sfiduciare il Sindaco e l’intero gruppo di consiglieri, sottolineando come il cortocircuito fra cieco giustizialismo, utilizzo distorto delle fonti, propaganda politica e pratica amministrativa non potesse che evidenziare tutte le contraddizioni e i limiti del progetto grillino. Perché l’adesione alla linea Saviano (quella per cui basta un sospetto, non vi sono distinzioni fra indagati, colpevoli e parti lese e bisogna dimettersi da un incarico pubblico sempre e comunque) arrivava in maniera quasi naturale, dopo mesi da monopolisti della morale, da depositari unici dell’onestà, da tenutari della verità assoluta e della correttezza dell’agire politica.

Che alla prima occasione, anche “dubbia”, una linea siffatta si ritorcesse contro gli stessi grillini, era fin troppo prevedibile. E, posto che la pretesa di essere geneticamente diversi dagli altri è una specie di insulto, con migliaia di eletti / candidati è praticamente certo imbarcare qualche mela marcia.

Se poi ci mettiamo una risposta scoordinata e improponibile agli attacchi, la frittata è fatta. Di fronte all’offensiva piddina (ripetiamo, ampiamente sostenuta dai mezzi di informazione, che hanno trattato il caso Quarto come un nuovo Watergate), i grillini hanno prima difeso a spada tratta l’amministrazione, incuranti delle contraddizioni dello stesso Sindaco, poi hanno cominciato a "valutare", infine l'hanno scaricata, bypassando completamente sia il merito dei fatti, sia il coinvolgimento dei militanti nelle scelte. Un comportamento schizofrenico, nel breve volgere di qualche giorno, esemplificato dagli interventi di Grillo. Il fondatore del M5S (che aveva fatto nelle settimane precedenti "un passo indietro", mettendo ai voti persino l'eliminazione del suo nome dal simbolo) ha prima difeso il Sindaco (evidenziando, anche grazie alla nostra intervista, come non avesse ricevuto minacce ma semplici pressioni politiche), poi l'ha dimissionata (con motivazioni "di principio"), poi l'ha espulsa: tutto in poche ore, tutto senza sentirla direttamente, tutto senza coinvolgere la base. Lasciando peraltro al direttorio, o meglio a 3 membri su 5 del direttorio, il compito di difendersi dalla nuova offensiva piddina, che mirava a coinvolgere Luigi Di Maio e Roberto Fico suggerendo un loro ruolo attivo nel "comportamento omertoso" della Capuozzo. E costringendoli addirittura a mostrare conversazioni private, in un incredibile caso di inversione dell'onere della prova: come se davvero fossero sotto processo o dovessero scusarsi di aver interloquito con un amministratore del loro partito! Una serie di autogol, culminati nella definizione della linea ufficiale sul caso, che tira in ballo "i voti della camorra", anche in assenza di una sentenza, di rinvii a giudizio o di formalizzazione di capi di accusa in tal senso.

Errori su errori, che continuano ancora. Basti solo pensare alla reazione scomposta di queste ore, con la mobilitazione a colpi di hashtag per spiegare agli italiani che "anche il PD" ha una serie di amministratori inquisiti e condannati. Verissimo, ma che c'entra? Una specie di "mal comune mezzo gaudio", che non fa altro che legittimare quel "giacobinismo" che ha portato al boomerang – Quarto e trascina con sé commenti schiumanti rabbia, cieco giustizialismo misto a bufale, errori, scambi di persona e via discorrendo. Ma soprattutto il segno evidente di come, sul piano comunicativo, sia il PD a dettare la linea e il Movimento a inseguire. Mentre Renzi si ritaglia il ruolo di statista, senza "sporcarsi le mani".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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