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USA: lo stato dell’Alabama vieta l’aborto anche per i casi di stupro e incesto

Il Senato dell’Alabama ha approvato una norma che – se nelle prossime settimane otterrà il via libera definitivo – di fatto vieta l’interruzione di gravidanza persino se le donne vengono violentate.
A cura di Davide Falcioni
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Un significativo passo indietro per i diritti delle donne negli Stati Uniti; con 25 voti favorevoli e sei contrari il Senato dell'Alabama ha approvato un nuovo progetto di legge sull'interruzione di gravidanza che prevede la praticabilità dell'aborto solo nei casi di grave rischio per la salute della donna, vietandolo persino per stupri e incesti. La norma, che in caso di approvazione definitiva configurerebbe l'Alabama come lo stato più rigido in materia negli USA, prevede inoltre pene fino a 99 anni di carcere per i medici che violano le severissime restrizioni imposte.

L’Unione americana per le libertà civili (Aclu) ha reso noto che ricorrerà alla giustizia per impedire l’applicazione del provvedimento. Lo scopo dei promotori della legge sarebbe quello di comparire davanti alla Corte suprema per convincerla a rivedere la sua storica decisione del 1973, quella che legalizzò l’aborto. Dallo scorso anno infatti la corte è composta da una maggioranza di giudici conservatori, cinque su nove: l’ultimo ad assumere l'incarico è stato Brett Kavanaugh, proposto dal presidente Donald Trump e notoriamente a favore di una drastica limitazione del diritto all’aborto. “State dicendo a mia figlia: tu non conti nulla nello Stato dell’Alabama, gli uomini possono stuprarti e tu avrai questo bambino se resti incinta”, ha dichiarato Bobby Singleton, democratico al Senato locale, dopo che persino un emendamento che favorisse l'interruzione di gravidanza per le giovani vittime di stupro è stato respinto.

Il progetto di legge approvato dal Senato dell’Alabama è decisamente restrittivo dei diritti delle donne, e purtroppo non rappresenta un caso isolato. Dall'inizio dell'anno 28 Stati americani hanno introdotto oltre 300 nuove regole per limitare l’accesso all'interruzione volontaria di gravidanza, secondo l’Istituto Guttmacher per la difesa dei diritti delle donne alle interruzioni di  gravidanza.

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