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Uccisa dal fidanzato infermiere: la morte di Lorena fu omicidio premeditato

Antonio De Pace aveva pianificato di lasciare ai nipoti i suoi averi in previsione delle conseguenze dell’omicidio. Si evince dai messaggi scritti e cancellati dall’infermiere, a cui la Procura ha notificato in carcere la di chiusura delle indagini. Confermata l’accusa di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione. De Pace ha ucciso la fidanzata, Lorena Quaranta, il 31 marzo scorso nella loro casa di Furci Siculo (Messina).
A cura di Angela Marino
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Colpo di scena nelle indagini sulla morte di Lorena Quaranta. Come ricostruito dalla Procura, che ha notificato la chiusura dell'inchiesta, in carcere, all'indagato Antonio De Pace, l'omicidio dell'aspirante medico fu premeditato. De Pace, studente in odontoiatria e infermiere, aveva scritto dei messaggi ai familiari in cui dava disposizione sul lascito dei suoi averi ai nipoti, verosimilmente, in previsione di un evento tragico. I messaggi, cancellati dal De Pace, sono agli atti dell'indagine per omicidio volontario. L'eliminazione dei messaggi, peraltro, è stata letta dagli investigatori come un'azione di depistaggio.

Per l'infermiere calabrese è stata dunque confermata l'accusa ipotizzata in prima battuta dagli inquirenti, ma con l'aggiunta della premeditazione. Dal fascicolo del sostituto procuratore Roberto Conte,  titolare delle indagini, – come riporta Messina Today – emergono anche le modalità con cui De Pace ha ucciso la fidanzata, secondo un piano studiato poco prima. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quella notte, nel corso di una lite, De Pace avrebbe aggredito Lorena con un corpo contundente e, avendola tramortita, l'avrebbe poi strangolata a mani nude. Al delitto sono state riconosciute le aggravanti del vincolo sentimentale e dei futili motivi.

Il delitto risale allo scorso 31 marzo. Fu lo stesso De Pace, dopo aver ammazzato la convivente nella casa in un cui abitavano insieme da tre anni a Furci Siculo (Messina), a chiamare i carabinieri e a consegnarsi. Secondo i testimoni il rapporto tra Antonio, infermiere e studente e Lorena, laureanda in medicina, era più che sereno, quasi, idilliaco. Nella coppia non c'erano contrasti, ma obiettivi e progetti comuni, tra cui il matrimonio, per cui entrambi stavano lavorando. Anche per la famiglia della vittima, il delitto è stato un fulmine a ciel sereno, un evento imprevedibile e tragico, maturato, peraltro, durante l'isolamento domestico del lockdown, lontano dallo sguardo dei familiari. Secondo alcune testimonianze, tuttavia, in quel periodo Antonio sarebbe stato preda di una paura paralizzante del contagio da Coronavirus, tanto da non voler neanche andare a visitare i pazienti. Agli inquirenti, subito dopo l'arrsto, dirà di essere stato contagiato da Lorena insieme alla sua famiglia, ma verrà smentito dai test.

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