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Covid 19

“Serve nuovo lockdown se entro 10 giorni non cala la pressione sugli ospedali”: l’appello dei medici

Giovanni Leoni, vice presidente della FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a Fanpage.it: “Se tutti si fossero vaccinati non saremmo in questa situazione, con stop agli interventi chirurgi non urgenti in tutta Italia. Se la pressione ospedaliera sale oltre il limite di guardia, e lo vedremo credo nei prossimi 10/15 giorni, non è escluso fare un lockdown vecchio stile, mirato in certe situazioni più critiche”.
A cura di Ida Artiaco
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"Se la situazione diventa critica e la pressione ospedaliera sale oltre il limite di guardia non è escluso un lockdown vecchio stile. Il distanziamento sociale drastico è una delle poche misure che alla fine interrompono il contagio". A parlare è Giovanni Leoni, vice presidente della FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che a Fanpage.it ha spiegato quale è la situazione all'interno degli ospedali con la nuova ondata Covid che sta facendo registrare record di casi e un crescente tasso di occupazione dei posti letto in area medica e terapia intensiva. Solo oggi è arrivata notizia dall'Ausl competente che l'attività chirurgica è sospesa nelle province di Trieste e Gorizia a causa della pandemia. Ma sappiamo che non si tratta di una eccezione.

Dott. Leoni, che situazione c'è negli ospedali italiani ad oggi?

"È già arrivata anche in Veneto la disposizione per l'interruzione delle attività non urgenti analogalmente a quello che è già successo mesi fa. Per quanto riguarda l'attività chirurgica sempre nel Veneto vanno avanti ancora quelle oncologiche, poi tutte le altre patologie devono essere specificate come "urgenze" relative o prioritarie. Questo perché bisogna preservare i letti di rianimazione per quanto riguarda la patologia Covid. Purtroppo noi sappiamo che già prima della pandemia i letti in terapia intensiva in Italia erano molto risicati, circa 5mila, poi sono stati portati a circa ottomila ma il numero degli anestesisti dipendenti, nonostante i vari concorsi, è stato aumentato solo del 5%. Ciò vuol dire che ci sono sempre gli stessi medici che però seguono più posti letto. Stesso discorso per gli infermieri: aumentano i letti ma il personale è sempre lo stesso.

Senza considerare che i reparti di medicina vengono trasformati in questo periodo in sub-intensive, non esistendo ovunque i reparti di pneumologia e di malattie infettive perché parliamo di una organizzazione pre-Covid, in cui le malattie respiratorie erano molto diminuite. Questi reparti hanno al momento un carico di lavoro decuplicato rispetto al lavoro normale. Come si risolve questa situazione? Con la buona volontà degli infermieri e dei medici, soprattutto internisti. Non c'è altra soluzione su cui si regga tutto il sistema, che è assurdo. Noi stavamo cercando di recuperare le prestazioni e gli screening della seconda ondata e ci siamo ritrovati in questa situazione, di nuovo".

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Come si spiega questa ricaduta?

"Se si guarda ai dati del Ministero della Salute, il motivo è chiaro: il rapporto è di 17 a 1 per quanto riguarda pazienti non vaccinati e pazienti vaccinati che occupano i reparti di terapia intensiva in Italia. Io l'ho detto a ottobre: se ci troviamo in questa situazione è perché c'è una componente fortemente no vax, soprattutto nella fascia d'età tra i 25 e i 50 anni, all'interno della quale, soprattutto con Omicron, il virus ha ripreso a galoppare. È vero che la nuova variante può dare vita ad una malattia meno severa, ma ricordiamoci che Delta circola ancora e che sui grandi numeri c'è sempre qualcuno che sta peggio di altri. Mentre pare che tra chi ha avuto le tre dosi di vaccini il Covid si risolva come un raffreddore nella maggior parte dei casi, nei non vaccinati sviluppa ancora la malattia vera e propria, con evoluzione anche rapida e mortale".

Quale potrebbe essere secondo lei la soluzione a tutto questo?

"Se la situazione diventa critica e la pressione ospedaliera sale oltre il limite di guardia, e lo vedremo credo nei prossimi 10/15 giorni, non è escluso fare un lockdown vecchio stile, mirato in certe situazioni più critiche. Tutti a casa e tutto chiuso. Come ci ha insegnato la Cina ma anche il caso di Vo' Euganeo, alla fine il distanziamento sociale drastico è l'unica misura che interrompe il contagio. Dobbiamo tornare a questo? Noi abbiamo aperto, Draghi ha detto no alla Dad come sta facendo il resto d'Europa, d'accordo. Ma vediamo come va la situazione negli ospedali. Strutture e medici sono stressati da tamponi e certificazioni, che si sommano all'attività ordinaria. E lasciare a casa la gente e non fare gli screening ha dimostrato scientificamente che sono aumentati i casi di tumore scoperti tardi, che è il contrario di quello che fa la medicina moderna, cioè la prevenzione".

Secondo i dati, sono aumentati anche gli operatori sanitari positivi e sintomatici…

"Gli operatori sanitari, almeno in Veneto vengono tamponati 1 volta ogni 4 giorni, oltre ad essere ovviamente vaccinati. E ci sono positivi, anche perché ricordiamoci che la principale fonte di contagio è in famiglia, poi sul lavoro usiamo tutte le precauzioni del caso. Noi come medici e infermieri il nostro lavoro lo facciamo sempre, ma non possiamo essere messi nelle condizioni di impossibilità fisica con una velocità che deve tenere conto anche delle varianti. Neanche nei film di fantascienza del passato era stata mai ipotizzata una mutazione del virus così repentina. Spero che alla fine Sars-Cov-2 diventerà endemico, come tanti coronavirus, ma non è ancora questa la situazione. Noi intanto lavoriamo e non ci fermiamo. Certo è che bisogna invertire la tendenza, se la situazione va oltre c'è bisogno di soluzioni drastiche. Non voglio più dover dire ai miei pazienti questo lo facciamo e questo no perché meno urgente".

Questa situazione si poteva evitare?

"Certamente. Se tutti si fossero vaccinati non ci ritroveremmo ora in questo stato, i dati lo evidenziano in maniera clamorosa".

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