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“Non posso giocare più”, immigrato diventa irregolare e deve dire addio alla squadra di basket

La storia di un giovane senegalese immigrato in Italia da due anni che aveva trovato ospitalità ad Avigliana, nella città metropolitana di Torino, dove si era integrato molto bene trovando lavoro e entrando a far parte della locale squadra di basket. La commissione che esamina le richieste di asilo ha respinto per ben due volte la sua domanda.
A cura di Antonio Palma
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Un semplice messaggio sul gruppo WhatAapp della sua squadra di Basket che annunciava:  "Domani non posso venire alla partita". Così i compagni di squadra Ngagne Diop, giovane senegalese immigrato in Italia, hanno scoperto che Gangio, così lo chiamano  tutti, era diventato un irregolare sul territorio nazionale e che non avrebbe mai più potuto partecipare ad alcuna gara. Il ragazzo era arrivato due anni fa a soli 18 anni dopo una lunga traversata dall'Africa, come tanti altri come lui, e da allora aveva trovato ospitalità ad Avigliana, nella città metropolitana di Torino, si era integrato molto bene trovando lavoro in una cooperativa sociale ed era entrato addirittura a far parte della locale squadra di basket, iscritta al campionato amatori Uisp.

"Gangio era arrivato da un paio d’anni in Valsusa nel progetto di Accoglienza diffusa per richiedenti asilo, dopo aver affrontato il viaggio dal Senegal attraverso il deserto e l’inferno della Libia per poi attraversare il Mediterraneo. La commissione che esamina le richieste di asilo, ha respinto per ben due volte la sua domanda e la settimana scorsa il giudice non ha ritenuto valida la richiesta di sospensiva del procedimento di espulsione, in attesa del ricorso in Cassazione" ha spiegato  presidente della Polisportiva aviglianese, Francesco Calabrò, sottolineando che "in questi anni di permanenza nel progetto, si era perfettamente inserito nella squadra di basket ed aveva anche raggiunto una buona conoscenza della lingua italiana".

"Fino a dodici mesi fa avrebbe avuto tutti i requisiti per restare, ma i nuovi regolamenti hanno stravolto tutto" accusa il presidente della Polisportiva, ricordando: "Dopo alcuni mesi di tirocinio lavorativo, nelle ultime settimane aveva anche trovato un’occupazione presso una cooperativa sociale del territorio. Tutto questo per le nuove leggi sull'accoglienza nel nostro Paese, non è stato sufficiente per garantirgli un permesso di soggiorno. La cancellazione del permesso umanitario del decreto sicurezza, ha spezzato le speranze di una vita pacifica e sicura del nostro gigante buono amico e compagno di squadra".

"Non saltava mai un allenamento, anche quando nessuno poteva andarlo a prendere. Una volta è arrivato a piedi dal lavoro, gli piaceva la vita da spogliatoio e i ragazzi erano affezionati a lui" ha confermato l'allenatore. "Non sappiamo se adesso senza Gangio saremo più sicuri in Italia o se qualche italiano vivrà meglio senza di lui. Noi sicuramente sappiamo che ci mancherà moltissimo e speriamo di poterlo riabbracciare presto e riaverlo in campo con noi. Buona fortuna Gangio con tutto il cuore!" è il saluto sul pagina Facebook del gruppo sportivo

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