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Muore schiantandosi contro un palo: 21 anni fa uccise moglie, figlia e sorella

Ventuno anni fa uccise a coltellate la sua famiglia e poi tentò il suicidio facendo esplodere la palazzina di Piombino, dove viveva. Simone Cantariadi è morto schiantandosi contro un palo con la sua auto, alla periferia di Prato. Per la strage in cui morirono la moglie Sabrina, la sorella Claudia, la figlia Vanessa di 4 anni, fu condannato a 16 anni di carcere, scontandone solo dieci.
A cura di Angela Marino
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Muore in un incidente d'auto Simone Cantaridi, 46 anni, l'uomo che quasi 21 anni fa sterminò la famiglia e tentò di suicidarsi facendo esplodere la propria casa. È accaduto a Prato, in una strada di periferia, dove l'auto guidata da Cantariadi si è schiantata contro un albero. Ancora da accertare la dinamica dell'incidente. Non si esclude che possa trattarsi di un gesto volontario.

Il 46enne è noto alle cronache per la strage di Piombino. Il 14 aprile 1999 nell'appartamento in cui abitava con la famiglia nel paese alle porte di Livorno, l'allora 25enne uccise a coltellate la moglie Sabrina, ventiquattro anni, la sorella Claudia di ventisette, la figlia Vanessa di quattro e poi tentò di uccidersi col gas, provocando lo scoppio della palazzina in via Landi. Per alcuni giorni si pensò che fosse stato uno sfortunato incidente, poi le indagini dei carabinieri di Piombino, svelarono la verità."Sono stato io – ammise – volevo farla finita".

Secondo la ricostruzione dell'epoca Cantaridi uccise prima la moglie e la figlia alle 7, 30 del marrino, mentre erano ancora a letto, probabilmente addormentate. Una coltellata in pancia alla mamma, due al petto alla figlioletta. La sorella Claudia, invece, fu uccisa dopo una colluttazione, forse aveva sentito le grida e aveva tentato di scappare o di difendersi, ma aveva avuto la peggio. Cantaridi aveva poi aperto la bombola del gas in camera da letto, per uccidersi. Solo per un miracolo era sopravvissuto. Dopo l'esplosione, infatti, un materasso dal piano superiore gli era crollato addosso che lo proteggendolo il tempo necessario all'arrivo dei soccorsi. Fu condannato a sedici anni di carcere e rimesso in libertà nel 2009, grazie alla buona condotta, scontandone solo 10.

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