187 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Insulti dai sostenitori di Chico: “In questo Paese non si può dire che Forti è colpevole”

“Credo che Chico Forti abbia detto e dica un sacco di bugie, per questo ci sono persone che mi insultano e minacciano in rete”. A Fanpage Claudio Giusti, uno dei sostenitori della tesi colpevolista sull’imprenditore trentino Chico Forti all’ergastolo nelle prigioni degli States per l’omicidio di Dale Pike. “Gli italiani sono un popolo di creduloni e Facebook ha solo amplificato loro voce”.
A cura di Redazione
187 CONDIVISIONI
Immagine

Alcuni programmi televisivi hanno riportato sulle pagine di cronaca il caso di Enrico Forti, ‘Chico', l'imprenditore trentino all'ergastolo nelle prigioni della Florida per l'omicidio dell'australiano Dale Pike. Con i social è nata una vera è propria campagna innocentista che oggi supporta la richiesta di grazia dell'imprenditore. Insulti e minacce, invece, sono riservati in rete a chi sostiene che la corte che lo ha condannato non abbia commesso un errore e che sia un assassino. Tra questi Claudio Giusti, esperto di diritti umani, che racconta a Fanpage.it perché l'Italia non si può dire che Chico Forti è colpevole.

Ci ha scritto per segnalare di essere vittima di insulti in rete da quando si occupa di Forti.

"Insulti, le minacce, intimidazioni, da quando mi occupo del caso Chico Forti, ne ho ricevuta una quantità sono una quantità, da persone che lo sostengono".

Intanto ci spieghi a che titolo si è interessato del caso Forti. Lei non è un addetto ai lavori.

"Se fossi un giurista italiano direi le stupidaggini che dicono tutti gli altri. Mi occupo dell'omicidio di Dale Pike dal 2012 e da allora vengo insultato e deriso in tutti i modi dai sostenitori di Forti".

Se non è un addetto ai lavori chi è? Qual è il suo curriculum?

"Beh, oggi sono in pensione, vivo a Forlì. Mi sono laureato in storia molti anni fa con una tesi sul dissenso in Unione sovietica, sono antifascista. Mi occupo di diritti umani da vent'anni, sono stato uno dei fondatori della sezione italiana di Amnesty International. Ho fatto parecchi lavori nella vita. Adesso seguo questo e altri casi per hobby. Se mi cerca su internet vedrà che ho scritto tanto sulla pena di morte, sul diritto statunitense. Siamo in due a occuparci di sta roba in Italia, poi c'è praticamente il deserto".

Perché è convinto che Chico Forti sia colpevole?

"Intanto, quello che conta, è che ne stata convinta la giuria. Lui ha avuto un lungo processo per i canoni americani, con 4, 5 appelli, al contrario di quello che vogliono farci credere. Noi di questa storia non sappiamo proprio null e quanto ai documenti, tranne quelle poche migliaia di pagine che sono state diffuse e sono solo una minima parte del materiale investigativo e processuale, non abbiamo avuto la possibilità di leggere nulla e questo la dice lunga".

Il caso è stato trattato da alcune note trasmissioni televisive con la linea del dubbio

"Quelli della cura Stamina? Ecco. Beh intanto alcune ricostruzioni sono molto caotiche, si fa fatica a seguire il filo del discorso, ma alcune delle cose che vengono dette in questo caos, sono sfacciatamente false".

Quali sarebbero le cose false?

"Secondo la vulgata di questi ultimi dieci anni, Forti sarebbe stato condannato sulla base di una sensazione, dopo un processo lampo in cui non si sarebbe potuto difendere e dove non c'erano né le prove né il movente. Qualcuno ci ha fatto credere che il giudice era in combutta con l'avvocato difensore e si erano messi d'accordo per fregarlo, che non gli hanno dato gli appelli. Ognuna di queste affermazioni in America, vale cinque anni per insulto alla Corte. Infatti questa tesi non è mai arrivata negli Stati Uniti".

Come spiega la corrente fortiana e il costante paragone con Amanda Knox?

"Questo fa parte della stupidità italiota. Amanda Knox è stata assolta in Cassazione. Le persone dicono ‘beh la Clinton si è mossa, avremmo dovuto muoverci anche noi per Forti'. Abbiamo altri prigionieri negli Stati Uniti e gli Americani ne hanno 20 qui da noi, di cui non si parla mai. Si citano casi senza fare un ragionamento".

Da 21 anni Forti sconta l'ergastolo, ma sembra che alcuni scoprano il caso solo ora. 

"Non è vero che non se ne è parlato, se ne parla da 20 anni, la differenza sostanziale è che questa roba è finita su Facebook".

Ha mai avuto contatti con la famiglia Forti?

"Io ho un rapporto di stima con una persona molto vicina al Forti con cui ho avuto per anni degli scambi e a cui ho mandato tutto quello che ho trovato che potesse in qualche modo servire a trovare una via di uscita. Ho suggerito loro di mettersi in contatto con persone competenti, con l'Innocent Project per esempio, ma loro hanno rifiutato. Il punto è che non vogliono essere aiutati da persone esperte. Loro vogliono qualcuno che creda ciecamente a quello che dicono. Avete mai notato che mai nessun corrispondente dall'Italia negli Stati Uniti sia stato coinvolto? Buffo no?".

Che mi dice della moglie Heather? 

"Non ha mai mosso un dito a favore del marito, tant'è che la prima bugia la dice a lei. Lei è sparita è andata il più lontano possibile, alla Hawaii dalla mamma e si è rifatta una vita".

Pensa che questa campagna possa portare a un cambiamento della condizione del Forti?

"Non vedo perché. In America ci sono migliaia di ergastolani e di condannati nel braccio della morte, nonché di italiani reclusi. Non ricordo un precedente di una grazia se non in casi di reati molto meno gravi. A lui restano, effettivamente tre possibilità: chiedere un nuovo processo ma servirebbero elementi di prova molto molto forti; chiedere di essere tradotto in Italia; l'altra ancora che il governatore gli conceda la grazia. Nessuna di queste mi sembra probabile".

Lei ha parlato di bugie. Quali sarebbero le menzogne del caso Forti?

"Quando i sostenitori del Forti dicono che è stato assolto dalla truffa mentono. C'è stato un nolle prosequi, cioè la mancata prosecuzione dell'accusa di truffa in quanto movente dell'omicidio, perché gli americani non fanno due processi".

Tornando gli insulti, qual è quello che l'ha infastidita di più?

"Il classico ‘chi ti paga', ‘chi c'è dietro'. Peraltro non mi dispiacerebbe neanche se qualcuno mi pagasse per occuparmi di diritti umani, ma soldi non ne ho mai presi anzi, ne ho spesi tanti".

La minaccia che l'ha inquietata di più?

"Nel 2016 un tizio mi fece una serie di telefonate con un italiano spaventoso in cui diceva cose tipo: "Sei solo, stiamo venendo a prenderti". Quando ho parlato con una mia amica in polizia queste telefonate sono cessate".

Qualcuno è mai venuto a cercarla a casa? Teme che possano importunarla?

"No, ma ogni tanto temo possa succedere. Molto sono dei vecchietti, altre sono donne innamorate del Forti, ma più che altro si limitano a insultare su Facebook".

187 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views