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Migrante ucciso a Reggio Calabria, c’è un indagato per l’omicidio di Soumayla

Si tratterebbe di un agricoltore italiano di circa 40 anni che abita a San Calogero. È il primo risultato degli accertamenti dei carabinieri per l’omicidio del 29enne del Mali, ucciso a colpi di fucile sabato sera in provincia di Vibo Valentia.
A cura di Biagio Chiariello
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Il nome di una persona è stato iscritto nel registro degli indagati per l'omicidio di Soumayla Sacko, il 29enne del Mali ucciso a colpi di fucile sabato sera a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia. I carabinieri della Compagnia di Tropea e della stazione locale hanno notificato a un uomo del posto un "avviso della persona indagata" e contestuale "notifica di accertamenti tecnici non ripetibili" in relazione all'omicidio, emesso dalla Procura vibonese che coordina le indagini. Secondo indiscrezioni, si tratterebbe di un agricoltore italiano di circa 40 anni che abita a San Calogero. In particolare sarebbe un uomo con rapporti di parentela stretti con uno dei soci della società proprietaria della ex fornace, la fabbrica abbandonata al confine fra il vibonese e la Piana di Gioia Tauro nei  pressi della quale è avvenuto l'omicidio.  Per gli inquirenti dunque si tratterrebbe di una testa calda che sull'ex fornace avrebbe più di un interesse.  Anche per questo attualmente è indagato per omicidio ma non gli è stata contestata alcuna aggravante. Per lui ora ci sarà la prova dello stub, l'esame per accertare la presenza di residui da sparo su mani e vestiti. Se dovesse risultare positivo, per l'uomo dovrebbe scattare l'arresto. A lui gli inquirenti sono arrivati grazie al racconto e al descrizione fatta dagli altri due migranti bersagliati. In particolare  Drame Madiheri lo aveva descritto bene ma soprattutto aveva indicato con precisione l'auto che guidava e persino parte del numero di targa

L'omicidio di Soumayla Sacko

L’omicidio è avvenuto nella serata di sabato 2 giugno: Sacko Soumayla si trovava con altre due connazionali e tutti avevano un regolare permesso di soggiorno. Vivevano nella vicina tendopoli nella frazione di San Ferdinando, senza luce o acqua potabile e abitata dalle persone che lavorano senza regolare contratto come braccianti nei campi della piana di Gioia Tauro per pochi euro al giorno. Lo scorso 27 gennaio nella baraccopoli c’era stato un incendio in cui era morta una donna, Becky Moses, di origini nigeriane. Dopo quell’episodio i profughi avevano cominciato a utilizzare le lamiere per ricostruire i casotti di fortuna. Sabato sera Soumayla e i suoi due amici stavano facendo proprio questo. Secondo il racconto di uno dei sopravvissuti, a sparare sarebbe stato un uomo sceso da una Panda bianca che ha sparato quattro colpi: si tratterebbe di “un anziano, bianco”.

La protesta dei migranti

A San Ferdinando, un gruppo di migranti, provenienti dalla tendopoli nella quale abitava il giovane, ieri ha manifestato davanti al Municipio: “Hanno paura di noi, delle nostre rivendicazioni, delle nostre battaglie. Hanno paura che le lotte dei migranti, degli esclusi, dei senza diritti, degli sfruttati si fondano per montare come una marea inarrestabile. Così, visto che non gli è bastato sabato sera stroncare a fucilate la vita di Soumaila Sacko – che lascia la giovane moglie e una figlia di 5 anni – i caporali avrebbero voluto che i braccianti della piana di Gioia Tauro riprendessero le loro giornate fatte di miseria e sfruttamento, senza creare problemi”.

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