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L’Inps toglie indennità per errore a un’insegnante. La Corte Ue dei Diritti Umani: “Risarcitela”

La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver imposto ad Amelia Casarin di rimborsare le somme che l’Inps le ha dato per errore, e ha stabilito che lo Stato dovrà risarcirle l’intero ammontare, circa 14 mila euro, le spese legali, e 8 mila euro per danni morali.
A cura di Davide Falcioni
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La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per aver imposto ad Amelia Casarin di rimborsare le somme che l'Inps le ha dato per errore, e ha stabilito che lo Stato dovrà risarcirle l'intero ammontare, circa 14 mila euro, le spese legali, e 8 mila euro per danni morali. Tra il 1998 e il 2004 la donna ha percepito un'indennità che avrebbe dovuto assicurarle un salario uguale a quello percepito come insegnante dopo aver accettato il trasferimento all'Inps.

L'ente ha sospeso il pagamento nel 2004 e nel 2008 ha ordinato alla signora di restituire le somme già ricevute. La Corte di Strasburgo, otto anni dopo aver ricevuto il ricorso, ha stabilito che in questo caso particolare la richiesta dell'Inps, convalidata dai tribunali italiani, ha violato il diritto alla proprietà privata. La CEDU, in particolare, nel febbraio del 2016 aveva chiesto al Governo italiano di rispondere alle seguenti domande:

Se vi è stata una lesione del diritto della ricorrente al rispetto dei suoi beni, così come previsto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1; se la ricorrente è stata privata dei suoi beni secondo le condizioni stabilite dalla legge, così come previsto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1; se in particolare, l’ingerenza ha sottoposto la ricorrente ad un carico eccessivo. Se la ricorrente è stata vittima, nell’esercizio dei diritti garantiti dalla Convenzione, di una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo n. 1.

Dopo la risposta del governo i giudici hanno oggi stabilito che la donna non abbia avuto nessuna responsabilità per l'errore, e che non poteva sospettare uno sbaglio essendo proprio l'Inps ad aver stabilito l'indennità. Per finire i giudici evidenziano che l'ente ha agito solo anni dopo aver versato le somme. Secondo la Corte i tribunali hanno fatto pesare sulle sole spalle della donna l'errore commesso unicamente dall'istituto di previdenza, senza tenere conto della sua situazione economica. La donna, andata in pensione anticipata per una grave malattia, percepiva 1.200 euro al mese, da cui per anni le sono stati tolti 200 euro per rimborsare l'ente.

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