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La storia di Valentina, sfregiata col cherosene. Ora è testimonial per la polizia

Il 17 aprile del 2011 Valentina Pitzalis, una giovane sarda, fu vittima di un tentativo di omicidio. L’ex marito Manuel Piredda le gettò addosso del cherosene e tentò di darle fuoco. Lei si risvegliò in un letto d’ospedale col volto sfregiato, una mano amputata e un’altra gravemente ustionata. L’ex morì tra le fiamme.
A cura di Susanna Picone
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“Sono precipitata nell'inferno. Ho combattuto la morte e l'ho sconfitta, ma quell'inferno non riesco a lasciarmelo alle spalle e ne porto i segni in tutto il corpo”. Si legge questa frase sulla pagina Facebook dedicata (e gestita) da Valentina Pitzalis, una giovane donna di Carbonia (Cagliari) che ha visto la sua vita cambiare il 17 aprile del 2011. Cioè da quando è sopravvissuta a un tentativo di omicidio. A cercare di ucciderla è stato il suo ex marito, Manuel Piredda, un uomo possessivo e incapace di superare la separazione (Valentina e Manuel non stavano più insieme da qualche tempo). Quella sera di aprile Piredda attirò Valentina a casa sua con un pretesto ma lì le lanciò addosso del cherosene e tentò di darle fuoco. Valentina Pitzalis all’epoca aveva 27 anni e fortunatamente si salvò (a differenza del suo aguzzino, morto nell’incendio). Ma il suo viso è rimasto sfregiato e ha perso un braccio. Da quel giorno la donna ha affrontato decine di interventi ma nonostante tutto il dolore subito non ha perso il sorriso. E oggi è diventata una persona che cerca di aiutare le altre donne vittime di violenza, di convincerle a non commettere gli stessi suoi errori e non sottovalutare i segnali di allarme.

L’impegno di Valentina Pitzalis contro la violenza sulle donne

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebrerà il 25 novembre, Valentina Pitzalis ha lanciato un videomessaggio attraverso i canali della Polizia di Stato per ricordare il suo impegno contro il femminicidio. Ora Valentina gira l’Italia raccontando la sua esperienza affinché il suo volto sfregiato sia un avvertimento per le ragazze ma faccia capire anche ai ragazzi l'importanza del rispetto dell'altro. “Io da quella violenza sono uscita – dice Valentina nel video della Polizia – sono sopravvissuta e da allora spendo ogni giorno, metto la mia faccia, collaboro con una associazione e giriamo l’Italia per creare eventi di sensibilizzazione e avvicinare tutti a questo tema. Per dire tutti insieme ‘no alla violenza’”.

Ogni anno oltre cento donne vengono uccise in Italia

Ogni anno oltre cento donne vengono uccise in Italia da uomini che conoscevano o con cui molto spesso avevano avuto una relazione. “Il fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne non ha territorialità, non ha categorie, non è frutto di emarginazione, non appartiene a un basso ceto sociale. Ci aspetteremmo che in ambienti dove c’è cultura e non manca il denaro questo fenomeno sia meno diffuso. Ma non è così. Se da una parte si è verificata una diminuzione di casi di femminicidi, non cambiano i dati relativi al reato di maltrattamenti. Quest’ultimo è molto pericoloso perché può sfociare in tragedia”, ha spiegato la dottoressa Mariacarla Bocchino, Primo Dirigente della Polizia di Stato presso il Servizio Centrale Operativo.

L’aggressione a Valentina Pitzalis

Valentina Pitzalis, dopo quella drammatica sera del 17 aprile del 2011, si svegliò in un letto di ospedale con il volto completamente sfigurato, una mano amputata e l’altra gravemente danneggiata dalle fiamme così come il resto del corpo. Era finita in quel letto dopo aver incontrato il suo ex marito. Un uomo che l’ha cosparsa di cherosene e le ha dato fuoco. “Ci eravamo lasciati da poco. Mi telefonò con una scusa, aveva bisogno di un documento. Glielo portai a casa, poi un saluto. Mi stavo dirigendo verso la porta d’ingresso quando lui mi chiamò. Io mi voltai e lo vidi gettarmi addosso un liquido. Per reazione portai le mani al volto, un istintivo gesto di autodifesa. Forse, per questo mi sono salvata”, è quanto la donna ha raccontato negli anni ricordando l’aggressione subita. “Era malato di gelosia morbosa. Non mi ha fatto continuare gli studi. Non mi faceva lavorare. Un mio errore, quello di essere stata troppo accondiscendente. Il suo era un amore malato, autodistruttivo. Me ne sono accorta troppo tardi”, spiegava ancora la donna ricordando il rapporto col marito morto tra le fiamme.

I dubbi della madre di Manuel Piredda

“La verità è soltanto una ed è quella scritta nell'inchiesta ufficiale, l'unica eseguita con elementi concreti, l'unica che racconta quella terribile notte in cui il mio ex marito è morto dopo aver cercato di uccidermi”: così Valentina Pitzalis risponde alle accuse mosse dalla sua ex suocera, la madre del marito morto tra le fiamme nel 2011. Una madre, Roberta Mamusa, che ha presentato un esposto in cerca di una verità diversa da quella di un uomo che tenta di uccidere la sua ex moglie. Un esposto per capire se Valentina abbia avuto un ruolo attivo o meno quella notte di aprile 2011 anche perché, secondo la signora Mamusa, il figlio Manuel non era una persona capace di uccidere. L’ex suocera di Valentina ha anche pubblicato una serie di lettere scritte dalla giovane donna per Manuel dopo la loro separazione, lettere che a suo dire dimostrano che era lei a nutrire un amore morboso nei confronti del figlio. Ma Valentina Pitzalis appare tranquilla: “Credo nella giustizia e sono certa che se mai venisse aperta una nuova inchiesta si arriverebbe all'identica verità, a quella verità che ho vissuto sulla mia pelle e di cui porto nel viso e nel mio corpo le cicatrici”, ha spiegato affermando che continuerà a concentrarsi per sostenere le donne vittime di violenza.

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