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La storia di Alina Cossu, picchiata a morte e gettata da una scogliera

Il corpo di Alina Cossu, 21 anni, fu trovato la mattina del 10 settembre del 1988 da due pescatori ad Abbacurrente, a Porto Torres, in Sardegna. La ragazza era stata picchiata e strangolata. Tra i primi sospettati fu incluso Gianluca Moalli, amico della ragazza. Il suo nome tornerà ripetutamente nell’inchiesta senza che gli investigatori riescano a dimostrare il suo coinvolgimento nel delitto.
A cura di Angela Marino
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Trent'anni d'indagini, cinque indagati e nessun colpevole. L'omicidio della 21enne Alina Cossu, picchiata selvaggiamente, strangolata e poi gettata da una scogliera in località Abbacurrente, a Porto Torres, resta ancora un mistero.

L'omicidio di Alina Cossu

È la mattina del 10 settembre 1988, quando due pescatori notano qualcosa incastrato tra gli scogli della bellissima spiaggia sarda. Quando si avvicinano notano con sgomento che si tratta del corpo di una giovane donna. Le forze dell'ordine arrivano circa un'ora dopo, recuperano il cadavere e lo adagiano sulla battigia. La scena non è stata transennata, decine di piedi calpestano la sabbia dove l'assassino della giovane ha camminato solo poche ore prima. Sul posto arriva una ragazza, Franca Cossu: gli agenti attendono dalla sua voce la conferma che quello sia il corpo di Alina. Sotto choc, Franca, conferma: quella è proprio sua sorella.

L'autopsia eseguita alcune ore dopo rivela particolari raccapriccianti: Alina è stata picchiata con una furia cieca e poi scaraventata dal suo assassino nell'acqua, nell'evidente tentativo di simulare un suicidio, ma la giovane, probabilmente, aveva solo perso i sensi e quando il suo aguzzino se ne è accorto l'ha strangolata. Sulla fronte, la ragazza presenta un'impronta di scarpa, segno che qualcuno l'ha presa a calci o calpestata con forza. La natura delle lesioni è compatibile con un'aggressione avvenuta in un luogo chiuso e molto ristretto, come l'abitacolo di un'auto. Non ha subìto violenza sessuale.

L'ultima sera di Alina Cossu

Per gli inquirenti l'omicidio della studentessa è un rebus. Chi poteva aver voluto fare del male a quella giovane mite, solare, senza grilli per la testa? Alina era una ragazza indipendente, tanto che per non gravare sul bilancio familiare aveva deciso di pagarsi gli studi lavorando in una gelateria. È proprio lì che è stata vista l'ultima volta la sera del suo omicidio. È il 10 settembre, la 21enne ha da poco finito il suo turno, quando chiede a un collega di prepararle un gelato e poi va via. È diretta a casa, almeno così dice. Si incammina sul corso principale di Porto Torres: casa sua è a un quarto d’ora di cammino, ma non ci arriverà mai. Alle 5 del giorno seguente, Angelo Delogu, un pescatore della zona, dà l'allarme alla polizia: "Venite, c'è un cadavere". Sulla scena l'uomo nota anche la presenza di un paio di orecchini scuri e di un pacchetto di sigarette marca ‘Marlboro'. Il giorno dopo, la sorella di Alina racconta alla polizia di un ragazzo che avrebbe dato delle lezioni di guida al Alina, quando aveva il foglio rosa. Qualcuno che, anche se era una ragazza prudente e accorta, l'avrebbe sicuramente convinta a salire in auto: si tratta di un operaio di Porto Torres  che lavora nello stesso stabilimento del padre di Alina. Si chiama Gianluca Moalli, guida una ritmo Chiara. E fuma le ‘Marlboro'.

Il sospettato

Il ragazzo viene interrogato. Sul corpo ha delle strane ferite che dice di essersi procurato giocando con il suo gatto. Racconta agli inquirenti che la sera dell'omicidio è rincasato presto. Anche la sua ragazza viene interrogata dagli investigatori. Il suo contributo è importante, in quanto la giovane, essendo estremamente gelosa, ha l'abitudine di verificare gli spostamenti del fidanzato controllando i chilometri percorsi sul tachimetro della Fiat Ritmo. Quella sera, riferisce la ragazza, sono sei i chilometri indicati dal dispositivo. Dalla casa di lei a quella del Moalli, corre un solo chilometro. Da Abbacurrente a Porto Torres si contano tre chilometri: ad andare e tornare fanno esattamente sei. I sei chilometri segnati dal dispositivo. Gianluca, però, racconta di aver colmato quella distanza intrattenendosi sotto casa di alcuni amici per sentire una audiocassetta di Moana Pozzi. Il gruppo si sarebbe separato intorno alle 23 e 30, orario in cui l'operaio dice di essere tornato a dove lo avrebbero incontrato il fratello e la fidanzata di lui, ma lei smentisce. La ragazza dice che stava dormendo quando il giovane è rientrato e che era molto tardi.

L'alibi, dunque, è incerto. Non potrebbero, tuttavia, gli inquirenti, verificare se l'impronta sul viso di Alina corrisponda alla suola delle scarpe di Gianluca? Purtroppo no: le scarpe che calzava il giovane infatti, non sono state sequestrate, ma solo fotografate e non è possibile fare confronti perché il Moalli le ha gettate via. A questo punto il gip dispone il non luogo a procedere nei confronti dell'operaio. Il commissario della questura di Sassari, Giuseppe Foddai, alla guida delle indagini, non sembra essere d'accordo.“Non riconoscere Moalli come esecutore materiale di questo omicidio – scrive nell'informativa destinata al Pm –  equivale a dire che a Porto Torres quella sera, nella stessa fascia oraria, con la stessa macchina, c’era una persona che aveva lo stesso grado di conoscenza di Alina, tale da indurla a salire nell’autovettura; che aveva le stesse lesioni; che calzava le stesse scarpe; che fumava le Marlboro e che si trovava in viale delle Vigne nello stesso tempo in cui transitava a piedi la povera Alina Cossu”.

Qualcuno ha visto: la lettera

Del caso si occupa anche la trasmissione Chi l'ha visto? di Rai Tre, all'epoca condotta da Donatella Raffai. Molte segnalazioni riguardano l'omicidio di Porto Torres, alcune di queste raggiungono direttamente la famiglia: una donna dice di aver visto chi ha ucciso la 21enne e che presto andrà alla polizia. Nessuno, però, si fa vivo e per ben due volte, in tempi diversi, due donne vengono indagate per falsa testimonianza: Maria Giovanna Finca e Giuseppina Liberata Porcu. Proprio una nuova testimonianza introduce in scena altri attori: sono Francesco Ruggiu, Pietro Grezza, Antonio Luigi Canu e Banfi. In una lettera giunta alla Procura nel 2008, un anonimo testimone racconta di aver visto, la sera del 10 settembre 1988, Alina che camminava sul corso principale per poi svoltare in via Adelasia. Lì aveva sede un circolo privato dove alcuni uomini erano riuniti per una cena.

Su quella compagnia punta l’attenzione la lettera anonima. Tra questi quattro uomini uno, il vigile urbano Francescu Raggiu, era già stato sentito all’epoca dei fatti. Era stato menzionato da un vicino di casa che aveva raccontato di una lite coniugale tra il Ruggiu e la moglie durante la quale avrebbero gridato il nome di Alina. La lettera anonima del 2008 indicava proprio il vigile come assassino della studentessa. L'uomo, accusa il testimone, avrebbe trasportato il corpo della vittima a bordo di una Fiat Ritmo sulla scogliera. Una donna, riferisce che quella stessa sera l'agente municipale le aveva chiesto il prestito la sua Ritmo per ‘accompagnare un amico'. L'indomani, gliel'avrebbe restituita con un paio di guanti di pelle nel bagagliaio. Tutto finisce in una bolla di sapone quando gli esami del Ris nelle case degli indagati non danno alcun risultato. A quel punto, con le nuove metodologie di analisi forensi, entra in ballo un altro elemento: il DNA.

La riesumazione del cadavere

Nel 2011 La Procura dispone la riesumazione del corpo e una nuova autopsia. La prima infatti non faceva menzione di tracce biologiche sotto le unghie di Alina. L'esame viene eseguito il 5 novembre. Tre mesi prima, Fermo Banfi, titolare dell'ottica vicino alla gelateria in cui lavorava Alina e quarto dei cinque indagati, si era tolto la vita. All'epoca dell'inchiesta aveva scritto in una lettera destinata agli investigatori: “Ho avuto l’onore della prima pagina dei giornali locali meritandomi l'onta del mostro, senza dimenticare i quarant’anni di lavoro buttati a mare chiudendo la mia attività”. Dall'esame, tuttavia, non emerge alcuna traccia. Dopo 32 anni, l'inchiesta per omicidio non ha visto alcuna soluzione.

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