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Delitto della Cattolica: l’omicidio di Simonetta Ferrero, uccisa da 33 coltellate

Con il ‘delitto della Cattolica’ si fa riferimento al brutale assassinio (irrisolto) di Simona Ferrero, 26 anni, avvenuto il 26 luglio 1971 nei bagni dell’Università Cattolica di Milano. Le indagini sul feroce omicidio della nipote di monsignor Carlo Ferrero, si concentrarono immediatamente tra le mura dell’antico monastero cistercense. Simonetta era stata sorpresa mentre usciva da uno dei bagni, placcata dal suo aguzzino e finita con trentatré fendenti.
A cura di Angela Marino
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A luglio il chiostro monumentale dell'Università cattolica del Sacro Cuore, a Milano, è un deserto battuto dal sole. Svuotato degli studenti che in primavera popolano le panchine, il monastero cistercense dell'abbazia di Sant'Ambrogio rivive nella sua antica anima spirituale, luogo di preghiera e meditazione nel cuore della città.

L'università

Era così anche quel sabato mattina del 1971, il ventiquattresimo giorno di luglio, in una Milano afosa e rovente. Per i corridoi, dove era rimasta solo una manciata di studenti, una ragazza con i capelli corti e un abitino leggero, si affrettava svelta. Simonetta, 26 anni, in realtà si era laureata in scienze politiche l'anno prima e, con l'aiuto del papà, impiegato alla Montedison, aveva trovato subito un ottimo lavoro come responsabile della selezione del personale. Dopo un salto in profumeria e in libreria, quella mattina era passata dalla sua vecchia università per sbrigare alcune commissioni prima di partire per la Corsica con i suoi.

Una famiglia devota

Nell'anno della contestazione studentesca, quando i giovani si riunivano nelle piazze per chiedere l'abrogazione del divieto di vendita degli anticoncezionali, invece di partire alla scoperta del mondo come i suoi coetanei, la giovane Simonetta andava al mare con la mamma e il papà. Originaria di una famiglia borghese del Monferrato e nipote del monsignor Carlo Ferrero, Simonetta, detta ‘Munny' era proprio così: una ragazza tranquilla che passava il suo tempo libero a fare la volontaria nelle ‘Dame di san Vincenzo' e nella Croce Rossa.

L'orrore nei bagni dell'Università

Quel giorno Munny non rincasò per pranzo e neanche per cena, finché, disperati, i genitori sporsero denunciata di scomparsa al commissariato di Magenta. Il lunedì successivo un giovane seminarista di 21 anni, Mario Toso, avvertì il custode che nei bagni femminili al piano all'ammezzato della scala G, c'era qualcosa che doveva subito vedere. Eccola lì, Simonetta, sdraiata sul fianco nel suo sangue sul pavimento del bagno di quella che era stata per cinque anni la sua casa.

Ma c'è un testimone

Fu difficile spiegare ai genitori e alle sorelle della ragazza che, tra tomi di teologia e tonache, volte secolari e giardini ‘delle vergini', a due passi dai banchi dove studiò Gianni Rodari, la loro Simonetta era stata aggredita a coltellate e uccisa. Gli agenti della Mobile si misero alacremente al lavoro per trovare il mostro della Cattolica mentre l'unico testimone, il seminarista, Mario Toso, dopo la scoperta era salito sul primo treno per tornare all'Istituto salesiano Mirabello Monferrato. ‘Sono stato preso dal panico', spiegherà, due giorni dopo, agli investigatori.

Trentatré coltellate

Sembrava improbabile che qualcuno avesse avesse massacrato una ragazza nei bagni dell'ateneo e fosse uscito prima della chiusura, avendo poco meno di un'ora di tempo, ricoperto di sangue, da uno dei tre accessi controllati. Forse, invece, il mostro si trovava già fra le mura dell'ateneo meneghino e, armato di coltello, aveva seguito la ragazza alla toilette. Simonetta, infatti, era stata sorpresa mentre usciva da uno dei bagni, placcata dal suo aguzzino e finita con trentatré fendenti. Curioso, poi, il fatto che il numero di coltellate fosse proprio un multiplo di tre, come la trinità divina.

La pista del maniaco

Vennero interrogati tutti coloro che erano presenti quel giorno, gli operai impegnati nei lavori di ristrutturazione all'Università, il custode, gli studenti, ma risultarono tutti estranei ai fatti. Escluso dai sospetti anche Mario Toso, il religioso che scoprì il corpo. L'assassino di Simonetta era una specie di fantasma materializzatosi nell'antico monastero e smaterializzatosi dopo quella barbarie. Gli inquirenti riuscirono a ricostruirne solo la statura, calcolata tra 1 metro e 80 e 1 metro e 85 centimetri, attraverso la dimensione dell'impronta della mano sulla porta.

La lettera anonima

Nel 1987, un'altra giovane donna, Lidia Macchi, ex scout, venne stuprata e uccisa al Sass Pinì di Cittiglio. Fu vagliata la pista del serial killer, ma i due delitti non parvero collegabili. Nel 1993 il questore Achille Serra ricevette una lettera anonima che segnalava la presenza all'Università nel periodo dell'omicidio, di un sacerdote 50enne veneto, poi allontanato per aver molestato una studentessa nel 1974, a tre anni dal delitto. Anche questa pista non portò a niente.

Come quello di un'altra Simonetta – Cesaroni – uccisa a Roma nell'estate del 1990, anche lei a coltellate, quello della nipote del monsignore resterà un delitto irrisolto. Se fosse accaduto in tempi più recenti l'assassino sarebbe stato identificato attraverso le il DNA estratto dai frammenti di pelle trovati sotto le unghie di Simonetta, che tentò in tutti i modi di difendersi. Oggi invece, a cinquant'anni di distanza, resta una specie di leggenda, un'ombra nera sull'università tra i cui corridoi, un tempo, si nascose un assassino.

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