Kit per l’eutanasia in vendita sul web: indaga la Procura di Torino

A Peaceful Death is Everybody’s Right. Un “claim” originale per una fondazione per l’eutanasia. Un claim che deve aver incuriosito, se questo termine può essere appropriato, qualcuno al punto tale da richiedere un kit per il “suicidio assistito” su internet e farselo spedire dall’Australia fino a Torino.
Questa scatola contenente una siringa, un porta compresse e una soluzione chimica è finita poi sulla scrivania del dott. Guariniello, Procuratore Generale a Torino. L’ipotesi più accreditata è che questo kit debba servire a testare il Pentobarbitol, una sostanza che, usata a dosi massicce, serve a fornire la “exit strategy” delle esecuzioni capitali previste in diversi Paesi mentre, usata a piccole dosi può aiutare a “stordire” qualcuno (una pratica usata dalla nostra mafia secondo Guariniello). È chiaro che il kit in questione dovrà essere analizzato, intanto ha fatto aprire un’inchiesta della magistratura contro ignoti, al momento senza formulare alcuna ipotesi di reato.
Un termine, eutanasia, che letteralmente vuol dire “buona morte” non può non provocare problemi in un Paese come il nostro dove già troppi casi hanno commosso e indignato l’opinione pubblica. Per fare solo qualche nome ricordiamo Eluana Englaro, Piergiorgio Welby o Terri Schiavo, “casi” per cui talvolta la parola eutanasia è stata usata anche erroneamente. Se tanto rumore fanno storie del genere infatti, è anche perché forse non c’è ancora in Italia, per quanto in questi ultimi anni se ne parla e si lavora su questi temi, la preparazione adatta per seguire e capire situazioni del genere. Per quanto riguarda la legge, in Italia l’eutanasia attiva è assimilabile, in generale, all’omicidio volontario (art.575 c.p.). In caso si consenso del malato si configura la fattispecie prevista dall’art. 579 c.p., punito con reclusione da 6 a 15 anni. È reato anche il suicidio assistito.
La fondazione Exit International
La fondazione australiana no-profit protagonista di questa storia, la Exit International, nasce nel 1997 grazie al famoso medico Philip Nitschke dopo che la legge ha regolamentato il diritto ad una “ buona morte”. Il medico stesso è stato il primo a somministrare una soluzione letale a un volontario. L’organizzazione, che prima era conosciuta come “Fondazione di Ricerca eutanasia volontaria” organizza oggi continui incontri e seminari per sensibilizzare sul tema dell’eutanasia nel Regno Unito, in America, in Irlanda e in Nuova Zelanda. Nella stessa Australia l’eutanasia fu legalizzata nel 1966 ma poi, nel1998 il Parlamento federale annullò questo provvedimento.
Quando ci troviamo di fronte a storie di eutanasia o si parla di testamento biologico, la classe politica e l’opinione pubblica si dividono sempre aspramente. C’è chi accusa di omicidio e chi urla a gran voce la personale libertà di scelta. Quel che è sicuro è che i casi di persone che, per aggirare la legge, si recano nella vicina Svizzera e mettono autonomamente fine alla propria vita o che cercano online, tra gli efficienti contatti di un sito ridondante di viola, rappresentano la prova di un problema che evidentemente è sempre vivo nel nostro Paese.