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Il Covid cambia la Chiesa, ma la confessione via smartphone ancora non vale: lo dice il Vaticano

Il Covid sta cambiando anche la Chiesa. Risulta che è possibile, con pazienti in punto di morte, dare delle “assoluzioni collettive” ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri. Ma allo stesso tempo, non può essere considerata valida una confessione celebrata da un sacerdote via smartphone. Lo spiega il cardinale Mauro Piacenza, facendo il punto della situazione sulle trasformazioni che stanno interessando la Chiesa ai tempi del coronavirus.
A cura di Annalisa Girardi
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Il coronavirus ha cambiato moltissimo la nostra quotidianità. Il modo in cui lavoriamo e in cui incontriamo le altre persone, ad esempio. Ma non solo: il Covid sta cambiando anche la Chiesa. Ci sono infatti dei sacramenti, come la Confessione, che in questo momento non tutti i fedeli possono fare. Pensiamo a chi si trova in isolamento dopo aver contratto l'infezione, o in quarantena preventiva dopo un contatto con un positivo, ed è impossibilitato ad uscire. Il Vaticano ha allora deciso di redarre un vademecum rispetto rispetto alle novità che si possono, o meno, fare.

Risulta allora che è possibile, con pazienti in punto di morte, dare delle "assoluzioni collettive" ad esempio all'ingresso dei reparti ospedalieri. Ma allo stesso tempo, non può essere considerata valida una confessione celebrata da un sacerdote via smartphone. Il cardinale Penitenziere Maggiore, Mauro Piacenza, fa il punto delle situazione con l'Osservatore Romano: "Possiamo affermare la probabile invalidità della assoluzione impartita attraverso tali mezzi. Manca infatti la presenza reale del penitente e non si verifica reale trasmissione delle parole della assoluzione; si tratta soltanto di vibrazioni elettriche che riproducono la parola umana".

Come fare allora con chi vorrebbe confessarsi, ma non può materialmente farlo? È sempre il cardinale Piacenza a spiegarlo: "Spetta al vecovo diocesano determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l'assoluzione collettiva: ad esempio all'ingresso dei reparti ospedalieri, dove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l'assoluzione sia udita".

Per poi chiarire, infine, che la Messa vista alla televisione non sostituisce quella celebrata in presenza: "Nulla può surrogare la partecipazione alla santa messa in presenza. Nelle situazioni in cui non sia possibile recarsi alla santa Messa festiva viene meno l'obbligo senza che si debba sostituire con altro la mancata partecipazione. Certamente se chi è impedito per valido motivo assiste alla celebrazione attraverso la televisione compie un atto pio e spiritualmente utile".

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