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Che cos’è l’influenza del cammello e perché secondo l’Iss l’Italia non corre rischi

Secondo l’Istituto superiore di Sanità, tra i tanti virus in circolazione in questo momento in Italia, non sarebbe annoverato quello della Mers (influenza del cammello), che ha destato qualche preoccupazione in relazione al ritorno in Europa dei tifosi di calcio dal Qatar dove ieri si sono conclusi i Mondiali.
A cura di Ida Artiaco
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Da settimane non si fa altro che parlare della cosiddetta influenza del cammello, nome scientifico Mers (Middle East Respiratory Syndrome o Sindrome Respiratoria Mediorientale), una patologia infettiva causata dal coronavirus Mers-CoV. Il motivo è legato alle preoccupazioni per il ritorno in Europa dei tifosi che si sono recati in Qatar per seguire le partite dei Mondiali Calcio 2022.

Anche tre giocatori della Francia, battuta poi in finale a Doha dall'Argentina di Messi, hanno presentato i sintomi della malattia poche ore prima di scendere in campo.

L'infezione, infatti, è stata identificata per la prima volta nel 2012, a Gedda, in Arabia Saudita. Dunque, la zona è endemica per questo tipo di coronavirus. Spesso è trasmessa dai dromedari. Si può manifestare con sintomi lievi alle vie respiratorie, ma in molti casi provoca polmoniti gravi e anche decessi.

Tuttavia tra i tanti virus respiratori che circolano in questo periodo in Italia, secondo l’Istituto superiore di Sanità, quello responsabile della Mers non sarebbe annoverato. Tra i principali figurano, invece, l’ili (influenza like illness, o sindrome simil influenzale), una manifestazione acuta con sintomi generali e respiratori.

Ci sono poi i virus influenzali suddivisi in quattro tipi differenti: il virus tipo A e il virus tipo B, responsabili della sintomatologia influenzale classica. A cui si aggiungono il tipo C, di scarsa rilevanza clinica, e il tipo D, la cui possibilità di infettare l’uomo non è ancora chiara. Ed, infine, immancabile, c'è anche il Sars-CoV-2, il virus responsabile del Covid-19, che fa parte della famiglia dei coronavirus.

Nei giorni scorsi a rassicurare gli italiani ci aveva pensato anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.

"Si tratta di un virus che conosciamo da dieci anni – ha spiegato – e non è mai riuscito realmente ad uscire dal Medio Oriente nonostante ci siano stati dei cluster in chi si recava in pellegrinaggio a La Mecca. È un virus che ha contagiosità molto bassa, quindi il rischio da chi rientra in Europa è difficile. Chi è del mestiere conosce la Sindrome respiratoria mediorientale da anni, è un problema vecchio che non credo tornerà fuori".

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