Carabiniere ucciso a pochi giorni dalla pensione: “Guardava negli occhi il collega chiedendogli aiuto”

Gli ultimi turni di lavoro, la prospettiva imminente delle vacanze e della pensione, una vita tra casa e caserma spezzata proprio al termine del servizio nell'Arma dei Carabinieri. Il brigadiere Carlo Legrottaglie è stato ucciso durante un inseguimento della radiomobile di Francavilla Fontana, per cui lavorava dal 2016. Illeso il collega, mentre uno dei due rapinatori è deceduto nel corso della giornata e l'altro è instato di fermo dopo essere stato rintracciato in una masseria delle campagne brindisine.
Il luogotenente Marco Guardo, comandante della radiomobile di Francavilla Fontana, racconta a Fanpage.it chi era il brigadiere Legrottaglie.
Comandante, che cosa è successo questa mattina?
"La radiomobile in cui era impegnato Carlo insieme a un collega stava facendo un controllo nella zona industriale di Francavilla Fontana e aveva individuato una vettura sospetta. Dopo uno scambio di sguardi i due agenti si sono avvicinati per controllare ma i soggetti a bordo sono subito scappati, percorrendo vie anche contromano. Dopo un passaggio a livello, la vettura inseguita si è schiantata contro un palo della rete elettrica. A quel punto i due fuggitivi sono scesi dal mezzo e così ha fatto Carlo, affrontando il malvivente più vicino a lui. Ne è nato un conflitto a fuoco, dove Legrottaglie viene colpito mortalmente al basso ventre e il malvivente, sebbene ferito, scappa con il complice illeso per le campagne. Viene inseguito per un po’ dall'altro collega, che era vicino a Carlo, ma poi desiste dall’inseguirli perché richiamato dalle grida d'aiuto del buon Carlo che era rimasto per terra. Gli operatori del 118 gli hanno subito praticato svariati massaggi cardiaci, ma non ce l'ha fatta".
Chi era Carlo Legrottaglie?
"Carlo Legrottaglie era una persona veramente splendida. Non lo dico perché sono il suo comandante e lo conosco dal 2016, quando venne qui a Francavilla a prestare servizio all’aliquota radiomobile. Lui è un professionista del settore, quindi del pronto intervento: vigoroso, energico, non sembrava neanche avere i suoi sessant'anni".
Che rapporto c'era con i colleghi?
"Tutti lo chiamavano zio Carlo o zio Carletto, perché lo vedevano come persona più grande e responsabile, una persona che veramente si metteva a disposizione di tutti i colleghi. Era il più grande di tutti e il più paterno di tutti. Io lo definisco un'icona di questo reparto, una persona che ha sempre creduto in questa professione, non come mestiere ma come vocazione".
Voi questo mestiere, anche dopo la scomparsa di Carlo, continuerete a farlo. Con quale spirito?
"Noi siamo abituati a soccorrere il cittadino. È strano invece soccorrere un tuo stesso collega con un colpo all'addome mentre ti guarda fisso negli occhi e ti chiede aiuto. Sono attimi di disperazione. Carlo aveva due figlie e una moglie, la sua vita era casa lavoro, lavoro casa: oltre alle 7 ore che passava qui con noi, si dedicava alla famiglia. Ricordo la battuta che mi fece ieri, durante il suo servizio pomeridiano: “Comandante, abbiamo finito, siamo al giro di boa”. Erano i suoi ultimi quattro giorni di servizio".